La Commissione Juncker e il dilemma dell’austerità

22/10/2014 di Andrea Mollica

L’Europa si trova di fronte a un bivio. Gli Stati membri dell’UE devono proseguire sulla via dell’austerità, oppure rispettare con meno rigore le regole sull’indebitamento per stimolare la crescita ? Questo dilemma segnerà l’iniziativa della Commissione Juncker, e dovrà essere affrontato in prima battuta dal nuovo commissario agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici, insieme ai due vicepresidenti Valdis Dombrovskis e Jyrki Kaitanen.

Jean-Claude Juncker. AP Photo/Geert Vanden Wijngaert
Jean-Claude Juncker. AP Photo/Geert Vanden Wijngaert

LA COMMISSIONE JUNCKER E IL DUELLO TRA PPE E PSE- Mercoledì 22 ottobre il Parlamento europeo ha votato “la fiducia” alla Commissione Juncker. Con il sì degli eurodeputati il nuovo esecutivo comunitario è entrato ufficialmente in carica.

Le audizioni dei commissari designati sono state particolarmente turbolente, come da ormai consolidata tradizione del Parlamento europeo. La Slovenia ha dovuto indicare una nuova vicepresidente dopo la bocciatura di Alenka Bratusek, l’ex premier che si era sostanzialmente autonominata nella nuova Commissione. La sostituzione della commissaria slovena non appare un ostacolo, mentre ben più problematica è la conflittualità accesa tra i gruppi del Ppe e del Pse in materia di strategia di contrasto alla crisi. L’economia dell’eurozona si trova di fronte alla prospettiva di una nuova recessione, alla luce del peggioramento congiunturale che investe la maggior parte dei Paesi dell’unione monetaria. La contrazione del Pil rende più vivace lo scontro tra i fautori del rigore e i sostenitori della flessibilità. I popolari di Angela Merkel sostengono come una crescita sostenibile sia possibile solo con riforme strutturali e consolidamento fiscale dei conti pubblici oberati dal debito. I socialisti, spinti da Francia e Italia, invece ritengono necessarie politiche economiche più flessibili rispetto agli obiettivi di riduzione dell’indebitamento fissati dai Trattati. La Commissione Juncker potrà entrare in carica solo se il Ppe e Pse daranno il proprio consenso, ma la mediazione trovata sulla strategia economica da adottare appare indebolita dal peggioramento congiunturale verificatosi in queste ultime settimane. I due più grandi gruppi del Parlamento europeo, che detengono circa il 53% dei seggi, avevano concordato su un percorso di consolidamento fiscale reso più flessibile rispetto al passato, e accompagnato da 300 miliardi di nuovi investimenti capaci di stimolare la domanda aggregata delle economie UE.

LA COMMISSIONE JUNCKER I GUARDIANI DELL’AUSTERITÀ – I tre commissari che dovranno definire una strategia di crescita capace di garantire sostenibilità dei conti pubblici, riduzione dell’indebitamento, rilancio degli investimenti e creazione di nuova occupazione sono l’ex ministro delle Finanze francesi Pierre Moscovici, e due ex primi ministri di Nazioni dell’Europa del Nord, il finlandese Jyrki Kaitanen e il lettone Valdis Dombrovskis. Moscovici sostituirà proprio Kaitanen nella guida della DG più ambita della Commissione, gli Affari economici e finanziari, mentre l’ex premier della Finlandia sarà il vicepresidente, senza portafoglio, con gli incarichi su Lavoro, Crescita, Competitività e Investimenti. Dombrovskis sarà anch’egli vicepresidente, responsabile dell’Unione monetaria e del Dialogo sociale. Nelle audizioni dei 3 più importanti commissari economici si è notata una comunità di intenti e toni piuttosto simili nonostante le differenti provenienze politiche. Moscovici è un socialista legato a François Hollande, imposto da Parigi per ottenere uno sguardo europeo più benevolo sui problematici conti pubblici francesi. Katainen e Dombrovskis sono invece due ex primi ministri popolari che hanno guidato governi strenui difensori dell’austerity europea. Katainen si è conquistato immortale fama di falco durante il secondo pacchetto di salvataggio della Grecia, quando trapelò la richiesta di Helsinki di avere in garanzia beni statali ellenici in cambio dei crediti erogati ad Atene. Dombrovskis invece è l’Harry Potter del centrodestra europeo, il leader che ha dimostrato come la crescita sia compatibile con dure manovre di consolidamento fiscale.

L’ex premier affiliato al Ppe ha guidato la Lettonia durante una durissima crisi, che aveva portato ad una drammatica caduta del Pil. Per evitare la bancarotta il governo di Dombrovoskis ha attuato tagli di bilancio molto duri, criticati dal Fondo monetario internazionale per l’impatto sugli strati più poveri della popolazione. Negli ultimi anni però la Lettonia si è rialzata a tassi di crescita tra i più elevati dell’UE, così riuscendo a rispettare gli obiettivi concordati per l’ingresso nell’eurozona.

 Jyrki Katainen e Jeroen Djisselbloem. La Presse
Jyrki Katainen e Jeroen Djisselbloem. La Presse

LA COMMISSIONE JUNCKER E IL RISPARMIO UNITO AGLI INVESTIMENTI – Durante le audizioni al Parlamento europeo Dombrovskis ha dichiarato come l’epoca dei tagli di bilancio particolarmente severi sia finita. Una posizione di apertura verso il fronte della flessibilità sui conti pubblici, arrivata non casualmente dall’esponente giudicato come il più rigoroso custode dell’austerity. Il presidente Juncker ha suggerito ai suoi commissari una linea comune di strategia economica. Moscovici, sottoposto ad un vero e proprio assalto da parte dei parlamentari conservatori per il lassismo fiscale rimproverato alla Francia, ha rimarcato più volte la necessità di rispettare gli accordi europei di indebitamento. Dombrovsksis e Katainen hanno invece ribadito la necessità di rilanciare gli investimenti, per ritrovare un virtuoso percorso di crescita capace di ridare fiato all’economia europea. Le audizioni dei tre commissari economici più importanti hanno indicato come la formula di compromesso dell’esecutivo di Juncker sia risparmiare e investire. La seconda parte di questo motto sarà rafforzata dal piano da 300 miliardi di nuovi investimenti annunciato dal presidente della Commissione, e richiesto a gran voce dai governi socialisti. Il commissario responsabile di questo maxi piano sarà il vicepresidente Jyrki Katainen, che nel corso dell’audizione di fronte agli europarlamentari ha però evidenziato quanto questa promessa sia ancora fumosa. Rispetto alle richieste di indicazioni precise sulle risorse stanziate dall’UE, l’ex premier finlandese ha parlato di dettagli che saranno diffusi tra tre mesi, mentre ha sottolineato la volontà di rafforzare il capitale della Bei per stimolare una corposa leva finanziaria, oltre ad un utilizzo migliore dei fondi comunitari già stanziati. La Banca europea degli investimenti è ormai diventata uno strumento finanziario presente in ogni proposta di rilancio della crescita UE, anche se ha capacità piuttosto limitate. Lo statuto della Bei è molto rigido, e concede l’erogazione di credito solo a chi può sfoggiare la tripla A, ovvero il rating del debito più elevato.

La sede del Parlamento europeo. Roberto Monaldo / LaPresse
La sede del Parlamento europeo. Roberto Monaldo / LaPresse

LA COMMISSIONE JUNCKER E IL POTERE DEGLI STATI – La nomina di Moscovici, raccontano molti retroscena, è stata particolarmente osteggiata da Angela Merkel, indisponibile a concedere il controllo dei conti pubblici alla Francia socialista. La designazione del candidato di Hollande è stata però ampiamente compensata da una Commissione composta da quasi il doppio di esponenti popolari rispetto ai socialisti, una proporzione che non rispetta i rapporti di forza del Consiglio così come dl Parlamento europeo. Oltre a questo, nella nuova struttura della Commissione i vicepresidenti del Ppe, i falchi Katainen e Dombrovoskis, saranno i coordinatori dei commissari economici, e quindi anche di Moscovici. Le audizioni hanno però confermato come Juncker intenda proporre a Stati e Parlamento europeo una squadra il più possibile coesa, con una linea comune capace di tenere insieme l’orientamento conservatore della maggioranza dei commissari con le richieste socialiste. A differenza di Barroso Jean-Claude Juncker ha palesato un maggior spirito federalista, capace di affermare il ruolo della Commissione come organismo di governo dell’UE. I Trattati però indicano come il potere decisionale rimanga ancora agli Stati membri. L’Ecofin, ovvero il Consiglio dell’UE che riunisce i ministri di Economia e Finanza dei Paesi membri, è l’organismo che decide l’apertura dei procedimenti di infrazione per deficit eccessivo, così come le raccomandazioni per il percorso di aggiustamento dei conti pubblici, o le eventuali sanzioni per chi non rispetta le regole comunitarie. La Commissione propone questi atti, ma non ha il potere di adottarli. Per questo motivo la dialettica tra il fronte della flessibilità e la linea dell’austerità all’interno della Commissione avrà sicuramente un peso rilevante, ma la vera partita si giocherà nel dialogo, che appare sempre più difficoltoso, tra i governi degli Stati membri.

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