Taglio agli stipendi dei dipendenti del Parlamento, sindacati in rivolta

Ne abbiamo parlato più volte nelle scorse settimane. I partiti politici e la Presidente della Camera sono sempre più determinati ad imporre un tetto agli stipendi dei dipendenti di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, mentre i diretti interessati, i lavoratori del Parlamento, rispondono alla scure dei tagli con manifestazioni di dissenso, mettendo in rilievo il valore delle loro professionalità. Ora scendono in campo anche i sindacati, sostenendo che il limite alle retribuzioni potrebbe essere incostituzionale.

 

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«I CONSIGLIERI PARLAMENTARI HANNO LE CAPACITÀ DI UN NOTAIO» – Come riporta Tommaso Ciriaco su Reppubblica, Claudio Capone, sindacalista della Cgil, fa sapere: «Non parliamo con la stampa, ma nelle sedi istituzionali. Oggi però faccio un’eccezione. Più che calmare la mannaia, a noi interessa una riforma che renda più efficienti non facendola costare un euro in più del necessario, ma evitando provvedimenti inutilmente punitivi». Potrebbe insomma tutto rivelarsi contrario ai principi della Costituzione. «Introdurre un tetto – ha continuato Capone parlando a Ciriaco per Repubblica – dà l’idea che un datore di lavoro può decidere che un dipendente guadagni troppo e togliergli parte dello stipendio. Bisogna usare cautela: i salari, insomma, non sono l’inizio del problema. Se le leggi riconoscono che è legittimo il tetto, ne parleremo, ma sulla base di una consolidata giurisprudenza nutro qualche dubbio di costituzionalità». Poi c’è da considerare anche le capacità dei dipendenti. Paolo Chirichilli, della Uil, spiega: «Perché nessuno scrive che c’è chi ha 500 giorni di ferie arretrate? Oppure, prendiamo il caso dei consiglieri parlamentari: hanno la capacità di un notaio o di un avvocato. Se uno studio notarile prende un milione di queo va bene, ma ci si scandalizza per la cifra ragguardevole che percepiscono i consiglieri. Signori, questa è l’istituzione più importante del Paese».

 

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LA PARTITA SLITTA A SETTEMBRE – Questioni aperte sulle quali sarà opportuno un confronto. Chirichilli fa sapere che sul tetto dei 240mila euro è possibile trattare, ma ovviemente un’intesa non è affatto semplice. Lo dimostra anche il fatto che la partita si sarebbe dovuta chiudere ad agosto e che slitterà invece a settembre, anche a causa di divergenze tra i partiti. Oggi, comunque, come spiega Repubblica, le rappresentanze politiche delle Camere (presiedute dai vicepresidentei delle assemblee marina Sereni e Valeria Fedeli) ultimeranno la proposta di tagli e stileranno un calendario di incontri con i sindacati.

(Foto: Roberto Monaldo / LaPresse)

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