Tfr in busta paga: a chi conviene?

Oggi il Corriere della Sera spiega in un pezzo a firma di Antonella Baccaro come funzionerà nel dettaglio il Trattamento di fine rapporto in busta paga, la cui platea è non a caso la stessa che percepisce già gli 80 euro, ovvero i titolari di redditi che non superino i 24-26 mila euro annui.

 L'anticipo del Tfr in busta paga sarà conveniente solo per i lavoratori con un reddito fino a 15mila euro: il calcolo della Fondazione studi dei consulenti del lavoro sulla base della norma del ddl di stabilità. Ansa Centimetri
L’anticipo del Tfr in busta paga sarà conveniente solo per i lavoratori con un reddito fino a 15mila euro: il calcolo della Fondazione studi dei consulenti del lavoro sulla base della norma del ddl di stabilità. Ansa Centimetri

COME FUNZIONA – Primo: la richiesta della quota maturanda di Tfr è volontaria e va fatta dal dipendente assunto da almeno sei mesi. Da tale isura sono esclusi i collaboratori domestici, i lavoratori agricoli e i dipendenti di aziende in crisi.
Secondo, esiste la fase sperimentale che parte dal marzo prossimo e vale retroattivamente da gennaio. La fase pilota si chiude nel giugno 2018. Da quel momento in poi, per tre anni, non potrà esser revocata la richiesta di tfr in busta paga.

DI CHE SI TRATTA – La quota del Tfr che può essere anticipata è quella maturanda. Nel fondo ci sono solo i contributi del dipendente e del datore di lavoro. L’anticipazione sarà mensile e non una tantum. Aspetto non da poco è che il governo ha deciso per tassare la quota Tfr come una integrazione di stipendio. Ecco perché conviene per chi guadagna fino a 15 mila euro. A quote superiori c’è un aggravio fiscale in più.

Il Corriere va nello specifico:

Per chi ha uno stipendio annuale di 24 mila euro lordi, che corrispondono a 1.500 euro netti mensili per 13 mensilità, la quota di Tfr accantonabile oggi è pari mensilmente a poco più di 100 euro. Su questa cifra andrà effettuato il prelievo da parte del Fisco.

«Fino a 15 mila euro lordi di reddito – ha spiegato ai media Enzo De Fusco coordinatore scientifico della Fondazione studi consulenti del lavoro – l’aliquota con il quale verrebbe tassato il Tfr in busta paga rispetto a quello che si ottiene alla fine del rapporto di lavoro sarebbe la stessa: 23%». Per chi ha redditi superiori, la tassazione separata è vantaggiosa rispetto all’ordinaria. La soglia tollerabile è però fino ai 28.650 lordi, dopo si rischia il tassamento al 38% con oltre 300 euro di tasse in più l’anno.

Nel gioco del Tfr si rischia però di perdere gli 80 euro. Sottolinea il Corriere:

L’imposizione aumenta con la crescita del reddito e per chi guadagna 90 mila euro l’anno arriva a 568,50 euro in più di tasse. In pratica si ricevono in busta paga di Tfr netto 3.544 euro a fronte dei 4.112 accantonati a tassazione separata. Dunque è chiaro che la fascia cui la misura si rivolge sta sotto i 24 mila euro. In particolare per chi può contare su un reddito di 20 mila lordi l’anno, il Tfr netto annuale sarebbe di 1.008 euro (84 euro al mese) a fronte dei 1.058 di Tfr netto annuale accantonato. Il Tfr in busta paga non dovrebbe essere conteggiato ai fini del bonus.

Ieri il ministro dell’Economia Padoan ha sottolineato come si stia cercando di non far perder il bonus di 80 euro per chi chiederà il Tfr in busta paga.

RICHETTI: “SIAMO SICURI SIA COSTITUZIONALE?” – E c’è chi, anche dentro il Pd, fa le sue obiezioni a riguardo. «Su Irap, decontribuzione per le assunzioni, partite Iva e ovviamente stabilizzazione degli 80 euro in busta paga nulla da dire. Il punto critico è a mio avviso il Tfr. La sola disponibilità per i privati, oltre ad essere ingiusta, rischia di porre anche un vizio di costituzionalità. Già in passato, di fronte a norme che indicavano una disparità tra lavoratori pubblici e lavoratori privati, la Corte ha fatto dei rilievi», ha sottolineato il deputato del Pd Matteo Richetti in un’intervista al Sole 24 Ore. Ammettere che il Tfr in busta paga ai dipendenti pubblici porrebbe problemi di aumento di spesa «significherebbe ammettere candidamente che l’accantonamento del Tfr è fittizio», osserva Richetti, che invita a rivedere la tassazione ordinaria. «Si stabilisce una disparità di fatto tra chi ha veramente bisogno di liquidità in più e chi invece può permettersi l’accantonamento con tassazione agevolata. Si rischia di penalizzare di più proprio chi non ce la fa», spiega. «C’e’ poi da vigilare sulla modalità con cui si costruisce il meccanismo: per le imprese sotto i 50 dipendenti non devono esserci oneri bancari».

(Copertina Getty Images)

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