La Corea del Nord ammette l’esistenza dei campi di lavoro

Per la prima volta un esponente di governo della Corea del Nord ha ammesso l’esistenza dei campi di lavoro davanti alla comunità internazionale. L’ammissione arriva dopo le critiche da parte di Pyongyang nei confronti di un dossier dell’Onu che provava l’esistenza nel Paese di campi di prigionia dove venivano violati i più elementari diritti umani. I diplomatici nord-coreani non hanno poi voluto rispondere alle domande sulla salute del Maresciallo Kim Jong-Un, la cui ultima apparizione pubblica risale allo scorso tre settembre.

(Lapresse-AP Photo/Ahn Young-joon)
(Lapresse-AP Photo/Ahn Young-joon)

L’AMMISSIONE – L’ammissione è arrivata da Choe Myong Nam, ministro degli esteri nordcoreano responsabile dei diritti umani e delle relazioni con le Nazioni Unite nel corso di un breve incontro con la stampa a New York avvenuto nella giornata di martedì 7 ottobre: «Nel Paese non esistono campi di prigionia ma solo campi di rieducazione tramite il lavoro. Qui i criminali comuni , dove i criminali comuni “migliorano la loro mentalità e riflettono sui loro errori».

 

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LE ACCUSE DELL’ONU – Il ministro, ripreso da Al Jazeera, ha quindi respinto le accuse contenute nel rapporto dell’Onu basato sulla testimonianza di nordcoreani fuggiti all’estero nel quale si denunciava Pyongyang di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, compresi i crimini contro l’umanità. Nel documento veniva poi confermata l’esistenza di quattro campi di prigionia dove vengono rinchiusi e torturati per il resto della vita coloro che sono sospettati di reati politici ed i parenti fino alla terza generazione. Secondo il governo sudcoreano, i detenuti dei campi di prigionia in Corea del Nord sono tra gli 80mila e i 120mila.

LA RISPOSTA DI PYONGYANG – I diplomatici di Pyongyang hanno anche parlato di una visita compiuta da alcuni alti funzionari nordcoreani nella sede dell’Unione Europea a Bruxelles durante la quale si sarebbero mostrati interessati ad avviare un dialogo sui diritti umani, a patto però che il discorso non rappresenti uno «strumento di interferenza» negli affari interni del paese. Il mese scorso su un sito vicino al governo di Pyongyang, Minjok Tongshin, ha parlato dell’esistenza dei campi di rieducazione presentando un report in cui si accusavano gli Usa e gli alleati di interferite negli affari privati di Pyongyang cercando di rovesciare il sistema sociale fabbricando prove relative al rispetto di diritti umani imbrogliando l’opinione pubblica internazionale. (Photocredit copertina Lapresse-AP Photo/Kyodo News)

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