Tutti i punti oscuri di Stamina

Associazione a delinquere finalizzata alla truffa, somministrazione di medicinali guasti ed esercizio abusivo della professione medica: sono queste le accuse che la procura di Torino muove alle venti persone indagate alla chiusura dell’indagine su Stamina, il «metodo» ideato da Davide Vannoni basato su infusioni del midollo spinale di una sostanza che, ai pazienti, era stato detto contenere cellule staminali in grado di guarirli dalle malattie neuro-degenerative dalle quali sono affetti. E mentre Vannoni – che figura tra gli indagati insieme al suo vice, il pediatra triestino Mario Andolina – respinge ogni accusa, restano tanti i punti oscuri della vicenda, a partire dalla genesi stessa del metodo Stamina.

metodo Stamina

L’INIZIO DI STAMINA E I RICERCATORI RUSSI – Una storia, quella di Stamina, che comincia dieci anni fa con una paralisi facciale che colpisce Davide Vannoni, titolare di un’agenzia di consulenza e docente di Psicologia all’Università di Udine. In cerca di una cura per l’emiparesi che lo ha colpito, Vannoni arriva fino in Ucraina, all’Università di Kharkov, dove comincia a collaborare con due ricercatori russi che da qualche tempo stavano studiando le cellule mesenchimali, presenti nel midollo osseo e, secondo le teorie dei due ricercatori, in grado di rigenerarsi in cellule nervose. È Vannoni stesso a sottoporsi al trattamento e, nonostante non ci siano prove scientifiche sul fatto che le staminali funzionino e i miglioramenti da lui dichiarati fossero frutto di una semplice auto-valutazione, decide di importare il metodo in Italia. Schegelskaya e Klymenko, i due ricercatori russi dell’università di Kharkov, arrivano a Torino e insieme a Vannoni danno vita alla Re-Gene, una società che sulla carta si occupa di ricerca e sviluppo per la quale Vannoni cerca di ottenere fondi dalla Regione Piemonte. Per fare questo mente sull’iscrizione della società al registro delle Onlus e presenta un progetto definito poi «privo di contenuto scientifico», che sarebbe stato supportato da un comitato scientifico composto da docenti universitari italiani, russi e ucraini che, in realtà, non si sarebbe mai riunito. Questo episodio è al centro del processo che vede attualmente imputato Vannoni per tentata truffa. Mentre i due ricercatori russi, sganciatisi dal progetto, hanno lasciato l’Italia interrompendo ogni collaborazione con Vannoni.

Guarda le foto:

LE MINACCE AI GENITORI – Ma il fascicolo di 71 pagine elaborato dalla Procura di Torino dopo la conclusione delle indagini per il metodo Stamina racconta dettagli ancora più inquietanti, già resi noti dalle cronache degli ultimi mesi ma non per questo meno oscuri: secondo quanto è emerso dall’inchiesta, una volta che il metodo Stamina era entrato in sperimentazione agli Spedali Civili di Brescia, il bacino dei pazienti che si sono sottoposti al trattamento è cresciuto notevolmente, includendo anche bambini affetti da patologie gravissime. E nonostante i genitori pagassero cifre ingentissime per sottoporre i propri figli al trattamento, le critiche alla «cura» non sarebbero state ammesse. È il caso riportato dai genitori di Nicole De Matteis, undici anni, affetta da tetraparesi spastica: hanno accettato che la figlia si sottoponesse alle infusioni per un costo complessivo di cinquantamila euro in cambio della completa guarigione della figlia. Ma quando la piccola si è sentita male, i genitori si sarebbero sentiti rispondere da Vannoni di non dichiarare ai medici del pronto soccorso che Nicole aveva ricevuto le infusioni di staminali. La motivazione? Il rischio, paventato da Vannoni, di un «blocco delle cure».

 

LEGGI ANCHE: Stamina e i «pazienti trattati come cavie»

 

LE INFUSIONI NELLO SCANTINATO DI UN CENTRO BENESSERE – Simile è la vicenda di Carmine Vona, un paziente adulto di Vannoni, che si era sottoposto al trattamento dopo essere stato rassicurato sul pieno recupero. L’infusione, ha raccontato Vona, è avvenuta nello scantinato di un centro benessere a San Marino con «l’infermiera che era la stessa che puliva le stanze». Dopo un’ora il paziente è stato colpito da una crisi epilettica ed è stato salvato solo grazie all’intervento dei sanitari del 118. Dopo essere tornato da Vannoni per chiedere spiegazioni su quanto accaduto, Vona ha raccontato di essere stato costretto a firmare una lettera in cui si diceva che la crisi era una conseguenza della sua malattia, e non una reazione al trattamento, per il quale era stato sollecitato il pagamento di  27.000 euro.  Ma il capitolo minacce non si chiude qui: lo scorso gennaio, infatti, i Nas hanno rivelato come durante l’approvazione del decreto Balduzzi, nella primavera del 2013, sarebbero circolate minacce e messaggi di propaganda volti a scoraggiare chi avrebbe potuto votare contro gli emendamenti finalizzati alla prosecuzione dei trattamenti con metodo Stamina.

UN METODO SENZA PROTOCOLLO – Resta aperta anche la questione delle cartelle cliniche compilate presso Spedali Civili di Brescia: in quei documenti non viene mai descritto in cosa consista il metodo, né cosa contengano realmente le infusioni somministrate anche ai bambini. Sul metodo Stamina, rileveranno gli esperti, non sembra esistere nessun protocollo, nessun dato oggettivo sui miglioramenti ottenuti diverso da quello dell’autovalutazione del paziente o dei familiari. Infusioni che venivano somministrate in quello che i Nas hanno definito «ambienti non adeguati» né dal punto di vista igienico-sanitario né da quello dell’equipaggiamento tecnico. Il metodo Stamina, che continua a dividere l’opinione pubblica nonostante la scienza abbia provato che non si tratti d’altro che di una truffa alle spese dei malati, è diventato un tema caldissimo del dibattito italiano. E mentre molti dei pazienti coinvolti chiedono la verità, l’ideatore del metodo, Davide Vannoni, si avvia verso un nuovo processo.

(Photocredit: Getty Images e LaPresse)

Share this article