Tasse, nel 2015 più gettito per 10,7 miliardi

Nell’anno in corso i contribuenti italiani verseranno quasi 11 miliardi di euro di tasse in più rispetto al 2014. È una delle stime del governo che ha da poco approvato il Documento di Economia e Finanza. Per il 2015 precisamente di prevede un aumento delle entrate tributarie per 10,7 miliardi, da 485,5 a 496,5, per effetto non di nuove tasse ma di vecchie misure e della ripresa economica. Sul Messaggero spiega Luca Cifoni:

A quanto pare però l’impatto del ciclo economico si farà sentire soprattutto sulle imposte dirette, indicate in crescita di oltre 10 miliardi, mentre quelle indirette (come la stessa Iva) normalmente sensibili all’andamento dell’economia, dovrebbero mantenersi ad un livello sostanzialmente stabile. È forte in percentuale (+51 per cento) la crescita delle imposte in conto capitale, ovvero straordinarie, che però rappresentano una frazione piccolissima e non significativa delle entrate totali. Tra le misure adottate nell’ultima legge di Stabilità, che vanno ad aumentare il gettito, ci sono quelle che dovrebbero portare ad un recupero d’imposta potenzialmente evasa, attraverso i meccanismi del reverse charge e dello split payment, ma anche gli incrementi a carico del settore dei giochi, quelli che toccano fondi pensione, Tfr e polizze vita e altri ancora. Sull’altro piatto della bilancia stanno le misure di alleggerimento, la principale delle quali è l’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap.

 

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Nel 2015 dovrebbero invece essere stabili le entrate contributive. Nel 2016, infine, dovrebbere essere di 29 miliardi l’aumento del gettito fiscale, ma il governo ha promesso di cancellarne 16. Scrive ancora Cifoni sul Messaggero:

Formalmente si stimano, nel 2016 rispetto all’anno precedente, maggiori entrate tributarie per 29,3 miliardi «ascrivibili per oltre la metà agli effetti, anche ad impatto differenziale, sia dei provvedimenti legislativi adottati in anni precedenti sia della legge di Stabilità 2015». Questo importo comprende però anche i quasi 13 miliardi che entrerebbero con l’aumento dell’aliquota Iva e altri 3 derivanti dalla clausola di salvaguardia introdotta dal governo Letta, consistente in un taglio lineare delle detrazioni fiscali. Somme che i contribuenti, in base all’impegno preso, non dovranno versare.

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Sul tavolo del governo c’è anche la caccia ai fondi per i precari, la copertura per le maggiori uscite per la stabilizzazione dei contratti e la ricerca di ulteriori risorse per la cassa integrazione. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha spiegato che per la cig pagheranno di più le imprese che la utilizzeranno di più. Scrive Giusy Franzese sul Messaggero:

Per ora il governo ha messo in conto – e finanziariamente coperto (16 milioni nel 2015, 52 nel 2016, 40 nel 2017, 28 nel 2018)- la conversione di 37.000 rapporti di collaborazione in contratti a tempo indeterminato. La salvaguardia – ricorda ancora Poletti – «viene introdotta quando ci sono previsioni incerte». E serve a fare in modo che le agevolazioni perdurino anche nel caso le domande superassero le previsioni. Se così fosse, in mancanza della clausola, infatti, il governo avrebbe due strade: o varare un nuovo provvedimento di rifinanziamento, oppure chiudere i rubinetti per cui chi arriva dopo rimane a secco. Intanto, si continua a lavorare sugli altri decreti attuativi del Jobs act. Ne mancano ancora quattro, compreso quello che dovrà riformare la cassa integrazione. Su quest’ultimo fronte Poletti ribadisce l’intenzione del governo di mettere la parola fine agli abusi. Sarà introdotto il principio per cui la cassa «sarà pagata di più dalle imprese che la usano di più».

(Foto di copertina da archivio Ansa)

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