Riccardo Magherini: quei 20 minuti prima della morte raccontati da Le Iene

Nella puntata de Le Iene andata in onda ieri sera, Mauro Casciari è tornato sul caso di Riccardo Magherini, il 40enne fiorentino morto nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2014 dopo essere stato immobilizzato da una pattuglia di carabinieri in Borgo San Frediano. La ricostruzione fatta da Casciari apre nuovi interrogativi sulla vicenda, compresi quelli su un “buco” di circa 25 minuti precedenti alla morte dell’uomo, in cui potrebbero essere accaduti fatti fondamentali per capire perché l’uomo, al momento del fermo, fosse in tale stato di agitazione.

Mediaset/Le Iene
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RICCARDO MAGHERINI: COSA È SUCCESSO QUELLA NOTTE? –

Come riassume Casciari all’inizio del servizio (qui il video completo de Le Iene), nella notte tra il 2 e il 3 marzo scorso Magherini esce dall’Hotel St. Regis, nel centro di Firenze, e chiama un taxi. Il conducente riferirà che l’uomo era già molto agitato: parlava di qualcuno che lo inseguiva e sospettava che il tassista fosse un complice dei suoi assalitori. Così Magherini scende dal taxi e comincia a correre verso Borgo San Frediano, dove abita. Molte persone sentiranno le sue urla e ai carabinieri arrivano diverse chiamate che li avvertono della presenza di un uomo che corre gridando “Aiuto”. La corsa dell’uomo si interrompe quando incrocia una pattuglia dei carabinieri: questi lo fermano e lo immobilizzano a terra, ammanettandolo con le mani dietro la schiena e con il viso schiacciato sull’asfalto. Le persone alle finestre racconteranno dei calci tirati dai poliziotti: all’addome e alla testa di Magherini. Saranno in tutto 29 le testimonianze che descriveranno il pestaggio.

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RICCARDO MAGHERINI: IL FERMO DEI CARABINIERI E IL PESTAGGIO –

Una volta arrivata l’ambulanza, i volontari del 118 sono impossibilitati a intervenire perché, secondo i carabinieri, Magherini è ancora «troppo pericoloso» per poter essere soccorso e che la situazione «non è sicura». Mentre questo accade, l’uomo è immobile a terra. Quando arriverà un medico, questo non potrà che constatare che Magherini e in stato di arresto cardiocircolatorio e, nonostante le manovre di rianimazione praticate, non riesce a fargli riprendere conoscenza. Per la morte di Riccardo Magherini sono state rinviate a giudizio sette persone, tutte con l’accusa di omicidio colposo: si tratta dei quattro carabinieri e dei tre volontari del 118 che erano arrivati con l’ambulanza, ma che non avevano potuto soccorrere l’uomo.

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RICCARDO MAGHERINI: LA CHIAMATA AI RIS –

A questo punto, accompagnato dal fratello di Riccardo, Andrea, Mauro Casciari cerca di mettere insieme i pezzi del puzzle: si scopre che tra le 00:20 e le 00:45 di quella notte, Magherini sarebbe stato al Caffè Curtatone, un bar non lontano da ponte Vespucci, sarebbe poi cominciata la sua corsa. Subito dopo il fatto la direttrice del bar aveva detto ad Andrea Magherini che suo fratello era stato lì quella notte e che «aveva fatto un po’ di confusione», tanto che aveva chiamato il fidanzato, un carabiniere dei Ris. Nel frattempo però la donna ha cambiato completamente versione, rifiutandosi di parlare e sostenendo che quella sera lei non fosse nemmeno presente nel suo bar.

RICCARDO MAGHERINI: IL MISTERO DEL CIONDOLO –

Cosa è successo in quei venticinque minuti? È quello che tenta di stabilire anche Matteo Calì, un giornalista fiorentino che ricostruisce la storia insieme a Casciari: Magherini sarebbe uscito da quel bar urlando «aiuto, mi sparano» e, mentre la polizia lo immobilizzava, avrebbe anche urlato «gli ha scopato la moglie». Un dettaglio, questo, ancora oscuro, insieme a quello di un ciondolo che Magherini portava al collo, ma che non è stato più ritrovato. E questo ciondolo sembra avere un’importanza cruciale, almeno stando alle parole della direttrice del bar Curtatone che, prima di cambiare versione, aveva suggerito a Calì di «chiedere alla famiglia se sapevano di un ciondolo».

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E LE TELECAMERE? –

Chi indaga sulla morte di Magherini, per il momento, non sembra aver preso in considerazione questo particolare, né il fatto che, nonostante la zona sia piena di telecamere di sicurezza che sicuramente devono aver registrato qualcosa di quella notte, nessuna immagine sia stata consegnata alla Procura.

(Photocredit copertina: Mediaset/Le Iene)

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