Scozia: cosa succede dopo il referendum

Il popolo scozzese ha detto no all’indipendenza. La Scozia rimarrà all’interno del Regno Unito, ma ora tra Londra ed il governo di Edimburgo ci sarà una trattativa complessa sui nuovi poteri promessi durante la fase finale della campagna referendaria per evitare la secessione. Il premier britannico David Cameron ha confermato questo impegno, anche se ha ribadito come nuove rivendicazioni indipendentisti non saranno più accettate.

19 SETTEMBRE 2014 – I risultati del referendum sull’indipendenza della Scozia sono ormai definitivi. L’integrità del Regno Unito è stata salvata, con un voto piuttosto chiaro. I no sono stati il 55,4% dell’elettorato, pari a poco più di 2 milioni di preferenze. I sì invece sono superiori al milione e 600 mila voti, per un distacco di circa 400 mila voti. Un margine di vantaggio piuttosto netto per il fronte unionista, alla luce dei timori delle ultime settimane. Il primo ministro scozzese, Alex Salmond, leader degli indipendentisti, ha rimarcato il carattere democratico del successo del no, ma ha altresì chiesto a Londra di garantire i maggiori poteri alla sua nazione promessi durante l’ultima fase della campagna referendaria. Il premier britannico David Cameron ha risposto in maniera solo parzialmente positiva a questo appello, sottolineando come il percorso della devo max, il massimo di devoluzione possibile, sarà particolarmente complicato. Il leader dei Tory ha salvato probabilmente la sua premiership ma all’interno del suo partito e del suo elettorato non saranno accettate eccessive ricompense verso la Scozia. Un dato rimarcato dal premier nel suo primo commento al referendum, che come ha spiegato Cameron, chiude per una generazione la battaglia indipendentista.

OTTOBRE-NOVEMBRE 2014 – Nelle prossime settimane verrà discusso un pacchetto di devoluzione di nuovi poteri alla Scozia. I tre grandi partiti britannici, Conservatori, Laburisti e Liberaldemocratici, sono tendenzialmente tutti favorevoli, ma come sempre i dettagli faranno molto differenza. I Tory sono sicuramente critici rispetto alle promesse di devoluzione fatte in campagna elettorale dal fronte del no, guidato nella sostanza dal Labour, il partito di riferimento della Scozia. Gordon Brown, il predecessore di David Cameron al numero 10 di Downing Street, ha giocato un peso rilevante in queste ultime settimane, ma le sue proposte, in particolar modo in materia fiscale, avranno sicuramente un’approvazione complessa alla Camera dei Comuni. Al momento non c’è chiarezza sui contenuti del nuovo piano di devoluzione, che dovrebbe essere presentato al Parlamento britannico entro la fine di novembre. Il voto è previsto per l’inizio del 2015, e nel progetto di legge, ascoltando le parole di David Cameron, potrebbero essere inserite anche modifiche per i poteri delle altre nazioni britanniche.

2015, 2016 E 2017 – Il referendum sull’indipendenza della Scozia si è svolto all’inizio di una fase densa di appuntamenti rilevanti per gli organismi istituzionali del Regno Unito. Il 7 maggio del 2015 si svolgeranno le elezioni per la Camera dei Comuni, e al momento i Laburisti sono leggermente favoriti per il ritorno al governo. Il trasferimento dei nuovi poteri alla Scozia sarà sicuramente uno dei temi più significativi della prossima campagna elettorale, e il rapporto tra Londra ed Edimburgo cambierà anche a seconda di chi sarà il prossimo premier britannico. La prossima legislatura farà entrare in vigore le nuove leggi di devoluzione, i cui contenuti al momento sono indefiniti. Tra poco più di un anno e mezzo, il 5 maggio del 2016, verrà invece rinnovato il Parlamento scozzese, al momento controllato dai nazionalisti di Alex Salmond. Per il 2017 invece è previsto il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea, che si svolgerà in caso di vittoria dei Tory di David Cameron. Un eventuale rottura del Regno Unito con l’UE potrebbe però dare nuova forza al secessionismo, visto il tradizionale europeismo degli scozzesi.

Photocredit:  Andy Buchanan/AFP/Getty Images

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