Bertolucci e il film denuncia sui sampietrini e le buche di Roma

Riprendere lo stato delle strade e dei sampietrini di Roma dalla prospettiva di un disabile, del quale si vedono le scarpe da ginnastica rosse, indugiando su buche e dislivelli che fanno arrancare la sedia a rotelle tra pietre staccate dal manto stradale e solchi che inchiodano il mezzo, il cui motore si sforza di superare gli ostacoli insormontabili. Parliamo di Red Shoes, il film denuncia di Bernardo Bertolucci sullo stato delle strade di Trastevere, uno dei quartieri storici di Roma.

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UN’INVOCAZIONE DISPERATA – La carrozzina si muove a fatica ed il rumore del motore, a volte soffocato a volte strozzato, suona quasi come un grido soffocato dalla musica di Jacques Trenet. Questo film venne presentato lo scorso anno a Venezia assieme ad altri 67 supercorti in omaggio al 70° della Biennale ma a dare il valore aggiunto è il fatto che su quella carrozzina c’è il regista, Bernardo Bertolucci che ha proiettato nel salone di casa sua il film di cui parla Repubblica, che definisce il film con queste parole:

Il supercorto è un colpo al cuore, una invocazione disperata, un estremo appello ad una città che sogna un’altra Roma, moderna, metropolitana, attenta alla storia e alle bellezze. Una città vera e di grande dignità.

LA REAZIONE DEL SINDACO MARINO – Sono in pochi ad aver visto il film, tra cui il sindaco Ignazio Marino. Questa la sua reazione, illustrata dal regista:

Era imbarazzato e mi ha chiesto se conoscessi chi si occupa della manutenzione dei sampietrini. Sa, quei vecchi operai di un tempo, espertissimi, ma ormai quasi scomparsi. Poi è andato via e non si è fatto più sentire

 

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IL CONFRONTO CON PARIGI – E dopo un anno dalla proiezione e dalla visione da parte del Sindaco i sampietrini sono ancora così in via della Lungara, nelle rampe laterali a via Gariibaldi, luogo filmato da Bertolucci. La situazione nella zona è così: in via Garibaldi mancano 3.254 sampietrini, ci sono sei buche, i tombini saltati sono 25 mentre i rattoppi d’asfalto sono 10. Continua il regista:

Lo scorso anno a Venezia il tema dei supercorti era dove va la cultura. E io ho voluto ricordare che la cultura finisce tra i sampietrini abbandonati di Trastevere, vergognosamente dissestati, che non si ricordano più di niente. Io canto, dice Trenet nella sua bella canzone, in realtà verrebbe la voglia di dire io piango. Guardi, io amo Roma sopra ogni cosa, in pratica è come se non mi fossi mai mosso da Trastevere. Però Parigi è altro. Nel 1968 ero a Saint Germain nel cuore di Parigi e lì i sampietrini, il pavé, venivano scagliati contro la polizia e lo slogan era “Sous le pavé c’est la plage”, cioè sotto il pavé c’è la sabbia, ossia la libertà. Anni bellissimi. Ricordo che ero molto amico di Godard, dividevamo tutto, poi lui ebbe una deriva supermaoista e io rimasi semplicemente nel Pci. Non ci siamo più sentiti. Per me Parigi è come una grande storia d’amore. Nel 1971 quando giravo l’Ultimo Tango vivevo nell’Île Saint-Louis e dalla mia finestra vedevo passare puntualmente Bresson alle 9.30, faceva il giro dell’isola e tornava indietro. Mezz’ora esatta.

UNA CITTÀ UNFRIENDLY PER I PORTATORI DI HANDICAP – Bertolucci non ha nostalgia di Parigi. Per lui Roma è più bella, più struggente. Ma la qualità della vita è peggiore:

Parlo di me, parlo di tanti come me che vivono in carrozzina. Ma parlo anche di quelle mamme con i bimbi piccoli in braccio costrette a camminare su strade ridotte a vulcani senza speranza. Ma anche di chi si appoggia ad un bastone, di chi (sorride) si avventura nelle notti di Trastevere con un tacco 15. O di chi è costretto a stare su una carrozzella. Questa è una città segnata come unfriendly per i portatori di handicap. Lo sanno tutti, tranne il Comune. Ma non mi meraviglio, fa parte della nostra cultura, non siamo storicamente attenti al mondo di chi non è autosufficiente, non ci sono leggi di garanzia, noi preferiamo una sorta di manutenzione per i disabili, che è una via d’uscita mediocre

IL RICORDO DI ALEMANNO – Ma non si tratta di un attacco all’attuale Sindaco Bertolucci torna indietro nel tempo ed evoca un episodio legato alle nozze di Mario Martone, regista e sceneggiatore, avvenuto durante il governo Alemanno:

Ero anch’io sulla piazza del Campidoglio in una giornata di freddo. Dopo la cerimonia dovevamo andare sulla terrazza Caffarelli. E lì si scopre che non c’erano rampe di accesso per disabili. Intervengono due inservienti, mi caricano di peso come un sacco di patate e mi portano su. Non avevo mai subito un’umiliazione simile. E sa cosa ha detto l’allora sindaco Alemanno? “Ma cosa crede, Bertolucci, che noi roviniamo una delle più belle piazze del mondo per mettere una pedana per disabili? Ma si rende conto della bestialità? Ma le pedane si possono sempre togliere, no?”

LA CATENA SIMBOLO DELLA LIBERTÀ NEGATA – Bertolucci continua a parlare della sua limitazione e di come ormai gli venga impedito di potersi godere anche i piccoli piaceri della vita:

Io amavo andare a piazza Farnese a leggere i giornali di mattina, non lo faccio più da quando hanno messo una catena antimotorini a Ponte Sisto: nessuno ha le chiavi e quelle catene sono il simbolo della libertà negata. Questi sono gli incubi di chi abita a Trastevere nelle mie condizioni, di poveracci come me. Guardi, io senza Roma non potrei esistere, non posso vivere senza il colore rossastro dei palazzi, senza sentire quello spirito di appartenenza unico al mondo. Ma rimango impotente a pensare che qui a Trastevere un tempo erano tutti artigiani, falegnami, restauratori, corniciai, c’erano quelli che decapavano mobili, i fabbri, gli antiquari. E adesso è tutto ridotto in questo stato pietoso. E io qui sulla mia carrozzina, la mia sedia elettrica…No, questa in realtà è la mia sedia della vita

(Photocredit Repubblica Tv)

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