Roma, la corruzione ha una voce: «Prega Dio di non incontrarmi ancora»

Roma, la corruzione nei municipi e negli uffici del comune di Roma Capitale aveva la voce di Massimo Mazzucco, uno dei funzionari arrestati lunedì scorso nell’ambito della seconda ondata dell’Operazione Vitruvio: “Buongiorno Massimo”, gli diceva uno degli imprenditori che gli aveva rifiutato la rituale mazzetta: “Io con te non parlo, prega Dio che non mi venga mai sotto mano uno dei tuoi altri progetti”, rispondeva Mazzucco, riportato dal Corriere della Sera nella sua edizione romana. Tanto che l’imprenditore alla fine si vide costretto a pagare.

ROMA, LA CORRUZIONE E GLI IMPRENDITORI – Non che gli imprenditori fossero del tutto innocenti, se è vero che, come riporta il Messaggero, erano anche loro a cercare i funzionari corrotti “per ottenere favori, realizzando poi abusi redditizi” sistematicamente insabbiati, come delle cubature extra per 30 metri cubi, praticamente un raddoppio, di un paio di appartamenti: “Eravamo sicuri che il funzionario avrebbe firmato la fine dei lavori”. Sono così una ventina gli imprenditori coinvolti nell’inchiesta; ma la protervia dei funzionari del comune era indubbiamente insuperabile. “Il funzionario pubblico”, confessa un imprenditore agli inquirenti, “mi ha spiegato come funziona il sistema. Il tecnico quando fa il verbale non lo consegna. Lo tiene per sé. E il giorno dopo chiama dicendo di andarlo a trovare in ufficio. Io stesso sono stato destinatario di alcuni verbali che non ho mai pagato perché ho consegnato delle somme a chi li aveva redatti”.

LEGGI ANCHE: Vigili Roma, finita la trattativa? 

CHI NON PAGA NON LAVORA – Il sistema per procacciarsi nuovi imprenditori da ricattare per la cricca del Comune di Roma era abbastanza semplice: “Il tecnico viene in cantiere e ti fa le pulci, anche se non ci sono irregolarità. Sostiene che ci siano abusi”. Dopo un “verbale elevato”, i funzionari chiedevano di “passare in ufficio, dove prendevano dei soldi”. E se qualcuno avesse denunciato il sistema, “non avrebbe più lavorato”. Ma la realtà è che c’era, come dicevamo, una sorta di convenienza reciproca, una connivenza nel malaffare, ma sotto ricatto: bisognava entrare nel giro dei funzionari corrotti per lavorare, bisognava pagare e a chi pagava veniva garantita la possibilità di realizzare ingenti abusi. Ma ora gli imprenditori starebbero ammettendo “nome e cognome” di chi li avrebbe aiutati.

Share this article