I paesi del Golfo, generosi sponsor del riarmo del Medio Oriente

24/02/2015 di Mazzetta

I Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo spendono in armi una percentuale del prodotto interno lordo molto superiore a quella dei top spender del resto del mondo, ma non basta, perché sponsorizzano anche la spesa militare di altri paesi in Africa e Asia, passando per il Medio Oriente in fiamme.

 

gcc spese

 

LA MECCA DEI MERCANTI D’ARMI – Gli Stati Uniti e la Russia spendono circa il 4% del PIL in armamenti, la Cina e i paesi europei più pugnaci circa il 2%, i paesi aderenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo superano tutti il 4% con Arabia Saudita e Oman che sono oltre il 9% da anni mentre in media nel mondo si spende il 2,3% del PIL globale in armi ed eserciti. L’Arabia Saudita è inoltre quarta in termini di spesa assoluta, di poco a ridosso della Russia, ma se si dovesse calcolare la spesa dei paesi GCC (Gulf Cooperation Council) – formato da Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar – ecco che l’alleanza si piazzerebbe immediatamente alle spalle degli Stati Uniti, che viaggiano decisamente su una scala diversa da qualsiasi concorrente, visto che da soli e da sempre coprono più del 40% delle spese militari mondiali. Secondo la rivista specializzata Jane’s i paesi del MENA (Middle East and North Africa) spenderanno nel 2015 ben 132 miliardi di dollari in armi, con i paesi del Golfo a fare la parte del leone, su tutti, appunto, l’Arabia Saudita. Un tendenza che dura dall’inizio del nuovo secolo, la War on Terror è costata un patrimonio alle monarchie del Golfo, che comunque sembrano averci preso gusto e continuano a pagare per assicurarsi la protezione delle armi occidentali e non solo di quelle, visto che che le forniture e le basi euroamericane portano a casa anche una straordinaria compiacenza verso regimi unici al mondo e obiettivamente impresentabili, non solo perché la condizione della donna in Arabia Saudita è la stessa delle omologhe afgane sotto il tallone talebano, ma perché persino la teocrazia talebana era più pluralista del feudalesimo arabico.

 

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E C’È DI PIÙ – Si tratta di cifre che non possono essere precise visto che ben pochi di questi paesi, monarchie assolute per le quali la trasparenza dei bilanci è un’inutile seccatura, pubblicizzano le loro spese al di là degli accordi internazionali impossibili da nascondere. La costruzione segreta di una fabbrica per la produzione di artiglierie e missili da parte dell’industria statale della difesa svedese in Arabia Saudita, illustra perfettamente la questione e anche come i paesi del Golfo siano ottimi clienti di paesi che hanno leggi e hanno firmato trattati internazionali che impedirebbero loro di armare paesi quali le tirannie mediorientali, che di sicuro non rispettano i diritti umani e che non offrono tracce di democrazia, libertà di stampa, di parola e d’associazione e spesso nemmeno quella di culto.

LA FIERA DEGLI ARMAMENTI – Ogni anno a quest’epoca negli Emirati Arabi Uniti si tiene l’IDEX, una fiera degli armamenti che sfoggia più espositori che quelle negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e che ha visto l’Italia portarne 32 (quarto paese europeo, settimo al mondo), perché la torta è grossa e nessuno, dalla Svezia, alla Germania e alla Francia, si tira indietro o fa caso alle limitazioni sopracitate. In passato l’Italia ha mandato nel Golfo anche la portaerei Cavour, allestita come un «Le Bourget in movimento», parola del sito internet della Marina italiana, paragonandola alla nota esposizione della difesa che si tiene ogni due anni a Parigi. Una missione commerciale con tanto di macchine di lusso in esposizione, spacciata anche per missione umanitaria grazie alla sosta in qualche porto africano e la fornitura di vaccini ai bimbi dei gentili ospiti, non abbastanza ricchi da farsi clienti.

 

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