I 160mila litri di Brunello di Montalcino che non lo erano

Era fornito di tutto: contrassegni di Stato, documenti di trasporto, fatture. Era anche uno stimato professionista del settore, nel quale diversi imprenditori del settore riponevano la propria fiducia, certi di dare vita a un prodotto eccellente, un vanto del Made in Italy in Italia e all’estero. E invece, è riuscito a spacciare più di 160.000 litri di vino mediocre per Brunello di Montalcino, uno dei vini più pregiati, ricercati (e costosi) della produzione vinicola italiana, fiore all’occhiello dei prodotti a denominazione di origine controllata e garantita del Belpaese. Professionista sì, ma della truffa.

Federici/Lapresse (Foto di archivio)
Federici/Lapresse (Foto di archivio)

BRUNELLO? NO, VINO COMUNE – La notizia è stata diffusa questa mattina direttamente dalla Guardia di Finanza di Siena, che ha fatto luce su una maxi-frode alimentare condotta ai danni di svariate aziende agricole di Montalcino e dintorni, culla del Brunello. La truffa era tanto semplice quanto difficile da mettere in atto: il truffatore – uno stimato consulente tecnico che collaborava con diversi imprenditori vinicoli della zona – spacciava per Brunello partite di uva comune e vino rosso di qualità mediocre, che le cantine acquistavano per iniziare il processo di invecchiamento nelle famosi botti di rovere, per poi trasferirlo in bottiglia. Parallelamente, il consulente truffaldino era anche in grado di riprodurre le etichette e contrassegni della D.O.C.G. e, una volta procuratosi bottiglie di un qualsiasi vino rosso, le “vestiva” da Brunello. In questo modo, tra il 2011 al 2013, sarebbero circolati circa 160.000 litri di Brunello e Rosso di Montalcino che, in realtà, non erano altro che vino di bassa qualità.

DA DOVE VENIVA QUELL’UVA? – Secondo quanto riferito dagli uomini della Guardia di Finanza, la provenienza delle uve spacciate per Brunello è ancora da identificare: con tutta probabilità si tratterebbe di prodotti acquistati in nero dal truffatore, che nulla averebbero a che vedere con le uve coltivate a Montalcino per realizzare il famoso Brunello. Le perquisizioni condotte delle Fiamme Gialle hanno portato al sequestro di oltre 220.000 bottiglie di falso Brunello e di Rosso di Montalcino, oltre duemila contrassegni di Stato e altro materiale contraffatto. Valore della truffa: almeno un milione di euro, stando alle stime della Guardia di Finanza.

 

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DATI CONTRAFFATTI – Il consulente-truffatore sarebbe stato anche una specie di hacker: sarebbe stato addirittura in grado di intrufolarsi nel sistema informatico dell’A.R.T.E.A. – l’Agenzia Regionale Toscana per le Erogazioni in Agricoltura – falsificando i dati relativi al suo falso Brunello, in modo che “le carte” risultassero in ordine durante qualsiasi controllo. Non solo: avrebbe anche forzato il servizio di home banking di due imprenditori della zona, cercando di trasferirne i soldi a suo nome.

LE INDAGINI – Ma quello del Brunello è un marchio troppo caro agli imprenditori vinicoli toscani perché potesse essere infangato in questo modo e, grazie a una segnalazione da parte del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, sono partite le indagini della Guardia di Finanza, che ha lavorato fianco a fianco con l’Ispettorato Repressione Frodi, l’organo del Ministero delle Politiche Agricole che si occupa di fare luce su questo tipo di truffe alimentari. Il truffatore è stato denunciato per frode in commercio, accesso abusivo ad un sistema informatico, appropriazione indebita aggravata e continuata e reati di falso. E, oltre al sequestro preventivo di 350.000 euro – una prima stima di quanto avrebbe guadagnato con la truffa – è stato sottoposto alla misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Montalcino. Ora resta da capire per quanto tempo sia andata avanti la truffa e quante bottiglie di falso Brunello restino ancora in circolazione, in Italia e nel mondo.

(Photocredit copertina: Federici/Lapresse – Foto di archivio)

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