Quirinale, la triste storia dei candidati annunciati e poi bruciati

Quirinale, è triste la storia dei candidati annunciati dalle forze politiche e poi sconfitti dai colpi senza quartiere del voto segreto: la corsa per l’Elezione del Presidente della Repubblica è una guerra senza quartiere e in cui le regole della guerra pulita non valgono. Per cui un candidato che viene presentato come “ufficiale” dai partiti, o che viene esplicitamente sostenuto da una forza politica, nella storia della Repubblica più volte è uscito dall’aula di Montecitorio semplice parlamentare, normale cittadino, certo non inquilino del Quirinale.

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QUIRINALE, ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 2015 – E’ il destino che attende Sergio Mattarella, il candidato che Matteo Renzi ha lanciato per ricompattare il Partito Democratico, ottenere i voti di Sinistra, Ecologia, Libertà e di una parte del Movimento Cinque stelle? Staremo a vedere, fra oggi e domani, massimo sabato, se tutti andrà come vuole il segretario del Partito Democratico, il dossier Quirinale sarà archiviato e il paese avrà un nuovo presidente della Repubblica. Fra oggi e domani, se il Parlamento terrà il ritmo che Renzi vuole imporgli, si arriverà alla fatidica quarta votazione, quella per cui non serve il quorum dei due terzi ma basta la più accessibile maggioranza semplice. Un traguardo che anche altri presidenti in corsa avevano lambito ma che, nonostante la facilitazione del quorum, li ha visti crollare sotto i colpi dei franchi tiratori.

Giulio Andreotti con Aldo Moro
Giulio Andreotti con Aldo Moro

QUIRINALE, FRA ANDREOTTI E FORLANI PREVALE SCALFARO – Il 25 maggio del 1992 Oscar Luigi Scalfaro viene eletto Capo dello Stato al sedicesimo scrutinio. Per tutti i precedenti voti è guerra senza esclusione di colpi fra Arnaldo Forlani e Giulio Andreotti; il primo, “cavallo di razza” democristiano, viene impallinato dai franchi tiratori della Balena Bianca, e principalmente dalla corrente andreottiana, che non esce mai esplicitamente con il nome del proprio candidato accontentandosi di bloccare tutte le altre candidature via via emerse (fra cui Giuliano Vassalli, per il PSI); a sbloccare l’impasse arriva, tristemente, la Strage di Capaci. Il 23 maggio del 1992 saltano in aria infatti Giovanni Falcone, la moglie e la scorta di ritorno da Punta Raisi. Il Parlamento converge a quel punto su Oscar Luigi Scalfaro, già presidente della Camera, e sia Forlani che, molto di più, Andreotti, tornano a casa con le pive nel sacco.

Prima di lui, mancò il traguardo dell’elezione al Quirinale un altro dei “cavalli di razza” della Dc, forse il principe dei cavalli: Amintore Fanfani.

Arnaldo Forlani
Arnaldo Forlani

QUIRINALE, IL 1971 CHE SCONFISSE FANFANI E MORO – Scriveva Sebastiano Messina su la Repubblica che “un politico democristiano forte ed energico, ma nello stesso tempo così poco rassicurante per la sinistra” difficilmente poteva salire facilmente al Quirinale: un uomo che il suo grande amico Giorgio la Pira aveva definito come “il Charles de Gaulle” italiano dava a tutti la paura di una svolta presidenzialista inconfessabile. “Abbiamo evitato un esito autoritario”, disse qualche democristiano quando il partito ripiegò su Giovanni Leone. Analogamente Aldo Moro, racconta ancora Messina, che aveva in tasca i voti comunisti “in regalo”, in quei giorni del 1971 venne bloccato da Ugo la Malfa, repubblicano, che lo riteneva “l’Allende italiano”, l’uomo che avrebbe consegnato la patria ai comunisti. “Immediato fu anche lo stop dei dorotei, da Piccoli a Taviani. “Sai – sussurrò Mariano Rumor allo stesso Moro – tu sei così vicino ai comunisti…”, gli disse la destra Dc. E anche per Moro le porte del Quirinale rimasero chiuse.

D'Alema: «Berlusconi ha scelto Renzi come suo erede»
Massimo d’Alema

QUIRINALE, I RECENTI FALLIMENTI – International Business Times ricorda che nel 1999, dopo il collasso della Bicamerale d’Alema-Berlusconi, “nei giorni che precedono il primo scrutinio vengono bruciati gli evergreen Amato e Bonino, oltre a Mancino, Marini e Iervolino. Poi, alla vigilia del voto, spunta improvvisamente il nome tecnico: Carlo Azeglio Ciampi che diventa il secondo presidente (dopo De Nicola) ad essere eletto al primo scrutinio”. Nel 2006 il nome da spingere per tutto il centrosinistra è Massimo d’Alema; gli ex-comunisti offrono in cambio a Silvio Berlusconi il posto di senatore a vita. Ma l’operazione salta per i veti incrociati di Francesco Rutelli e di Gianfranco Fini, alleato di centro dell’Ulivo e di destra di Berlusconi, e allora si propone il nome di Giorgio Napolitano. Confermato nel 2013 dopo l’affossamento di Franco Marini e la ferita dei 101 franchi tiratori su Romano Prodi.

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