Giovanni Paolo II, dieci anni dalla morte: cosa rimane del suo papato

Papa Giovanni Paolo II, a dieci anni della morte che cosa resta del Pontificato di Karol Wojtila? Quali tracce visibili nella storia della Chiesa, dell’Italia e del Mondo ha lasciato il “Papa Buono”, il Papa Atleta, l’ex attore di teatro di Wadowice, l’uomo delle grandi Giornate Mondiali della Gioventù? Un uomo diventato santo, canonizzato insieme a Giovanni XIII presso la basilica di San Pietro da Papa Francesco, lo scorso 27 aprile 2014. Scadrà fra poco il primo anniversario della Canonizzazione dei due papi, mentre proprio il 2 aprile di 10 anni fa il vento apriva il vangelo adagiato sulla bara di legno di Karol Wojtila, l’uomo che venne dall’Est.

Papa Giovanni Paolo II

PAPA GIOVANNI PAOLO II, IL PAPA CHE VIDE LA CADUTA DEL MURO

«Penso spesso alla stanchezza dei sacerdoti, soprattutto quando penso alla mia stanchezza», ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa del Crisma che apre il Triduo Pasquale. Papa Giovanni Paolo II, anche quando la malattia lo piegò, non sembrava mai stanco: atleta, sciatore, calciatore, attore, persona di grande carisma e di immediatezza comunicativa, tuonava contro i mafiosi, esortava i fedeli, coinvolgeva i giovani. Ma sulle sue spalle portava anche il peso della sua storia: un vissuto che aveva visto e provato sulla propria pelle gli effetti di due dittature. L’occupazione nazista da ragazzo, l’Europa della Cortina di Ferro negli anni del sacerdozio: proprio il suo spiccato impegno anticomunista è uno dei tratti che più di frequente si associano al lungo pontificato di Giovanni Paolo II, iniziato nel 1978, e terminato nel 2005.

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Foto da Wikipedia

Il Pontefice polacco ha accompagnato il mondo e la Cristianità alle soglie del nuovo millennio, assistendo e, in gran parte, provocando, facilitando, assecondando il crollo del muro di Berlino: «Senza Papa Giovanni Paolo II non sarebbe stato possibile veder crollare il comunismo», ebbe a dire, una volta, Mikhail Gorbacev.

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PAPA GIOVANNI PAOLO II DALL’OSTPOLITIK A SOLIDARNOSC

Ronald Reagan, d’altro canto, definiva Karol Wojtila «il mio migliore amico: voi sapete che io sono protestante e lui è cattolico, ma lui è il mio migliore amico». Con Papa Giovanni Paolo II si passò dalla politica della “distensione” verso i paesi dell’Est comunista, dall’Ostpolitik vaticana, ad una più incisiva difesa dell’autonomia delle religioni, e in particolare della religione cattolica, nei paesi del socialismo reale. Ogni iniziativa di contestazione al regime comunista venne silenziosamente – o meno – sostenuta e, si dice, anche finanziata: è noto che il Papa parteggiasse in maniera abbastanza decisa per Solidarnosc – lo confermerà, solo molti anni dopo, lo stesso Lech Walesa – e i flussi di finanziamento verso il sindacato polacco seguirono, pare, strade oscure, visto che sembra si intrecciarono con il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi ed ebbero come intermediario, da parte vaticana, il discusso cardinale Marcinkus. Un libro del giornalista Ferruccio Pinotti racconta questo lato meno noto di Papa Wojtila.

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Papa Giovanni Paolo II e Pinochet Fonte: Giornalettismo / www.cronistoria.it

LE CRITICHE, LE POLEMICHE

L’impegno deciso di Papa Giovanni Paolo II sul fronte anticomunista gli attirò anche qualche critica, sopratutto durante le visite ufficiali a discussi dittatori sudamericani come Augusto Pinochet, anche se il pontefice, sembra, gli ripetesse privatamente di riavvicinare il Cile alla democrazia; anche il rapporto con il sacerdote Oscar Romero, teologo della liberazione assassinato ad El Salvador per il suo impegno contro il regime: sembra che il Papa gli avesse detto di “sforzarsi di avere una relazione migliore con il governo del suo paese” e di “non avvicinarsi troppo alle forze dell’opposizione”; Papa Francesco beatificherà Oscar Romero il prossimo 23 maggio. Questo interventismo politico di Papa Giovanni Paolo II ebbe effetti molto netti anche in Italia, dove il Papa si sforzò di sposare la cosiddetta linea “della presenza” dei cattolici nella società e nella politica, opposta alla cosiddetta linea della “mediazione”. La seconda sosteneva che i cattolici potessero avere più libertà negli affari terreni ed era sostenuta dall’Azione Cattolica, mentre la linea della “presenza”, portata avanti sopratutto dai nuovi movimenti di Comunione e Liberazione, che Papa Giovanni Paolo II dimostrò di tenere in gran considerazione, vedeva i cattolici italiani come chiamati se non all’unità in politica, almeno all’unità nella difesa di alcuni valori – che saranno molto presto chiamati “non negoziabili”: aborto, indissolubilità del matrimonio, limite alle politiche anticoncezionali e alle tecniche di riproduzione assistita, difesa della libertà di religione davanti allo Stato.

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IL CONVEGNO DI LORETO E LA SVOLTA

La dialettica fra le due posizioni andò in scena esplicitamente al convegno ecclesiale di Loreto del 1983. L’attesissimo discorso del Papa si pose in netta contrapposizione con gli orientamenti della maggior parte dei vescovi italiani che avevano preparato gli atti del convegno aderendo alla linea della mediazione ecclesiastica.

Durato poco più di un’ora, composto da circa 18 cartelle e ascoltato dall’assemblea con uno stato d’animo di progressivo disagio, testimoniato dai non frequenti e poco calorosi applausi, il discorso del papa fu il momento più significativo delle cinque giornate di Loreto: sicuramente quello più discusso. (…) Giovanni Paolo II fissava le linee di azione della Chiesa italiana in tre diversi ambiti. Il primo era quello intra-ecclesiale. Venivano elencati alcuni obiettivi a breve termine: l’elaborazione di un servizio teologico in «stretta fedele e rispettosa collaborazione con i pastori»; la risoluzione dei casi difficili (divorziati, risposati, preti irregolari) senza però «accettare di chiamare bene il male e male il bene»; la definizione di una concezione della laicità cristiana «in alcun modo alternativa all’ecclesialità». Il secondo, invece, era quello dei rapporti tra la Chiesa e il paese. «Anche in una società pluralista e parzialmente scristianizzata [affermava il pontefice] la Chiesa è chiamata ad operare con umile coraggio e piena fiducia nel Signore (…). Ne derivava la triplice necessità di superare la frattura tra fede e cultura, di non accettare compromessi volti a nascondere le differenze e di evitare il rischio di un’assimilazione della Chiesa al mondo. Il terzo ambito, infine, era quello dell’unità politica. A questo proposito, il papa ricordava come, pur mantenendo distinto l’impegno di apostolato da quello politico e pur accettando cordialmente la struttura democratica dello Stato, il cristiano fosse vincolato a un impegno unitario «soprattutto nei momenti in cui lo richiedeva il bene supremo della nazione». 

La cosiddetta “Svolta di Loreto” ha dato la traccia alle posizioni politiche dei cattolici e dei moderati in Italia per i successivi decenni, ha impostato l’azione della reggenza della Cei da parte del Cardinal Camillo Ruini, ha spostato il papato sulle posizioni di un’interpretazione più tradizionalista del Concilio Vaticano II ed ha aperto una fase che si è sostanzialmente conclusa solo con Papa Francesco, che ha affermato esplicitamente come l’espressione “valori non negoziabili” gli sia sempre risultata indigesta.

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Credits Agesci Lodi – Flickr

GIOVANNI PAOLO II, I GRANDI EVENTI

Era un’espressione formulata da Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede insediato proprio da Giovanni Paolo II e che si occupò della gestione dei tanti casi di pedofilia nel clero che esplosero proprio in quegli anni, altra questione estremamente rilevante per la quale Giovanni Paolo II venne accusato di omertà e insabbiamenti. Ma il papato di Karol Wojtila è stato anche quello dei grandi eventi dei fedeli, della Grande Giornata Mondiale della Gioventù del 2000 a Tor Vergata, delle grandi manifestazioni pubbliche lanciate dal grande carisma personale di Papa Giovanni Paolo II, un uomo che a starci vicino, racconta chiunque lo abbia visto, «ti frugava nell’anima con degli occhi incredibili».

Cari amici, vedo in voi le “sentinelle del mattino” in quest’alba del terzo millennio. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.

Così parlò Giovanni Paolo II ai giovani nella spianata di Tor Vergata, aprendo la Gmg del 2000.


Tempo prima, aveva rivolto un accorato appello ai mafiosi siciliani, nella valle dei Templi di Agrigento, dopo aver incontrato e ascoltato dei parenti di una vittima di mafia.

Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione… mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civilta contraria, civiltà della morte!Nel nome di questo Cristo crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via, verità e vita. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta, un giorno, verrà il giudizio di Dio!”

«Santo Subito», urlarono i fedeli immediatamente dopo la sua morte.

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