Dexter e l’imprevedibile virtù della routine

09/03/2015 di Alessandra Rey

“Mi chiamo Dexter, Dexter Morgan. Non so cosa mi ha fatto diventare ciò che sono ma, qualunque cosa sia stata, mi ha lasciato un vuoto dentro. Le persone fingono molto, io fingo quasi tutto e fingo molto bene. È questo che mi pesa tanto, non biasimo i miei genitori adottivi, Harry e Doris Morgan hanno fatto un lavoro eccezionale crescendomi, ma ora sono morti tutti e due. Non li ho uccisi io eh, davvero! (…) Sangue, certe volte mi rende nervoso, altre volte mi aiuta a controllare il caos. Harry, il mio padre adottivo, mi ha dato delle regole, sarebbe soddisfatto e lo sono anch’io. Harry era un grande poliziotto qui a Miami, mi ha insegnato a pensare come uno di loro, mi ha insegnato come coprire le mie tracce: io sono un mostro molto pulito”

La forza di Dexter sta tutta nella sua sigla capace di delineare una routine di fondo, sempre uguale a se stessa, che accompagnerà lo spettatore nel corso delle otto stagioni che seguiranno.

Si entra da subito in empatia con il protagonista, un serial killer con i connotati da eroe, un “mostro molto pulito” in perenne equilibrio tra bene e male, con qualche, inevitabile, deriva splatter.

Lo spettatore, che assiste da intruso alla silenziosa routine quotidiana di Dexter, ha accesso esclusivo, ma non assoluto, ad un luogo di forte intimità del protagonista che, però, almeno all’inizio si nasconde in riflessi e primi piani mai a fuoco.

Il privilegio di poter osservare le abitudini di Dexter appena sveglio permette di aver accesso ad una serie di informazioni preziose per delineare il suo personaggio: puntura di zanzara, cut, il primo piano della zanzara lo colloca geograficamente in una zona calda ed umida, siamo in presenza di un predatore, uno di quelli che succhia il sangue delle vittime che fa sue, cut, il primo piano della barba, dice qualcosa di più su età e genere del nostro eroe anti-eroe, cut, rasoio, taglio, sangue, perfetta macchia circolare rossa su sfondo bianco che introduce uno degli elementi narrativi portanti dell’intera serie, cut, la preparazione metodica della colazione, il coltello che taglia una porzione di carne, burro che frigge in padella, le uova, ancora un taglio, netto, poi il ketchup. O è sangue? Il caffè macinato, l’arancia tagliata con precisione, spremuta e poi lasciata lì, in vista, completamente stritolata, cut, il filo interdentale stretto intorno alle dita, i lacci delle scarpe prima tirati con forza e poi lasciati scivolare negli occhielli.

Scelte narrative e di regia che introducono, grazie all’uso geniale di colori e forme in forte contrapposizione, quello che lo spettatore capirà presto essere il modus operandi di Dexter nell’esercizio della sua spietata ossessione.

L’apparente semplicità dei suoi gesti ripetuti diviene, agli occhi di chi “sa”, un insieme di raffinati preliminari dell’omicidio perfetto.

Il viso di Dexter viene rivelato passo dopo passo, pezzo dopo pezzo, giocando molto con le ombre, i riflessi, e seguendo quella che sarà l’intensa caratterizzazione del suo personaggio nel corso di otto, lunghe stagioni.

Un serial killer, schiavo del suo oscuro passeggero e vittima di quelle sue stesse pulsioni interne.

Un mostro, comunque buono, di cui si comprendono debolezza e vulnerabilità tanto da arrivare quasi ad assolverlo.

Uova al tegamino, pancetta di maiale, spremuta d’arancia e caffè lungo americano.

Colazione perfetta ed in perfetto stile dexteriano, mancherebbe solo il ketchup (o era sangue?).

Noi di Food Affair abbiamo provato a realizzarlo in casa grazie alla ricetta che trovate di seguito.

ricetta ketchup

Fate appassire l’aglio e la cipolla tritati in una pentola con un filo d’olio in cui poi metterete i pelati, il sale ed il pepe lasciando cuocere per circa 20 minuti.

Aggiungete l’aceto, l’acqua se necessario, e portate ad ebollizione. Da quel momento lasciate cuocere a fuoco basso per circa un’ora e mezza.

Una volta terminata la cottura frullate la salsa con un frullatore ad immersione.

La sigla finisce, Dexter esce di casa, chiude la porta a chiave, e vi sorride camminando: ci siete dentro anche voi, ormai sapete e non potete più tornare indietro.

Riuscite a tenere un segreto?

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