Le cosche scomunicate in rivolta contro Papa Francesco

07/07/2014 di Redazione

Altro che scomunica simbolica. Quindici giorni dopo l’anatema di Papa Francesco ai mafiosi e alla ‘ndrangheta, non sono mancate le reazioni. A partire dalla sfida degli affiliati alle cosche del carcere di Larino, con tanto di sciopero dalla Messa: «Se non possiamo prendere più i sacramenti, alla funzione religiosa non veniamo più», hanno protestato. Un ammutinamento che dimostra gli effetti delle parole del pontefice,  come ha commentato l’arcivescovo di Campobasso Giancarlo Bregantini: «Muovono le coscienze». Ma se c’è una Chiesa che non tollera più alcuna complicità, non manca chi invece continua a piegarsi. Lo dimostra la statua della Madonna fatta inchinare in processione a Oppido Mamertina, in Calabria, di fronte alla casa del boss locale ai domiciliari, Peppe Mazzegatti. Un “omaggio” che il parroco locale, cugino del malavitoso, non soltanto ha cercato di minimizzare (così come fatto dal sindaco). Parlando dal pulpito, ha anche invitato i fedeli a prendere a schiaffi e allontanare il giornalista e le telecamere del Fatto, poco gradite. Il prete ha ordinato, la comunità ha eseguito.

 

 

LA PROTESTA DEI DETENUTI: UNA SFIDA ALLA SCOMUNICA DI FRANCESCO ALLA MAFIA – Due settimane fa le parole di Francesco erano state chiare: «La ‘ndrangheta è l’adorazione del male, è disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. Tutti gli affiliati sono scomunicati», aveva affermato. Come ha spiegato Saviano sul quotidiano “La Repubblica”, un anatema contro chi continua a sostenere la malavita organizzata:

«Non è contro l’uomo che in carcere appartiene all’organizzazione, ma contro l’organizzazione. La scomunica non è all’assassino, all’estorsore, all’affiliato, al sindaco corrotto, al giudice compromesso, al boss, la scomunica è contro chi continua a sostenere l’organizzazione. La scomunica è all’assassinio, all’estorsione, alla tangente, alla corruzione quindi alla prassi mafiosa»

Per questo, il gesto dei duecento detenuto di Larino, secondo lo scrittore e giornalista, è una sorta di “dichiarazione d’obbedienza” al clan, da parte di chi conosce soltanto una fede: quella nelle ‘ndrine e delle cosche. Una ritorsione contro le parole del pontefice, le cui parole si sono rivelate tutt’altro che inefficaci.

Lo sciopero è durato diversi giorni, fino a quando il vescovo di Termoli-Larino, Giancarlo De Luca, non ha accettato di celebrare la cresima di un boss della “Sezione Alta sicurezza tre”, Salvatore Figliuzzi. Poi saltata perché quest’ultimo è stato scarcerato all’improvviso per decorrenza dei termini. La cerimonia è diventata un’occasione di confronto con i detenuti, ha chiarito Repubblica. «La Chiesa non caccia nessuno», ha spiegato il parroco locale. Ma sul veto ai sacramenti, è stato il cardinale De Paolis a replicare: «Chi commette certi crimini si chiama da solo fuori dalla Chiesa. Non può ricevere i sacramenti. Devono convertirsi».

 

Inchino Madonna boss

 

OPPIDO MAMERTINO E L’INCHINO DELLA STATUA DELLA MADONNA AL BOSS – Non tutta la Chiesa sembra però aver recepito le parole di condanna di Francesco. Così l’intreccio tra mafia e religione è riemerso a Oppido Mamertina, con i fedeli in processione che si sono fermati sotto la casa del boss Mazzagatti, ergastolano ai domiciliari per motivi di salute. Il maresciallo locale, Andrea Marino, si è dissociato insieme alla sua stazione (hanno chiarito di essersi allontanati per filmare chi portava la statua e chi ha dato l’ordine dell’ “inchino”), mentre il resto del Paese si è piegato all’ “omaggio” alle ‘ndrine. Istituzioni civili e religiose comprese. Sapevano? Il sindaco ha cercato di minimizzare quanto accaduto: «Ma quale omaggio al capo, la statua fa quel giro ormai da 30 anni. I carabinieri ci sono sempre stati. Mi sembra strano si accorgano soltanto adesso. La vara era rivolta a una parte del Paese», ha replicato sul quotidiano diretto da Ezio Mauro. Per poi aggiungere: «Non mi sono accorto di nulla di strano. Se ci sono stati gesti non consoni siamo i primi a prendere le distanze». Ancora più complice l’atteggiamento del parroco locale, , don Benedetto Rustico, cugino di primo grado del boss della ‘ndrangheta, Peppe Mazzagatti, omaggiato durante la processione. Lo stesso che poi, infastidito dalla presenza dei giornalisti, ha invitato la comunità religiosa ad allontanare il cronista del Fatto quotidiano. «Prendetelo a schiaffi». I fedeli hanno obbedito e il giornalista, aggredito, è stato allontanato. Per i vescovi quanto avvenuto a Oppido Mamertina è un tradimento: «Ora prenderemo provvedimenti drastici» . Ma è anche la dimostrazione di come, nonostante le parole di condanna di Francesco, ci sia ancora un legame che resiste tra Chiesa e cultura mafiosa. Un vincolo da recidere e isolare.

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