L’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria: la grande chimera

Ci siamo? Sarà la volta buona? Ad anticipare i passi del disegno di legge del Movimento 5 stelle per l’abolizione del finanziamento pubblico dell’editoria è oggi il deputato Giuseppe Brescia sul blog di Grillo. Il pentastellato spiega: «Il prossimo autunno sarà decisivo per l’editoria italiana. Il governo ha annunciato ufficialmente di voler mettere mano al sistema di sostegno al settore e nel frattempo in Commissione Cultura va avanti la discussione sulla nostra proposta di legge. L’insolita apertura, su un tema come questo poi, ci fa sorgere non pochi dubbi sulle reali intenzioni del Partito Democratico, soprattutto alla luce del legame strettissimo che lo stesso può vantare nei confronti della maggior parte delle testate giornalistiche nazionali».

PUNTO UNO: DALLA CARTA ALLE START-UP – Apertura con diffidenza. I 5 stelle (tramite due articoli) vogliono metter mano alle due forme di finanziamento pubblico: quello diretto ed indiretto. Il primo prevede la destinazione di fondi in favore di start up di nuovi progetti editoriali di giovani giornalisti o freelance under 35.
Proposta che suona ottima. Chi non preferirebbe che soldi pubblici vadano in tasche di imprese dirette unicamente “all’innovazione tecnologica e digitale” tramite progetti portati avanti “da comuni (o reti di comuni limitrofi)” piuttosto che a carta con poco pubblico alle spalle? Come però abbiamo già ricordato soltanto tre tipologie di giornali ricevono oggi finanziamenti diretti: i giornali organi di partiti politici, quelli costituiti da cooperative di giornalisti e quelli delle minoranze linguistiche, così come è possibile leggere sul sito del governo, nella sezione per il Dipartimento per l’editoria. Non solo, con l’ultima normativa 2012 i criteri sono decisamente stringenti: tiratura, distribuzione e vendita devono essere certificati da una società di revisione iscritta alla CONSOB. I controlli delle Fiamme Gialle hanno portato ultimamente alla revoca dei finanziamenti per realtà come L’Avanti.
In ultimo i finanziamenti alle start up, come specifica Brescia stesso nel post, sono già previsti dal governo nella legge di stabilità 2013, nel cosiddetto “Fondo straordinario di sostegno all’editoria”. Quindi come si imposterà la situazione in confronto all’articolo 167 della legge di stabilità uscita dal governo Letta lo scorso dicembre? Nel «fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria» si stanziano 50 milioni per il 2014, 40 milioni per il 2015 e 30 milioni per il 2016.

I DUBBI SUL DOSSIER – Altro vulnus della proposta di legge è l’articolo due con la soppressione dell’obbligo dei bandi della pubblica amministrazione. Punto su cui il deputato 5 stelle spiega il “conflitto” con il governo: «Renzi ha mancato di fantasia e ha copiato pari pari la nostra proposta annunciando durante la campagna elettorale delle elezioni europee l’eliminazione del suddetto obbligo, per poi rimangiarsi tutto subito dopo le votazioni, spostando di due anni il termine per l’abolizione e fissandolo per il 1° gennaio 2016». E ancora: «assieme al regime di IVA agevolato al 4% sul 20% delle copie stampate, rappresenta uno dei maggiori introiti ai giornali, quei famosi finanziamenti indiretti». Alt: gli indiretti nella forma di agevolazioni postali per la spedizione degli abbonamenti, da marzo nel 2010 in realtà non ci sono più.
Come specifica il dossier in merito alla proposta: «Con riferimento all’argomento affrontato nell’art. 2, si ricorda che, con sentenza n. 401 del 2007, la Corte costituzionale ha ricondotto le disposizioni recate dal d.lgs. 163/2006 alle materie della “tutela della concorrenza” e dell'”ordinamento civile”, assegnate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato rispettivamente dalle avvisi e gare previsti nel d.lgs. 163/2006 5lettere e) ed l) del secondo comma dell’art. 117 Cost». Insomma la proposta dei 5 stelle verrà approvata in modo immacolato? E se sì a che serve? Sarà efficace davanti all’approccio ora utilizzato per l’editoria nelle Leggi di stabilità? Come ricorda Andrea Zitelli in una illuminante guida su Valigia Blu la situazione italiana non è la peggiore in Europa:

La situazione italiana è stata definita da più parti come un’anomalia. Ma allargando lo sguardo all’Europa il giudizio cambia. La situazione non eretica dell’Italia per i finanziamenti pubblici all’editoria è certificata da un ricerca del 2010 del Centro Consulenze Editori intitolata “Il pluralismo ed i contributi all’editoria in Europa”. La Francia presenta, ad esempio, aiuti diretti che comprendono agevolazioni nelle tariffe di trasporto ferroviario dei quotidiani, aiuti alla modernizzazione della rete di vendita, fondi specifici per favorire la diffusione mondiale della stampa francese. Ma anche indiretti con tariffe postali e aliquota dell’Iva (al 2,10%) agevolate. Lo Stato francese è quello che spende di più con i suoi 1,2 miliardi di euro per finanziare i propri media. Numeri che hanno favorito la presentazione di una prossima riforma del settore.

La situazione italiana è abbastanza complessa. Due articoli riusciranno a cambiare radicalmente la situazione? E chi proteggerà i precari ed intere redazioni? Una raccomandazione nel dossier c’è: sostituire il sostantivo “freelance” con “l’espressione “giornalisti iscritti all’albo di cui all’articolo 26 della L. 69/1963, titolari di rapporto di lavoro non subordinato””. La sensazione è che però non si parlerà solo di questo. Il resto è ancora in gioco. I contributi all’editoria calano di anno in anno: nel 2010 si parlava di 150 milioni nel 2013 (come ricorda sempre Valigia Blu) sotto Monti venivano stanziati 96 milioni di euro. Utile in tal senso è la videoinchiesta dell’Espresso “Soldi all’editoria: le vere cifre“. Dopo lo Stato insomma per sopravvivere finanzierà qualcun’altro. Chi: il privato? Le fondazioni? L’assenza dei fondi pubblici garantirà ugualmente libertà e qualità dell’informazione in Italia?

(Copertina ©Jonathan Moscrop – LaPresse)

Share this article