L’emigrazione della mafia da Sud verso Nord

Clan dei Casalesi che operano nelle regioni del centro e del nord Italia. Criminalità organizzata che dalle terre di origine emigra verso le aree più ricche e meno disagiate del paese alla ricerca di nuovi sbocchi per gli affari sporchi. Ieri un’ondata di arresti scaturita da un’inchiesta della Dda di Napoli ha ancora una volta, l’ennesima, confermato quanto gli interessi di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra rappresentino una piaga sempre più viva e pericolosa anche per economie e società distanti dall’ambientazione di Gomorra e di altre celebri opere cinematografiche o letterarie che hanno raccontato le mafie del Sud. Estorsioni dalle imprese, spaccio droga, complicità di uomini dello Stato con malavitosi o con quella folta zona grigia di fiancheggiatori e conniventi: l’intreccio sembra essere sempre lo stesso, trito e ritrito. In Val Padana come all’ombra del Vesuvio o dell’Etna. Ed è lo stesso che compare nell’ultima relazione semestrale del ministero dell’Interno sull’operato e sui risultati conseguiti dalla Dia, un rapporto presentato in Parlamento lo scorso mese di gennaio e relativo ad inizio 2013 che elenca i principali gruppi malavitosi presenti in ogni fetta del territorio nazionale indicando le loro proiezioni extraregionali.

 

mafia 'ndrangheta camorra 2

 

COSA NOSTRA – Cosa emerge, in particolare, dalla relazione? Il Viminale parlando delle investigazioni della Direzione Investigativa Antimafia evidenzia da parte della criminalità organizzata siciliana, calabrese e campana, interessi estesi in ogni regione del Nord Italia distinguibili soprattutto in due livelli: l’infiltrazione nell’economia legale da una parte e il reinvestimento di proventi illeciti dall’altro. Ed evidenzia, altresì, la capacità di corrompere, in qualche caso, a mezzo di voto di scambio anche politici e amministratori locali. Per quanto riguarda le cosche siciliane, ad esempio, il rapporto del ministero dell’Interno ricorda un’ordinanza di custodia cautelare per spaccio ad un componente di un clan siciliano stabilitosi in Piemonte e i provvedimenti restrittivi eseguiti in Lombardia, nello stesso semestre in esame, nei confronti di un gruppo criminale dedito all’importazione di cocaina dal Sudamerica. Ma nel rapporto del ministero dell’Interno si cita anche il Veneto, dove gli accertamenti svolti in materia antimafia hanno evidenziato che elementi della mafia siciliana potrebbero tentare di riciclare denaro proveniente dai traffici illeciti nel settore delle energia rinnovabili o nel contesto cantieristico navale, attraverso società intestate a prestanomi, anche allo scopo di consentire l’assunzione solo formale di esponenti di Cosa Nostra alle dipendenze delle aziende. L’allarme arriva anche dal Friuli Venezia Giulia, che non è immune da infiltrazione, e dove la Dia sottolinea che il tessuto economico permette alla criminalità organizzata di operare senza destare allarme. In Liguria, intanto, è capitato di scoprire un intreccio societario la cui capofila è riferibile ad un esponente di spicco della mafia siciliana, ritenuto contiguo al superlatitante Matteo Messina Denaro, nell’ambito di un indagine che ha condotto all’arresto titolari o amministratori di società operanti nel settore edile accusati di vari reati societari e turbativa d’asta. Infine, l’Emilia Romagna e la Toscana. Nel primo caso si rileva la presenza di elementi ricondicibili alla criminalità siciliana trasferitisi da tempo nella regione e che operano mantenendo un basso profilo, prevalentemente nel riciclaggio e nel reimpiego di denaro di provenienza illecita, avvalendosi anche di soggetti inseriti nel settore edilizio e delle costruzioni. Nel secondo caso, invece, la mafia siciliana, sebbene in misura minore rispetto alle organizzazioni criminali calabrese e campana, si mostra attiva nel settore delle attività commerciali legate al turismo e all’illecita aggiudicazione di appalti pubblici nel settore edilizio.

‘NDRANGHETA – La ‘ndrangheta risulta invece molto attiva in Piemonte, dove nel primo semestre 2013 è stata fatta luce su un gruppo di malativosi ritenuti responsabili di associazione mafiosa, violazione in materia di armi, estorsione e traffico di stupefacenti, attraverso un’inchiesta che ha condotto ad arresti eseguiti anche in Lombardia, Saredegna, Valle d’Aosta, Liguria ed Emilia Romagna. In Lombardia, intanto, ha spiegato ancora il ministero dell’Interno nel suo rapporto sull’attività della Dia, l’infiltrazione della criminalità organizzata calabrese «continua a manifestarsi attraverso lo sviluppo di strutture organizzative e l’estensione della rete relazionale  con la cosiddetta ‘area grigia’». Come a dire: si cerca il consenso sociale. Non a caso i successi investigativi conseguiti nel triennio tra il 2010 e il 2012 hanno evidenziato, fa sapere ancora il Viminale, che la ‘ndrangheta «nutre un interesse prospettico riguardo all”integrazione’ nel tessuto socio-economico lombardo». In questo contesto vanno certamente ricordate le indagini che hanno sfiorato o coinvolto il mondo della politica. Va ricordato  l’arresto del sindaco del comune di Sedriano, in provincia di Milano, avvenuto nel mese di ottobre 2012 per corruzione per atti contrari al dovere d’ufficio, un reato in ipotesi commesso proprio a favore di un presunto affiliato alla ‘ndrangheta. E va ricordato, altresì, che lo stesso primo cittadino finito in manette viene indicato nell’inchiesta come appartenente alle cosche calabresi Di Grillo e Mancuso. Per quanto riguarda il Veneto, intanto, la Dia rivela che la criminalità calabrese, pur non avendo assunto consistenza paragonabile a quella manifestata in Piemonte e in Lombardia, conferma gli interessi verso il settore dell’edilizia. Le aree di maggior attenzione sarebbero in questo caso l’ovest Veronese e il Vicentino, dove è stata tra l’altro rilevata la presenza di ditte operanti nel settore e riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, in provincia di Crotone, Delianova, nel Reggino, Filadelfia, ancora nel Crotonese, e Africo, in provincia di Reggio Calabria. Importanti procedimenti giudiziari che proverebbero il radicamento della ‘ndrangheta sono poi emersi anche sul territorio della Liguria, mentre in Emilia Romagna l’operatività di elementi riconducibili alla criminalità calabrese verrebbe confermata da un indagine che ha scoperto la presenza di esponenti delle ‘ndrine in provincia di Ravenna, divenuta base operativa e logistica di un’associazione per delinquere, con importanti ramificazioni anche all’estero, dedita alla gestione illecita del gioco online e delle video slot manomesse. In Toscana, intanto, esponenti della ‘ndrangheta sembrano operare mantenendo un basso profilo, utilizzando capitali di provenienza illecita, attraverso la costituzione di attività imprenditoriali edili o di costruzioni generali, con l’obiettivo di acquisire appalti pubblici. Anche in Lazio, infine, la criminalità organizzata calabrese, pur non esprimendo forme particolarmente intrusive di pressione sul territorio, spiega il ministero dell’Interno nella relazione sull’operato della Dia, è impegnata, in particolare nella Capitale, nel reimpiego di denaro sporco attraverso l’infiltrazione nel tessuto economico-produttivo. Va rilevato che questa pratica avviene un po’ su tutto il territorio regionale. Un sistema di riclaggio è infatti emerso attraverso attività commerciali ubicate nel Viterbese.

CAMORRA – Per quanto riguarda le proiezioni extraregionali della camorra, poi, va sottolineato che non sono infrequenti contatti cono omologhe organizzazioni locali o con soggetti emanazione di ‘ndrine calabresi o cosche siciliane. Anche lontano dalle zone di origine, infatti, «viene perseguita con sistematicità l’infiltrazione nella cosa pubblica interrenso rapporti illeciti con amministratori locali». Una delle principali fonti di profitto è rappresentata dal gioco d’azzardo, con i clan camorristici confermano infatti negli ultimi anni, spiega il Viminale, una «spiccata propensione ad utilizzare tecniche complese per controllare sale giochi, scommesse e slot machine». La presenza della criminalità organizzata campana in Lombardia è confermata, nel primo semestre del 2013, da un’indagine che ha riguardato l’operatività del gruppo Gionta di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, ed il clan Mariano dei Quartieri Spagnoli, dediti alla commissione di estorsioni, usura, riciclaggio e rapine. Il gruppo criminale era entrato anche in contatto con un ex assessore del comune di Monza, punto di riferimento dell’organizzazione per i rapporti con la Pubblica Amministrazione. I clan camorristici si mostrano poi molto attivi anche in Emilia Romagna, dove emergono episodi estorsivi ai danni di impenditori locali e gestioni di sale giochi, e reimpiego di capitali sporchi. L’infiltrazione del clan dei Casalesi è emersa, oltre che in Emilia, anche nel tessuto economico della Repubblica di San Marino. Appare intanto in crescita la presenza di esponenti dei clan camorristici in Toscana, con particolare interesse per alcuni lavori per la linea Tav. Nel Lazio, rileva ancora la Dia, la camorra ha da tempo stretto alleanze con le famiglie criminali autoctone. E sequestri ai Casalesi, hanno poi riguardato beni localizzati sia nelle province di Forsinone, Latina e Roma, ma anche in Abruzzo. Nelle Marche, infine, è stata individuata un’associazione dedita alla turbativa delle aste pubbliche. Insomma, quella delle mafie sembra essere più che mai una questione nazionale.

(Fonte foto: archivio LaPresse)

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