Mannarino arrestato per rissa a Ostia. La versione del cantante

Alessandro Mannarino è stato arrestato, lo riporta in esclusiva L’ultima ribattuta in un articolo a firma Paolo Signorelli. Il cantante, stando a quanto riportato dal quotidiano, si trovava con il fratello e gli amici in un locale di Ostia.

MANNARINO E LA LITE – Sarebbe stato uno scambio di battute con gli altri avventori del locale a scatenare la bagarre, dice L’Ultima ribattuta

Un giovane, secondo Mannarino, avrebbe fatto apprezzamenti ad una ragazza che era insieme a loro. Nessuno sembra però che abbia mai visto né sentito frasi “gentili” nei confronti della donna. Gli animi si sono surriscaldati, Mannarino era fuori di sé e avrebbe provato a colpire con un pugno il presunto ammiratore insieme al fratello.

Riporta ancora il Signorelli

Il cantautore italiano è stato arrestato ieri notte ad Ostia, dopo una notte brava e, soprattutto dopo una lite furiosa. Prima con un gruppo di ragazzi, poi con la polizia. “Voi non sapete chi sono io e in che casino vi siete messi, vi faccio smettere di lavorare a tutti”, avrebbe detto Mannarino agli agenti di polizia intervenuti sul posto.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la versione del cantante, che ci è stata inviata dal suo ufficio statmpa.

Stavamo festeggiando il diciottesimo compleanno di mia sorella in un locale a Ostia e, dopo essermi allontanato per qualche minuto dalla festa, per cercare lì vicino un albergo dove far dormire i miei fratelli, mi accorgo – al mio ritorno nel club – che era in corso uno screzio tra mio fratello e degli estranei, non invitati e che oltre ad essersi intrufolati avevano importunato, con proposte oscene, mia sorella. Al mio arrivo erano già intervenute le forze dell’ordine, sedando in prima battuta gli animi e,  mentre parlavo con gli agenti   – quando tutto sembrava ormai essersi risolto –   sento le urla della mia ragazza che implorava, gridando ripetutamente “vi prego fermatevi”. La mia ragazza e mio fratello erano a circa 300metri dal locale quindi mi precipito verso di loro e nel frangente osservo mio fratello cadere rovinosamente in terra colpito dai  pugni sferrati violentemente dal branco che continuava a pestarlo. Vicino a lui c’era la mia ragazza con il viso grondante di sangue e con una profonda ferita all’occhio. Arrivato finalmente da lei, vengo immediatamente afferrato, cinto alle spalle e strattonato via. Io ovviamente reagisco non comprendendo immediatamente che si trattasse dello stesso personale di Polizia con il quale stavo parlando poco prima e che mi aveva seguito, anche loro allarmati dalle urla. Cercando inutilmente di divincolarmi, per soccorrere mio fratello e la mia fidanzata, devo aver consumato involontariamente una resistenza a pubblico ufficiale. Ovviamente questo non era nelle mie intenzioni e tanto meno fa parte del mio carattere. Mio fratello urlava che gli aggressori erano gli stessi del locale e li indicava alle forze dell’ordine mentre questi riuscivano a darsi alla fuga. Solo uno di loro è stato rintracciato e arrestato. Da quel momento non vedo più la mia ragazza e comincio a chiedere di soccorrerla, col timore che -invece- lasciata sul posto, non solo rimanesse priva di assistenza medica ma, peggio, potesse di nuovo diventare oggetto di violenze da parte di quegli aggressori. In quei frangenti ho urlato e fatto di tutto per cercare di raggiungere le due persone a me care. Sono stati attimi dove i miei pensieri erano molto confusi, ero caduto nel terrore, preso dall’ansia e dall’agitazione per le condizioni di salute di mio fratello e della mia fidanzata col viso pesto di sangue. Non mi sono reso conto che dovevo fidarmi dell’operato della Polizia e quindi senza rendermi conto della gravità del mio gesto ho opposto loro resistenza, anche con frasi dettate esclusivamente dall’esagitazione del momento.

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