Yara, gli investigatori: «Ecco perché Bossetti è colpevole»

Nuovi risvolti nella vicenda che vede protagonista Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello in carcere con l’accusa pesantissima di aver ucciso la tredicenne di Brembate Yara Gambirasio. Come riporta Republica infatti è emersa una lettera sequestrata dai carabinieri lo scorso 25 luglio assieme ad altri 33 reperti; lettera  – composta utilizzando ritagli di giornale per rendere impossibile l’identificazione del mittente –  contenente minacce pesantissime: “Ti impicco”, “La pagherai cara”. La missiva contribuisce a smontare ulteriormente il quadro idilliaco di sè e della sua famiglia che Bossetti aveva costruito negli interrogatori successivi al suo arresto. La lettera risale a un momento precedente alla scomparsa di Yara, avvenuta il 26 novembre 2010.

 

Yara, i legali di Bossetti: «la vittima fu spogliata, ferita e rivestita»
Foto: Spada/LaPresse

 

«UNA DISCUSSIONE PER L’IVECO DAILY» – Interrogato in merito dagli inquirenti, Bossetti ha inquadrato le minacce come «discussioni accese» che avrebbe avuto con la persona che gli vendette l’Iveco Daily, il furgone con cui, secondo l’accusa, rapì Yara per trasportarla nel campo di Chignolo d’Isola dove il cadavere della ragazzina venne ritrovato alcuni mesi dopo. Pare quindi che tra la lettera minatoria e l’omicidio di Yara non vi sia alcun nesso, ma viene comunque da chiedersi cosa spinse il mittente dell’anonima lettera a minacciare Bossetti.

 

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INDIZI GRAVI – Per gli inquirenti in ogni caso Bossetti è colpevole, molti gli indizi a suo carico, dal Dna trovato sugli slip di Yara, al silenzio “anomalo” del muratore subito dopo la scomparsa della tredicenne; il suo “estraniamento” rispetto all’omicidio; le contraddizioni; le discrepanze tra il racconto del presunto killer e le testimonianze di moglie, fratello, commercialista, colleghi di lavoro. Polizia e carabinieri inoltre annotano che Bossetti «Ha eliminato arma e (altre) prove del delitto, ma non la sua firma (il Dna)”, rivelandosi «soggetto capace di commettere un omicidio efferato per modalità e caratteristiche della vittima ma non così preparato, da un punto di vista criminale, da eliminare dalla scena del ritrovamento del corpo, e quasi certamente dell’omicidio, indumenti contenenti tracce biologiche significative a lui riconducibili».

(Photocredit: Yuri Colleoni / Eco di Bergamo / LaPresse &  Spada / LaPresse)

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