L’Italia si aggrappa agli sponsor per salvare i suoi monumenti

L’Italia ha tanta cultura ma pochi soldi per mantenerla. I muri a Pompei crollano così come deperisce il Colosseo. La soluzione delle sponsorizzazioni private per restauri sempre più necessari è stata trovata da stato e comuni senza soldi sta dando risultati piuttosto controversi, anche se l’assenza di risorse l’impone nonostante le numerose perplessità.

L’ITALIA E GLI SPONSOR PER LA CULTURA – L’Italia conta 43 siti che sono stati definiti come patrimonio dell’umanità dell’Unesco, più di ogni altro paese al mondo, con quasi 60 mila siti archeologici e poco meno di 5 mila musei. Il più grande tesoro culturale del mondo, come Der Spiegel definisce il nostro paese. L’Italia ha però un problema rispetto a questo enorme patrimonio. L’alto indebitamento e l’erosione di risorse fiscali causate da un’economia sempre più debole non consentono una cura adeguata dei beni culturali. Per questo motivo si sono moltiplicate in questi anni le rincorse di comuni e stato a munifici sponsor privati, che possano finanziare progetti di restauro o risanamento impossibili da sostenere per le esauste casse pubbliche. Investimenti milionari che però hanno un costo, visto che le aziende private devono avere un ritorno economico in pubblicità che talvolta, o spesso come dicono i più critici, deturpa le opere d’arte o i monumenti che beneficiano di questa nuova fonte di denaro.

L’ITALIA E IL RISCHIO DISNEY PER I BENI CULTURALI – L’analisi di Der Spiegel, composta dal corrispondente del settimanale tedesco di Roma, rimarca come non solo i puristi temano «la svendita di antichi siti, la deturpazione delle facciate barocche, o la deriva Disney per la ricostruzione di costruzioni medioevali. Una preoccupazione fondata» ì, rimarca Der Spiegel, alla luce dell’utilizzo massiccio della pubblicità da parte degli sponsor. Il settimanale tedesco cita diversi casi, come il restauro del palazzo dei Dogi del Ponte dei Sospiri finanziato dalla Coca Cola e Bulgari, i cui manifesti pubblicitari coprivano quasi completamente monumenti così simbolici per la città veneta. Der Spiegel sottolinea il senso di vergogna che coglieva i gondolieri quando i turisti chiedevano loro dove fosse il celeberrimo Ponte dei Sospiri. Un simile sentimento aveva spinto i fiorentini a ribellarsi all’enorme manifesto pubblicitario collocato da Esselunga sul Ponte Vecchio, poi rimosso dopo polemiche che rischiavano di danneggiare la reputazione dell’azienda.

L’ITALIA E LA MANCANZA DI ALTERNATIVA AGLI SPONSOR – Der Spiegel evidenzia però come senza mezzi finanziari privati i tesori culturali dell’Italia siano destinati ad un declino inesorabile. Pompei è il caso più noto di un patrimonio culturale del nostro paese messo a rischio da anni di incuria e mancati interventi. Negli ultimi tempi l’inevitabile collaborazione tra sponsor e enti pubblici sembra aver imparato dagli errori commessi nel recente passato, come sottolinea il settimanale tedesco, indicando l’apprezzamento per il restauro della Fontana di Trevi promosso da Fendi. A Venezia l’intervento per il risanamento del Ponte di Rialto sarà finanziato con 5 milioni di euro stanziati dal gruppo Diesel, e il fondatore della casa di moda Renzo Rosso ha rimarcato come la sponsorizzazione sarà la meno invasiva possibile. Miglioramenti che però non mitigano il profondo senso di sfiducia di molti italiani nei confronti di questa strategia, come dimostra anche il caso delle tante resistenze subite dalla Tod’s di Diego Della Valle per il suo finanziamento al restauro del Colosseo. Polemiche parzialmente sopite dopo la conclusione della prima parte dei lavori, che non hanno fatto desistere il sindaco Ignazio Marino dal tentare la fortuna in America. Il primo cittadino della Capitale si è infatti recato in un tour statunitense a cercare finanziatori tra le più ricche multinazionali Usa, un viaggio passato piuttosto in sordina ma che mostra la via ormai scelta dalle istituzioni per non far deperire il ricco patrimonio culturale amministrato.

Photocredit: Daniele Leone / LaPresse

Share this article