Per la festa del papà lettera a un eroe che non pensa di esserlo

19/03/2015 di Redazione

Caro papà,

oggi è la festa del papà e ti scrivo perché non ho selfie da mettere su Facebook, non ho citazioni dotte da condividere sui social, non ho neanche aneddoti da esporre come trofei nel giorno che, qualcuno ha deciso, è quello della tua festa.

Solo, mi sono fermato a pensare a cosa significa oggi essere papà (non papi), perché chissà, un giorno mi potrebbe capitare. Proprio a me, che diciamo, non ci sto esattamente pensando con continuità, forse perché sono immaturo, forse perché non mi ci vedo, forse perché farei un torto a mio figlio, mettendolo al mondo in una società che ha perso il senso stesso della parola futuro (e pure il presente, diciamo che non è esattamente idilliaco).

Forse perché, semplicemente, non saprei proprio come fare.

Allora ho pensato che forse anche per te è stato così, papà. Anche tu hai avuto un po’ paura quando hai saputo che c’ero, che sarei nato, che sarei dipeso da te fino a chissà quando.

Anche tu papà, non sapevi forse come fare, e ancora non lo sai, eppure ce l’hai fatta, e ancora ce la fai. Ora che capisco, papà, capisco tutto quello che hai fatto per me.

Capisco quei giorni in cui avevi paura di non sapere come provvedere a me, eppure non volevi farmelo vedere. Perché ogni bambino non dovrebbe sapere queste cose, vero papà?

Quei giorni che ti sei sentito inadatto, umiliato, fallito, eppure papà per me c’eri sempre. Un tempo ti ho odiato, perché ero adolescente, forse egoista, forse semplicemente stupido. Quella volta della bicicletta, quella volta del motorino, quella volta della gita a Parigi, non ho mai pensato quanto ti costasse dirmi no.

Forse non sono stato il figlio migliore del mondo, in quei giorni. Perdonami, papà, per quelle domande che erano schiaffi. Non lo sapevo.

Perdonami papà se a volte anche io ti ho reso triste, non comprendendo a fondo che non eri e non sei un super eroe, ma solo un uomo. E quindi, un eroe.

Ma grazie, papà.

Grazie per le tue imperfezioni, per il tuo essere un uomo con i suoi problemi, i suoi drammi e le sue angosce. Un tempo non ti stimavo proprio per questo, ora invece capisco che è la chiave della mia vita. Capisco che la tua imperfezione mi ha reso un uomo migliore, mi ha insegnato che la vita non è una campana di vetro oltre la quale l’ignoto deve far paura.

Una volta io per te ero quell’ignoto, ma tu paura non ne hai avuta.

Questo è il più grande insegnamento che mi hai dato papà. Anche nei momenti bui, sfidare l’ignoto con i miei mezzi. Farcela da solo senza prendermela con nessuno.

Resistere. Vivere.

Grazie papà per avermelo insegnato. Anche se non lo pensi, sei un eroe.
Era quello che dovevi fare.
Hai risolto egregiamente quell’ignoto che ero io.

Auguri, papà.

 

 

(Photo (C) Giornalettismo)

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