Par Condicio sul web, l’idea che non piace

La legge sulla par condicio va rivista. Le norme risalgono al 2000 ed è necessario ora un intervento del legislatore per adeguarla al dibattito politico di questi ultimi anni. Parola di esperto. Parola del professor Angelo Marcello Candani, presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che nella sua relazione presentata ieri in Parlamento denunciano «evidenti criticità applicative» della legge 28/2000 e l’urgenza di coniugare «l’irrinunciabile esigenza di assicurare un’efficace tutela del pluralismo televisivo» con «l’evoluzione del panorama mediatico e politico».

 

agcom(Foto: LaPresse / Mauro Scrobogna)

 

AGCOM: «LA LEGGE È SUPERATA» – Insomma, i tempi cambiano e – questo spiegano Candani e l’AgCom – la «comunicazione politica» per come la intendiamo finora, quel tipo di comunicazione politica sulla quale erano state pensate e scritte le norme sulla par condicio, rappresenta ora «un veicolo d’informazione oramai superato», come dimostrato dallo «scarso seguito per i programmi nei quali gli spazi sono assegnati ai soggetti politici secondo criteri aritmetici». Al di là delle tribune elettorali e dei duelli televisivi realizzati con tanto di cronometro alla mano, in altre parole l’attenzione dei telespettatori si è, non a caso, mostrata maggiore – continua l’Authority per le Comunicazioni – «per i telegiornali e per i programmi di approfondimento che, prendendo le mosse da fatti di attualità, sono realizzati con format  nuovi che attraggono l’interesse del pubblico per il tipo di confronto proposto».

BOLDRINI: «È NECESSARIA UNA RIFORMA» – Si tratta di una necessità di cambiamento della legge ed di un suo adeguamento alla tv e alla comunicazione di oggi condiviso anche dal presidente della Camera Laura Boldrini, che si augura l’inserimento delle norme sulla par condicio anche nella road map odierna per le riforme. «Le regole che assicurano parità di condizioni tra tutti i soggetti politici – ha spiegato la terza carica dello Stato – meritano di essere considerate un capitolo essenziale del dibattito in corso sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale, e andranno dunque rimodellate sulla base delle scelte che faranno Senato e Camera: per garantire il giusto equilibrio, anche comunicativo, tra maggioranza e minoranze, tra diritti del governo e diritti delle opposizioni». «Dobbiamo evitare – ha inoltre precisato la Boldrini – che la nostra misurazione del pluralismo si concentri soltanto sui pochi grandi soggetti editoriali, della tv e della carta stampata, quelli che più incidono sull’agenda quotidiana della politica e delle istituzioni».

ARTICOLO 21: «IL PROBLEMA È IL CONFLITTO D’INTERESSI» – Uno spunto interessante di riflessione lo offre anche Beppe Giulietti, ex deputato di Ds, Ulivo e Idv ed attuale portavoce dell’associazione Articolo 21, che dalle pagine del Fatto Quotidiano spiega come in realtà le norme sulla par condicio siano state letteralmente polverizzate, e quindi la legge sostanzialmente già abrogata, «da una politica che ha consegnato il pallino al rapporto tra alcuni capi e ‘la gente’, spazzando fuori il pensiero critico e tutte le possibili diversità».  Giulietti ci tiene a precisare che nessuno rimpiangerà «la par condicio che aveva contribuito, e non poco, ad imbrigliare il dibattito e confronto, mettendo a repentaglio perfino le trasmissioni di satira» ma nello stesso tempo sottolinea che la vera questione da affrontare è trovare una soluzione al problema del conflitto d’interessi. «Le Autorità europee non hanno mai richiamato l’Italia per l’esistenza di una legge, per quanto caotica, sulla par condicio, bensì sulla mancata soluzione del conflitto di interesse; questa omissione ci è costata l’attuale pessima classifica in tutte le graduatorie internazionali relative alla libertà dei media».

FORZA ITALIA: «LE NORME SONO ILLIBERALI» – Nel frattempo, Boldrini a parte, la questione è finita anche all’attenzione degli esponenti politici che quotidianamente animano il botta e risposta tra partiti e coalizioni. Dalle parti di Forza Italia (Silvio Berlusconi, si sa, non ha mai digerito le norme in vigore), si sono fatti già vivi ad esempio il senatore Maurizio Gasparri e la deputata Deborah Bergamini. Il primo chiedendo un superamento. La seconda definendo la legge «illiberale».

 

 

 

RADICALI: «L’AGCOM NON HA VIGILATO SULLA RAI» – Qualche altro autorevole commentatore, infine, Massimo Mantellini, considera «insensata» l’idea, che pure è circolata, di estendere la par condicio a Internet. Mentre i Radicali Italiani, attraverso l’ex deputato Marco Beltrandi, fanno sapere che nel corso degli anni a dimostrarsi «inadeguata totalmente » è stata proprio l’AgCom. «Non è stata in grado e non ha voluto – ha detto Beltrandi parlando dell’Authority – che la legge, e i regolamenti della Vigilanza, fossero applicati anzitutto alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo». Il dibattito è aperto. Ancora una volta.

 

 

(Foto copertina da archivio LaPresse. Credit: Fabio Cimaglia)

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