Cassazione: l’espulsione della Shalabayeva era illegittima

L’espulsione di Alma Shalabayeva e della figlia Alua in Kazakistan era illegittima. Lo ha stabilito la sesta Sezione Civile della Cassazione accogliendo il ricorso della donna contro il decreto con cui il giudice di pace di Roma aveva convalidato il suo trattenimento presso il Cie di Ponte Galeria, a seguito dell’espulsione. La Shalabayeva ha presentato ricorso anche contro il Ministero dell’Interno, al cui vertice c’era Angelino Alfano.

Il passaporto centrafricano di Alma Shalabayeva (LaPresse)
Il passaporto centrafricano di Alma Shalabayeva (LaPresse)

«MANIFESTA ILLEGITTIMITÀ ORIGINARIA» – Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Abliazov, non doveva essere espulsa dall’Italia e il provvedimento di rimpatrio è viziato da «manifesta illegittimità originaria». La Cassazione ha inoltre annullato senza rinvio la convalida del trattenimento della donna al Cie di Roma (Ponte Galeria) da parte del giudice di Pace di Roma che faceva seguito al provvedimento di espulsione emesso il giorno prima. Shalabayeva, dopo aver passato qualche ora nel Cie, era stata messa su un volo per il Kazakistan insieme alla figlia Alua di soli sei anni.

 

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I RILIEVI DELLA CASSAZIONE – Secondo la Cassazione, ripresa dall’agenzia Ansa, l’irruzione notturna nell’abitazione di Casal Palocco dove risiedeva Alma Shalabayeva, avvenuta nella notte tra il 28 ed il 29 maggio 2013, effettuata dalle forze dell’ordine, era stata fatta per cercare suo marito e non per finalità di prevenzione e repressione dell’immigrazione irregolare. La Suprema Corte ha elencato tale irruzione tra le anomalie che hanno caratterizzato il caso Shalabayeva e l’operato delle forze di polizia. Inoltre, sempre secondo la Cassazione,

La contrazione dei tempi del rimpatrio e lo stato di detenzione e sostanziale isolamento dall’irruzione alla partenza, hanno determinato nella specie un irreparabile vulnus al diritto di richiedere asilo e di esercitare adeguatamente il diritto di difesa

Per quanto riguarda la questione dell’identità, la soluzione secondo la Cassazione era molto semplice. Sarebbe bastato un semplice controllo:

Peraltro il controllo della sussistenza di due titoli validi di soggiorno intestati ad Alma Shalabayeva sarebbe stata operazione non disagevole, attesa la conoscenza preventiva della sua identita’ che ha costituito una delle ragioni determinanti il sospetto (rivelatosi errato) dell’alterazione del passaporto diplomatico in quanto intestato non ad Alma Shalabayeva ma ad Alma Ayan

Per la Cassazione, poi, l’intera vicenda risulta anomala e contraddittoria:

Peraltro, non puo’ non rilevarsi, l’anomalia e la contraddittorieta’ tra le indicate ragioni dell’accompagnamento coattivo (ritenute ostative all’alternativa modalita’ della partenza volontaria) unite alla necessita’ del trattenimento, ed il successivo, quasi immediato reperimento del vettore aereo

 

L’ITALIA HA AVUTO FRETTA? – La Cassazione ha sottolineato che c’e’ stata troppa fretta da parte delle autorità italiane nelle procedure di espulsione e trattenimento di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov. Inoltre non sono state adottate le traduzioni linguistiche affinché la donna potesse chiarire le condizioni del suo soggiorno in Italia. La Suprema Corte ha inoltre rimproverato anche alle autorità, ministero dell’Interno, Prefettura e Questura di Roma, di aver avuto conoscenza dell’effettiva identità della donna e il fatto che era in possesso non solo di un valido passaporto diplomatico centroafricano ma anche di due permessi di soggiorno efficaci rilasciati dal Regno Unito e dalla Lettonia.

LA CONDANNA ED IL RISARCIMENTO – Per questo motivo il Viminale è condannato dalla Cassazione a pagare a favore di Alma Shalabayeva 5.200 euro per le spese relative alla fase di convalida del suo fermo , pari a 1.100 euro, e a quelle per le spese del giudizio innanzi alla stessa Cassazione, pari a 4.100 euro. Non solo. I legali della donna hanno giù fatto sapere che chiederanno allo Stato Italiano un risarcimento per la vicenda:

Gli avvocati di Alma Shalabayeva, il professor Vincenzo Cerulli Irelli e l’avv. Riccardo Olivom stanno valutando le iniziative da assumere al fine di ottenere il dovuto risarcimento per i danni morali e materiali subiti. La Cassazione, supremo organo di giurisdizione in Italia ha accertato definitivamente la grave e manifesta illegittimità del procedimento di espulsione della Shalabayeva, avviato dalle autorita’ italiane in palese difetto dei presupposti di legge e condotto con modalita’ fattuali gravemente lesive della sua libertà personale

 

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