La 13enne suicida a Trastevere per un tablet

Social network e dispositivi elettronici come pc, smartphone e tablet utilizzati per connettersi ad internet sono finiti al centro dell’indagine della magistratura sul suicidio della tredicenne Katia (nome di fantasia) avvenuto giovedì pomeriggio a Trastevere. Il procuratore aggiunto al quale è stato affidato il caso è intenzionato a far maggior luce sulla morte della bambina proprio partendo dai contatti e dalle eventuali conversazioni stabiliti in rete negli ultimi giorni e settimane di vita.

IL SUICIDIO CON UN CAPPIO RUDIMENTALE – Il folle gesto di Katia è avvenuto dopo un litigio con la mamma che l’aveva scoperta in camera con un tablet che non avrebbe certamente potuto permettersi con la sua paghetta. La donna, che non era a conoscenza che sua figlia fosse in possesso di quel costoso oggetto,è uscita di casa dopo un lungo diverbio con la 13enne. Al ritorno ha poi scoperto il corpo senza vita della bambina, che si sarebbe impiccata nella sua camera verso le 18 e 30, con un cappio rudimentale. Dopo il suicidio è stata ritrovata una lettera della bambina in cui si parla di un errore. «Mamma, ti voglio bene e mi sento in colpa per quello che ho fatto», c’era scritto.

L’AUTOPSIA ESCLUDE VIOLENZE – Sotto la lente degli investigatori ci sono ora un gruppo di italiani amici di Katia su Facebook. Ne parlano Adelaide Pierucci e Riccardo Tagliapietra su Il Messaggero. Quei volti e quei profili hanno come comune denominatore con la bambina l’isola si Boa Vista e Capo Verde, dove la 13enne è nata ed ha vissuto la sua infanzia. Katia, infatti, studente di scuola media, è stata adottata tre anni fa da una facoltosa famiglia della nobiltà romana. Nei prossimi giorni verrà interrogata ancora la mamma e alcuni insegnanti di Katia. L’autopsia effettuata sabato ha intanto stabilito che la bambina non ha subito violenze.

IL MISTERO DEL TABLET – Si attende invece ancora la perizia su tablet e telefonini per capire di chi sono, o se sono stati rubati. Quest’ultima ipotesi potrebbe aprire nuovi scenari. Secondo i magistrati, spiega Il Messaggero, i tablet potrebbero essere stati donati da un adulto, visto che in camera della bambina sono stati trovati anche vestiti costosi, trucchi ed altri accessori troppo costosi per una 13enne. Il proprietario o i proprietari del tablet e dei telefonini potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati. Per ora il pm ha ipotizzato il reato di istigazione al suicidio.

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