Le grane di Forza Italia: a processo anche Denis Verdini

Non bastavano i problemi giudiziari del leader Silvio Berlusconi, con l’incubo del Rubygate. A San Lorenzo in Lucina, nella sede di Forza Italia, la notizia del rinvio a giudizio per il crac del credito Fiorentino di Denis Verdini, vero regista per il partito azzurro del patto del Nazareno, è arrivata mentre l’ex premier si preparava ad affrontare i dissidenti del partito, contrari alla riforma del Senato. «Sono dispiaciuto, è un amico. Ma noi siamo garantisti. E sulle riforme non cambieremo linea», ha spiegato Altero Matteoli (a sua volta già finito coinvolto nell’inchiesta Mose). Nel cerchio magico ribadiscono che non ci sarà nessuna “garanzia” sulla giustizia, né per Berlusconi né per Verdini: «Non c’entra nulla con le riforme», ha replicato stizzito il capogruppo Paolo Romani. Lo stesso che ha bollato come «poco elegante» la lettera con cui il dissidente dem Massimo Mucchetti aveva “avvertito” Berlusconi: «Per Verdini i processi non sono ancora entrati nel vivo. Sicuro che il Patto non serva più a lui?». Quasi una profezia, considerata la notizia del rinvio a giudizio dell’ex coordinatore del Pdl.

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Denis Verdini, il regista per Forza Italia del patto del Nazareno con Renzi

DENIS VERDINI E IL RINVIO A GIUDIZIO PER IL CRAC DEL CREDITO FIORENTINO –  Già in passato Verdini fu indagato in diverse inchieste: dal G8, al business dell’eolico in Sardegna, senza dimenticare l’autorizzazione data dalla Giunta della Camera alla richiesta dei magistrati di utilizzare le intercettazioni che lo coinvolgevano nel processo P4. Adesso dovrà comparire di fronte a un giudice insieme ad altre 46 persone (compreso un altro deputato di Forza Italia , Massimo Parisi, coordinatore toscano di Forza Italia) per il crac del Credito cooperativo fiorentino, in uno dei filoni dell’inchiesta sulla cricca del G8. La banca che Verdini ha gestito per venti anni, fino alle dimissioni dalla presidenza dopo l’indagine nell’affaire P3. Le accuse dei pm fiorentini sono di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato.

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Stralciata è stata la posizione di Marcello Dell’Utri: per lo storico collaboratore di Berlusconi, già condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, serve una richiesta d’estradizione suppletiva al Libano.

LE ACCUSE A CARICO DI VERDINI – Secondo la tesi dell’accusa la banca è stata utilizzata per dare prestiti “facili” ad amici e parenti, senza che ci fossero le tutele e le garanzie necessarie. Il buco sarebbe di oltre 100 milioni di euro. Circa trenta le distrazioni di denaro contestati, nel biennio 2008-2009. Tra coloro che, per i pm, hanno beneficiato dei finanziamenti facili c’è lo stesso Dell’Utri (per 3,2 milioni di euro), così come la società Ste (quella editrice del “Giornale di Toscana”, che ha come socio di riferimento lo stesso Verdini), la Btp di Riccardo Fusi e Davide Bartolomei (anche loro rinviati a giudizio).

Insieme al Cda della Ste, Verdini deve rispondere anche dell’accusa di aver truffato lo Stato per circa 20 milioni di euro di contributi dell’editoria. Verdini si era già dichiarato innocente quando fu sentito dai magistrati un mese fa: «È stato un supplizio. È impegnativo, vi auguro che non vi capiti mai di stare sotto un pm». Adesso dovrà affrontare il processo, dal 21 aprile del prossimo anno.

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