Italicum: il Pd si spacca. Si dimette il capogruppo Speranza, minoranza non vota

Aggiornamento ore 07.45 – ITALICUM IN AULA LUNEDÌ 27. LE VOTAZIONI DA MARTEDÌ 28 –

La road map della riforma elettorale prevede l’arrivo dell’Italicum in Aula alla Camera dei Deputati con avvio della discussione lunedì 27 aprile. Il giorno seguente, martedì 28 aprile, si comincerà a votare. «Tutti i membri della commissione – ha detto il presidente del Consiglio e segretario Pd Matteo Renzi alla fine della riunione dei deputati Dem – accettino il deliberato dell’assemblea sulla legge elettorale». Renzi ha sposato il cosiddetto ‘lodo Cuperlo’, che consiste nel non chiedere le sostituzioni di singoli deputati ma rimettere la valutazione all’ufficio di presidenza.

Aggiornamento ore 07.40 – I RENZIANI: NO A RINVII E NIENTE SPACCATURE NEL PARTITO –

Una delle ultime dichiarazioni della lunga serata dell’assemblea dei deputati Pd è stata rilasciata dal bersaniano Alfredo D’Attorre. «Credo – ha detto – che ci sia una responsabilità molto grave del segretario, che ha determinato questa spaccatura ed è sconcertante non essersi fermati» dopo l’annuncio delle dimissioni da parte di Roberto Speranza. Il premier Matteo Renzi invece ha dichiarato: «È una contraddizione dire che vogliamo fare la legge elettorale con tutti ma rivendicare insieme il lodo Mattarella, che è quello che ci ha portato alla rottura con Forza Italia sul presidente della Repubblica». Il deputato Ernesto Carbone intanto ha ribadito che «sull’Italicum non ci sarà alcun rinvio». «Dopo dieci anni cancelliamo il Porcellum», ha detto. Carbone ha poi smentito anche le spaccature nel partito. «Il Pd è una comunità che vive di regole democratiche».

VEDI ANCHE Rassegna stampa video, le prime pagine di giovedì 16 aprile

Aggiornamento ore 00.40 – PASSA LINEA RENZI, MINORANZA NON VOTA: 190 ‘SÌ’ SU 310 –

L’assemblea del gruppo Pd alla Camera ha approvato all’unanimità la linea del premier Matteo Renzi sulla legge elettorale: avanti senza alcuna modifica al testo. Al momento del voto, però, la minoranza (o meglio, gli esponenti della sinistra del partito che non avevano già abbandonato la riunione, ndr) non ha partecipato: su 310 componenti del gruppo, i sì sono stati 190.

«Siamo profondamente divisi sui singoli punti della legge elettorale ma tutte le posizioni non possono essere ridotte a un derby tra di noi», ha spiegato il premier chiudendo l’assemblea del Pd.

Aggiornamento ore 23.30 – FRANCESCHINI: «NON SI PUÒ MANDARE IN FUMO TUTTO» –

Anche Dario Franceschini in assemblea ha contestato le richieste delle minoranze: «Abbiamo miracolosamente ripreso per i capelli una legislatura che può davvero diventare costituente e di riforme e adesso rischiamo di mandare tutto in fumo perché c’è qualcuno che contesta i 100 capilista bloccati proponendone 60. Mi pare proprio di vedere un film che gli italiani non capiscono e non capiranno».

A replicare al ministro, dalle minoranza di Area Riformista, è Enza Bruno Bossio:

 

 

Aggiornamento ore 23.15 – ORFINI: «CON MODIFICHE IL PD NON È PIÙ UNITO» –

All’assemblea del Pd interviene anche il presidente del partito, Matteo Orfini, che ha replicato a Speranza precisando come le modifiche all’Italicum richieste dalla minoranza «non aumentano l’unità di voto nel nostro gruppo». Orfini ha chiarito la sua contrarietà alle due modifiche richieste dalle minoranze (preferenze anche per i capilista e apparentamento al ballottaggio, ndr). Da Area Riformista è il deputato Matteo Mauri a spiegare:  

Aggiornamento ore 22.50 –

Non tutti gli esponenti della minoranza Pd hanno abbandonato l’assemblea del gruppo. Alcuni di Area Riformista, la componente del capogruppo dimissionario Roberto Speranza, sono ancora presenti, come ha spiegato l’agenzia Ansa

Aggiornamento ore 22.35 – PARTE DELLA MINORANZA PD ABBANDONA. CIVATI: «CI VEDIAMO IN AULA» –

Forte spaccatura nel Partito Democratico. Parte della sinistra del partito ha abbandonato la riunione del gruppo, dopo che la maggioranza ha votato contro la sospensione chiesta da Gianni Cuperlo. «Qui non si parla di legge elettorale bensì di un sistema democratico», ha rivendicato l’ex segretario Pier Luigi Bersani, prendendo la parola in assemblea dei deputati Pd. «Se volete andare avanti così, sappiate che io non ci sto», ha avvertito. Tutti i maggiori esponenti della minoranza Pd hanno lasciato la riunione. «Molti esponenti della minoranza, come Civati, Bindi, D’Attorre, Cuperlo ed io abbiamo lasciato l’assemblea del gruppo dopo la forzatura che c’e stata nel non considerare il fatto politico delle dimissioni di Speranza», ha precisato Stefano Fassina. Lo stesso Civati, uscendo dall’assemblea, ha ribadito tutta la sua contrarietà sull’Italicum «Non si può andare avanti così. Ci vediamo in Aula. E personalmente ho già detto cosa farò». 

Aggiornamento ore 22.20 – ALCUNI DEPUTATI DI AREA RIFORMISTA LASCIANO LA RIUNIONE –

Il premier Matteo Renzi, contrario alla sospensione, ha chiesto un voto sulla legge elettorale in Assemblea, ma alcuni deputati di Area riformista hanno deciso di lasciare la riunione del gruppo Pd. Gran parte della minoranza sta quindi lasciando l’assemblea del gruppo. Davide Zoggia (Area Riformista) ha rivendicato il gesto di “coerenza” del capogruppo Speranza:

 

  Sulle dimissioni di Speranza è intervenuto anche l’ex segretario Pier Luigi Bersani, che ha già espresso più volte la sua contrarietà alla legge elettorale:  

Aggiornamento ore 22.10 – IL PD VOTERÀ SULLA SOSPENSIONE DEI LAVORI DELL’ASSEMBLEA PROPOSTA DA CUPERLO. RENZI CONTRARIO ALLO STOP –

Il gruppo del Pd voterà la proposta di Gianni Cuperlo e della minoranza dem di sospendere l’assemblea dopo le dimissioni di Roberto Speranza. Matteo Renzi, al contrario, intende andare avanti. La proposta? Convocare un’assemblea ad hoc sulle dimissioni di Speranza, ma continuare l’assemblea sulla legge elettorale. 

Aggiornamento ore 22.05 – IL RENZIANO MARCUCCI PROVOCA LA MINORANZA: «TAFAZZI SPARA ULTIMI COLPI» –

Via Twitter è il renziano Andrea Marcucci a provocare la minoranza del partito:

Aggiornamento ore 22.00 – CUPERLO CHIEDE SOSPENSIONE DELL’ASSEMBLEA DOPO LE DIMISSIONI DI SPERANZA –

Dopo le dimissioni annunciate dal capogruppo Roberto Speranza, l’ex candidato alla segreteria Gianni Cuperlo ha chiesto che vengano interrotti  i lavori dell’assemblea: «In questa sala è successo un fatto politico serio. Il capogruppo che per due anni ha guidato il gruppo si è dimesso. Ciò meriterebbe una riflessione comune. Ma come si fa ad andare avanti rimuovendo o accantonando questa riflessione? Mi rivolgo alla presidenza dell’assemblea, a Matteo Renzi, a Ettore Rosato. Per il rispetto che dobbiamo a questo gruppo e al capogruppo dovevamo chiederci se far finta di nulla e andare avanti o se ci voleva una pausa»

Aggiornamento ore 21.40 – SI DIMETTE IL CAPOGRUPPO DEM ROBERTO SPERANZA. AREA RIFORMISTA NON PARTECIPA AL VOTO –

Il capogruppo del Pd Roberto Speranza ha annunciato le proprie dimissioni all’Assemblea del deputati Pd. Sulla riforma elettorale «c’è un profondo dissenso», ha chiarito il leader della corrente critica di Area Riformista, che ha annunciato che non parteciperà al voto del gruppo.

«Non sono nelle condizioni di guidare questa barca con serenità, perciò rimetto il mio mandato di presidente del gruppo e non smetto di sperare che questo errore che stiamo commettendo venga risolto», ha spiegato Speranza nel corso dell’assemblea. Annunciando così il suo passo indietro: «Credo nel governo e credo nel Pd e nel gruppo. Ma in questo momento è troppo ampia la differenza tra le scelte prese e quello che penso».

Aggiornamento ore 21.30: RENZI: «NIENTE MODIFICHE ALL’ITALICUM. LA VITA DEL GOVERNO LEGATA ALLA LEGGE» –

Da quanto si apprende, Renzi ha bocciato ancora una volta la richiesta della minoranza Pd di modificare alcuni punti dell’Italicum. Per Renzi la legge elettorale va votata «cosi’ com’è». In assemblea, il presidente del Consiglio e segretario dem ha ribadito che la sua volontà è «chiudere la discussione sulla legge elettorale in modo definitivo». Senza modifiche. Anche perché, lo ha spiegato in modo chiaro Renzi, all’approvazione della legge elettorale è legata la stessa vita dell’esecutivo: «Il governo è legato a questa legge elettorale, nel bene e nel male: si è fatto promotore di un documento firmato dalla maggioranza convinta. In quel documento c’era lo scambio tra l’abbassamento delle soglie in cambio del premio alla lista, anziché alla coalizione»

Il segretario ha rivendicato che «oggettivamente la mediazione sulla legge elettorale c’è stata ed è in linea con il dibattito interno al Pd. Ora la nostra discussione deve essere depurata da toni di Armageddon».

Il premier non lascia quindi alcuno spiraglio alla minoranza del partito, critica soprattutto sul nodo dei capilista bloccati. Al contrario, qualche apertura c’è stata sul disegno di legge Boschi: «Sono possibili ulteriori modifiche sulla riforma Costituzionale», ha spiegato il premier, confermando di essere disposto a cedere cambiamenti sulla riforma del Senato in cambio di un voto compatto a favore della legge elettorale.

 

Il Jobs Act diel governo Renzi elogiato dal Wall Street Journal

 

Sembra non interrompersi il braccio di ferro tra l’ala sinistra del Pd e Matteo Renzi in vista della riunione decisiva dei deputati del partito sull’Italicum. Sulla legge elettorale il premier e i suoi fedelissimi continuano ad agitare lo spauracchio della fiducia, interpretata come una provocazione dalle diverse anime della minoranza dem. «Se le posizioni delle minoranze rimarranno inamovibili non ci sarà alternativa», ha avvertito la vice-segretaria Debora Seracchiani. Eppure il dissenso resta: dall’ex segretario Pier Luigi Bersani al capogruppo alla Camera Roberto Speranza, fino a Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Alfredo D’Attore, fino a Giuseppe Civati, la sinistra Pd continua a chiedere cambiamenti.

Non piace lo scenario della fiducia, innanzitutto. Ma non piace una legge che attribuisce un ampio premio di maggioranza alla prima lista e che consentirà, proprio come il Porcellum, grazie al sistema dei capilista bloccati, di nominare la maggioranza dei deputati. Ma non solo: con il combinato disposto di Italicum e abolizione del Senato elettivo si creerebbe – è l’obiezione della minoranza Pd – un premierato di fatto, ma senza i necessari contrappesi. In pratica, si creerebbe uno squilibrio dei poteri dello Stato.

 

LEGGI ANCHE:
Italicum, l’ultimatum di Renzi: «Se non passa salgo al Quirinale»
Italicum, la minoranza Pd pronta a non votare
Napolitano si schiera con Renzi e con l’Italicum: «Guai a tornare indietro»

 

ITALICUM, FASSINA: «RENZI BLUFFA» –

I nodi probabilmente resteranno irrisolti anche alla fine della riunione del gruppo parlamentare Pd chiamato a votare su come il gruppo si dovrà comportare in Aula al momento del voto decisivo dell’Italicum. Quello di Renzi «è un bluff scadente», ha attaccato il deputato di minoranza Pd Stefano Fassina. «La legge elettorale ha rango costituzionale ed è materia parlamentare. Invece, il messaggio in campo è: dopo l’approvazione della legge elettorale elezioni prima possibile, cioè a primavera 2016». Fassina ha poi precisato: «Bluff nel senso che le dimissioni sulla legge elettorale che è materia di livello costituzionale sono incomprensibili e votare con il Consultellum sarebbe lo scenario peggiore possibile per Renzi».

Dalla maggioranza renziana, però, non c’è alcuna volontà di accogliere le richieste della sinistra interna: «Immaginare di cambiare ancora la legge elettorale significa riportare la discussione al punto di partenza», ha replicato Lorenzo Guerini, vice-segretario del partito. «Per noi questa legge funziona e funziona bene, garantisce la governabilità, si sa chi vince e chi perde, ha il premio di maggioranza alla lista che è una spinta formidabile alla semplificazione del panorama politico», ha rivendicato il fedelissimo del premier. Stessa posizione anche per Ettore Rosato: «È il tempo di decidere». Il rischio è principale per il Pd è ovviamente quello del consolidamento della spaccatura. Se è vero che tra i dissidenti ci sono molto pontieri – soprattutto tra la corrente più dialogante dell’opposizione interna, Area Riformista – , è altrettanto vero che, sulla carta, il fronte anti-Italicum dentro il Pd potrebbe arrivare fino a una quota di cento parlamentari. In realtà, quelli che potrebbero spingersi fino a uno strappo in Aula, è convinta la maggioranza renziana, saranno pochi. «Al massimo una decina», si vocifera tra i corridoi parlamentari. Prima, però, il confronto sarà nell’assemblea del partito. Renzi intende blindare l’Italicum con un voto, chiedendo ai propri deputati di votare l’Italicum così come la legge elettorale è uscita dal Senato. Senza modifiche. Tradotto, la richiesta sarà anche quella di non presentare emendamenti. Se la minoranza confermerà il proprio dissenso, è probabile che lo stesso capogruppo del alla Camera Roberto Speranza (a capo anche di Area Riformista) decida di rimettere il proprio mandato.

ITALICUM, SCONTRO SEL-SERRACCHIANI –

Compatto contro la legge elettorale resta anche il fronte delle opposizioni. Il capogruppo di Sel Arturo Scotto ha attaccato la vicesegretaria Pd Debora Serracchiani, che aveva minacciato il ricorso alla fiducia: «Come si permette la Serracchiani, che non è deputata né ministro di minacciare la fiducia sull’Italicum? Tratta il Parlamento come una sezione del Pd». «Il Pd è allo sbando per l’ennesima volta: non riesce neppure a mettersi d’accordo sulla riforma della legge elettorale che ha messo in piedi, di fatto, in totale autonomia», ha dichiarato invece nelle ultime ore la deputata di Forza Italia Stefania Prestigiacomo. Il gruppo azzurro alla Camera ieri ha confermato l’opposizione alla legge elettorale. Ma in Aula da tempo si vocifera sul possibile “soccorso” della corrente pro-Nazareno legata a Denis Verdini, se i numeri di Renzi dovessero diventare precari di fronte all’opposizione interna al Pd.

OPPOSIZIONI CONTRO IPOTESI FIDUCIA: «SAREBBE GOLPE» –

Ma resta la possibile richiesta del voto di fiducia a irritare non soltanto le minoranze, ma anche le opposizioni. Per quest’ultime equivarrebbe a uno strappo costituzionale, a un vero e proprio «golpe». Sia Sel che Forza Italia, come Lega Nord e Fdi si sono rivolte al capo dello Stato Mattarella per chiedere di scongiurare la minaccia. Ognuno con una propria lettera: «La nostra iniziativa, e quella di altre forze di opposizione, non è un modo di tirare per la giacchetta il Capo dello Stato, ma un appello perché si garantisca un libero dibattito parlamentare senza forzature e scorciatoie dal sapore autoritario», ha spiegato lo stesso Arturo Scotto (Sel). 

Ma anche Ncd, all’interno della maggioranza renziana, resta contraria sulla fiducia: «Sarebbe un grande errore e faremo di tutto per evitarla perché la fiducia sulle regole non si mette e non è mai stata messa. Solo De Gasperi nel ’53 dopo un lungo ostruzionismo alle Camere lo fece quando il Paese era sull’orlo di una guerra civile», ha rivendicato Renato Quagliariello, precisando però che il suo partito sarà «leale»

(Foto: Ansa / Riccardo Antimiani)

Share this article