Rodotà rottama le riforme di Renzi. O almeno gli piacerebbe

Matteo Renzi lo aveva già bollato come un “professorone“, dopo le critiche al suo progetto di riforme (Senato, Titolo V e Italicum) e la pesante denuncia di «svolta autoritaria». Mentre a Palazzo Madama prosegue il dibattito in aula sul disegno di legge Boschi, il giurista Stefano Rodotà è tornato a criticare il combinato disposto del nuovo Senato e della legge elettorale, conseguenza del “patto del Nazareno” siglato dal presidente del Consiglio con Silvio Berlusconi. «Avremo un governo padrone del sistema costituzionale», ha attaccato Rodotà, intervistato da Silvia Truzzi sul Fatto Quotidiano.

 

Stefano Rodotà
Stefano Rodotà – Photocredit: Lapresse

 

RODOTÀ E LE CRITICHE ALLE RIFORME DI RENZI –  Il giurista ha accusato l’esecutivo di essere «andato avanti senza confronti» e di voler delegittimare le voci contrarie: «Una vecchia tecnica. Chi sostiene un’idea di riforma non brutale e semplificata viene apostrofato come gufo o rosicone. Al massimo lo si accusa di voler salvare lo stipendio (in riferimento all’accusa di Renzi ai senatori “dissidenti”, definiti come interessati soltanto a «mantenere le indennità»)». Ma il giurista ha espresso perplessità anche sull’ «adeguatezza della cultura costituzionale» del premier e del suo gruppo dirigente, per «caricarsi il peso di questo cambiamento radicale».

Secondo Rodotà, con la riforma del Senato e l’Italicum si assisterà a «un accentramento di potere nelle mani dell’esecutivo e del premier» e alla «diminuzione, e in qualche caso alla scomparsa, di controllo e contrappesi»:

«La maggioranza viene costruita attraverso una legge maggioritaria e un premio molto alto: quindi nelle sue mani finiscono tutti i diritti fondamentali»

Non basta secondo il giurista nemmeno il cambiamento del meccanismo di elezione del capo dello Stato, con lo slittamento al nono scrutinio dell’abbassamento della soglia di maggioranza: «Basta aspettare, rinviare nel tempo la necessità della maggioranza non qualificata non garantisce proprio nulla».

«LA MAGGIORANZA SI IMPADRONIRÀ DEL SISTEMA COSTITUZIONALE» –  Tra le critiche di Rodotà trova spazio anche il rischio di controllo, da parte della maggioranza che va al governo con l’Italicum, dell’elezione del capo dello Stato e di 10 su 15 giudici della Corte Costituzionale (i 5 eletti dal Parlamento e i 5 nominati dal Colle): «Mi spingo più in là: avremo un premier e un esecutivo che si impadroniscono del sistema costituzionale, senza forme efficaci di controllo».

Rodotà ha bocciato anche la “costituzionalizzazione” del sistema della “ghigliottina”, con la limitazione di emendamenti e ostruzionismo («Un’altra riduzione degli spazi democratici: il voto bloccato altera il processo legislativo»). Così come l’innalzamento del numero di firme necessarie per chiedere un referendum abrogativo (aumentate da 500mila a 800mila) e per presentare un disegno di legge popolare (da 50mila a 250mila). Per poi rifiutare la tesi secondo cui chi si oppone alle riforme di Renzi sia contrario all’innovazione: «Le soglie dell’8 e del 12% chiudono gli spazi a nuove aggregazioni politiche. L’idea è non disturbare il manovratore. Non si vuole che i cittadini intervengano», ha concluso Rodotà.

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