L’importanza di chiamarsi manager

Ma cosa fa e a che cosa serve un “manager”, parola di cui ci si riempie la bocca parlando di qualsiasi argomento? Difficile dirlo, in questi tempi confusi fra le nomine controverse del Governo Renzi ai vertici delle aziende di Stato e le dimissioni sacrificali di Domenicali, team manager della Ferrari, sostituito da Mattiacci, a digiuno di corse. Si discute sull’importanza di curriculum e competenze “adeguate” o sulla necessità di essere semplicemente un buon “governatore di uomini”.

the boss

Magari mi sbaglio, ma ho l’impressione che servano entrambe le cose. Una leadership priva di competenze almeno minime finisce per essere in balia di collaboratori di cui non sa verificare capacità e “affidabilità”. Una direzione molto competente riesce a stare sul pezzo, ma non è detto sia in grado di far lavorare al meglio (e “in squadra”) gli altri.

Si, lo so: sono piccoli distillati di banalissimo buonsenso. Che però è molto probabilmente una delle doti più importanti per potersi chiamare manager. Non a caso, è merce rara. Almeno in Italia.

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