Renzi frena sull’intervento in Libia: Libero e il Giornale si tolgono lo scolapasta dalla testa, tristi

«Arriva l’Isis, armiamoci». La “chiamata alle armi” arriva direttamente da Alessandro Sallusti, che sulla prima pagina de Il Giornale di oggi analizza la crisi libica con pacatezza e senza allarmismi, per evitare di diffondere il panico tra i suoi lettori:

La situazione è questa. Se l’Isis completasse la presa della Libia, tra non molto potrebbe accadere che dall’aeroporto di Tripoli decollassero, indisturbati, aerei – militari e civili non importa – con destinazione il Cupolone di Roma, come del resto ampiamente annunciato dai capi del terrorismo islamico. Oppure un bel missile potrebbe essere lanciato più o meno a casaccio verso le coste europee.

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La prima pagina de il Giornale – 17 febbraio 2015

SALLUSTI E L’ODORE DEL NAPALM ALLA MATTINA –

Cosa fare, per evitare il disastro? Sallusti ha già una strategia pronta, sempre all’insegna del “niente panico”:

Le difese da scenari del genere sono solo due. La prima è occupare militarmente la Libia (sull’ipotesi ieri Renzi ha frenato), la seconda sta nella difesa. In questo caso, tempi di reazione e capacità di fuoco diventano decisivi, vista la breve distanza che separa l’Italia dalla nuova capitale del terrore.

«SIAMO GIÀ MEZZI MORTI» –

Di conseguenza, il direttore de il Giornale non ha preso benissimo la decisione di Renzi di rimettere alle Nazioni Unite la decisione di un intervento armato in Libia. Anzi, per Sallusti la presa di posizione del premier sarebbe da attribuire a una ragione diversa, e cioè che l’Italia non ha più un esercito:

Siamo, dunque, un Paese in disarmo, che ha considerato e considera le sue forze armate un inutile costo. Una deriva figlia del pacifismo demagogico che continua a ritenere i caccia F-35 meno utili delle strade e un colonnello meno di un assistente sociale.

E il risultato di tutto questo «sventolio di bandiere arcobaleno» è uno solo, e ricorda una frase di 1984 di George Orwell:

[…] non facciamo paura a nessuno. Cioè siamo già mezzi morti.

 

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«I TAGLIAGOLE ALLE PORTE» –

Anche Maurizio Belpietro reagisce con sangue freddo: «Abbiamo i tagliagole alle porte – scrive il direttore di Libero – Ecco a chi dobbiamo dire grazie». E, di seguito, una lunga disamina sulle rassicurazioni di politici e giornalisti ai tempi della della rivolta in Libia del 2011 che portò all’intervento armato – a cui prese parte anche l’Italia  – e alla conseguente caduta di Gheddafi, mentre Berlusconi suggeriva la mediazione con il Rais.

La copertina di Libero - 17 febbraio 2015
La prima pagina di Libero – 17 febbraio 2015

 

Insomma, conclude Belpietro, avessimo ascoltato Berlusconi ora saremmo più tranquilli. Anche in questo caso niente panico, e cerchiamo di analizzare la questione da tutte le prospettive, valutando le implicazioni di un ipotetico intervento armato:

Ecco, già quattro anni fa si parlava di responsabilità. Fu così che venne decisa l’operazione irresponsabile che ci ha portato ad avere un califfato alle porte di casa. Ora sapete a chi dire grazie se abbiamo la guerra e i tagliagole a poche centinaia di chilometri.

 

(In copertina: la prima pagina de il Giornale – 17 febbraio 2015)

 

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