Sentenza Garlasco: Alberto Stasi condannato, genitori di Chiara commossi

Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere. Lo hanno deciso i giudici della Corte D’Assise d’Appello di Milano che lo hanno considerato colpevole per omicidio volontario della fidanzata Chiara Poggi accogliendo la richiesta del sostituto pg Laura Barbaini. La sentenza è arrivata dopo circa 5 ore di camera di consiglio. Dopo la sentenza di primo grado del dicembre 2009, con la quale il presunto omicida era stato assolto, dopo il verdetto nel processo d’Appello del dicembre 2011 che confermare l’assoluzione e, infine, dopo la decisione della Corte di Cassazione di annullare nell’aprile 2013 la precedente sentenza d’Appello, Stasi è stato nuovamente condannato. I giudici si erano riuniti oggi in camera di consiglio e la sentenza era attesa per questo pomeriggio, poi slittata due volte. Il nuovo verdetto chiude il processo d’Appello bis, a più di 7 anni dall’uccisione della 26enne Chiara Poggi avvenuto nella sua villetta la mattina del 13 agosto 2007. Prima della sentenza aveva detto: «Non cercate a tutti i costi un colpevole condannando un innocente. In questi sette anni ci si è dimenticati che la morte di Chiara è stata un dramma anche per me. Era la mia fidanzata». I genitori di Chiara Poggi visibilmente commossi dopo il verdetto hanno abbracciato il legale di parte civile, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni. Il padre della ragazza, Giuseppe Poggi, aveva le lacrime agli occhi. La madre Rita Poggi ha abbracciato anche il cugino di Chiara, Paolo Reale. «Finalmente verità per Chiara», è stato il commento di Rita Poggi dopo la lettura della sentenza. «Siamo soddisfatti», ha poi aggiunto la donna. «Non abbiamo mai mollato», ha concluso.

 

Delitto di Garlasco: si apre il processo di appello bis a carico di Alberto Stasi

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SENTENZA STASI, LA RICHIESTA A 30 ANNI DI CARCERE Stasi, fidanzato di Chiara, è da sempre l’unico imputato per l’omicidio aggravato dalla crudeltà della ragazza. Fu lui a lanciare l’allarme ai carabinieri per il ritrovamento del corpo senza vita in un lago di sangue, e per lui la pubblica accusa ha chiesto oggi la massima condanna possibile: 30 anni di carcere. Di parere opposto è ovviamente la difesa, che ha considerato gli elementi raccolti insufficienti o inconsistenti, anche dopo gli accertamenti degli ultimi mesi. La Cassazione aveva annullato la precedente assoluzione in Appello di Stasi ritenendo opportuna una «rivisitazione e una rilettura» di tutti gli indizi. E con le nuove indagini sono emersi nuovi particolari che non hanno attenuato lo scontro tra accusa e difesa.

 

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DELITTO DI GARLASCO, LA CAMMINATA – Tra gli accertamenti effettuati ci sono innanzitutto quelli genetici, effettuati sul bulbo di un capello trovato nel palmo della mano sinistra di Chiara e sulle sue unghie e che comunque non hanno dato esiti tali da rappresentare prova processuale. Un peso nella ricostruzione di quanto accaduto sette anni fa nella villetta di Garlasco può assumerlo invece la ripetizione dell’esame sperimentale sulla camminata che Stasi avrebbe compiuto nella scoperta del corpo di Chiara, trovato sulla scala che dal piano terra conduce al seminterrato. Stando a quanto emerso dalla perizia chiesta dai giudici ed estesa anche ai primi due gradini della scala, c’è solo una possibilità su un milione di non calpestare una delle tante macchie del sangue perso dalla ragazza. Insomma, secondo gli esperti era praticamente impossibile camminare in casa Poggi senza sporcarsi le scarpe ed è impossibile che Stasi non abbia lasciato una traccia ematica sul tappetino della sua Golf, a bordo della quale si recò dai carabinieri per denunciare il ritrovamento del corpo.

 

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SENTENZA STASI, LA BICI NERA – Ma i giudici hanno dovuto dare un peso anche al caso della bicicletta nera della famiglia Stasi. Tutto partì’ dalla testimonianza di una vicina di casa di Chiara che raccontò di aver visto il giorno dell’uccisione, appoggiata al muro della villetta, «bici nera da donna con portapacchi posteriore». Le indagini iniziali non diedero probabilmente peso al particolare e, per una serie di disattenzioni, il mezzo venne sequestrato solo sette anni dopo, e solo allora si scoprì che i pedali erano diversi, scambiati con quelli di un’altra bicicletta, di color bordeaux, di proprietà degli Stasi. L’accusa, dunque, ha ritenuto che Stasi il giorno dell’omicidio si sia recato da Chiara con la bici nera e sia tornato poi indietro lasciando le tracce sui pedali, e ha sostenuto, infine, che lo studente abbia scambiato i pedali con l’altra bici in suo possesso rendendo pulita quella nera, la prima a dover essere sequestrata.

 

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DELITTO DI GARLASCO, I GRAFFI E LE IMPRONTE – Altra novità delle nuove indagini sono stati i graffi sull’avambraccio di Stasi notati da due carabinieri della stazione di Garlasco poco dopo l’uccisione di Chiara, probabili segni di una colluttazione, ai quali però gli inquirenti non diedero, al tempo, peso. Altro elemento che spicca nel processo bis l’impronta dell’anulare destro di Stasi mischiata al dna della vittima trovata sul dispenser del sapone in bagno dove si dice sia certo che l’assassino si è lavato le mani. Ulteriore particolare è stato quello dell’impronta di quattro dita intrise di sangue lasciate dall’assassino sulla maglia del pigiama di chiara, sulla spalla sinistra, ma poi cancellate da chi ha rimosso il cadavere, ma visibili in maniera netta in una foto durante il processo. Segni che, secondo l’accusa, proverebbero che Alberto dopo aver ucciso si sia lavato le mani.

 

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SENTENZA STASI, IL MISTERO N 24 MINUTI –  Fu la stessa Chiara Poggi quella mattina del 13 agosto 2007, nella sua abitazione di Garlasco, in provincia di Pavia, ad aprire le porte ad una persona che conosceva. Fu poi uccisa con crudeltà, colpita da un’arma pesante, come un martello, che le sfondò il cranio. Nella villetta di via Pascoli non furono trovate tracce di estranei, nè indizi che lasciassero pensare ad un tentativo di furto. Poi arrivò Alberto, allora 24 enne, a scoprire il corpo e a comunicare con freddezza alle forze dell’ordine il ritrovamento. Da allora ha sempre sostenuto essere impegnato a lavorare alla sua tesi di laurea nel momento dell’omicidio. Secondo le perizie cominciò a lavorare al file alle 9.36. Alle 9.12 invece Chiara aveva disattivato l’allarme di casa. In 24 minuti è racchiuso il mistero.

 

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(Foto: Spada / LaPresse)

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