Il traffico illecito di virus in Italia

04/04/2014 di Redazione

La procura di Roma formalizza un’indagine nella quale non accusa solo l’industria di pratiche illegali e poco sicura, ma ipotizza l’esistenza di «business delle epidemie».

espresso trafficanti di virus

LE RIVELAZIONI DE L’ESPRESSO – La notizia spunta da un articolo de L’Espresso in edicola domani e anticipato oggi nelle sue linee essenziali. Secondo il settimanale esiste per la Procura un sospetto clamoroso che è qualcosa più di un sospetto:

… c’è un business delle epidemie che segue una cinica strategia commerciale. Amplifica il pericolo di diffusione e i rischi per l’uomo, spingendo le autorità sanitarie ad adottare provvedimenti d’urgenza. Che si trasformano in un affare da centinaia di milioni di euro per le industrie. In un caso, gli inquirenti ipotizzano perfino che la diffusione dell’influenza tra il pollame del Nord Italia sia stata direttamente legata alle attività illecite di alcuni manager. E l’indagine ricostruisce i retroscena sullo sfruttamento dell’allarme per l’aviaria nel nostro Paese, che nel 2005 spinse il governo Berlusconi ad acquistare farmaci per 50 milioni di euro, rimasti inutilizzati.

IL TRAFFICO ILLEGALE DEI VIRUS – Le accuse più solide e provate parlano invece di virus dell’aviaria spediti dall’estero in Italia in plichi anonimi, senza nessuna autorizzazione e violando tutte le norme di sicurezza preposte alla produzione e gestione dei vaccini. L’inchiesta ha origine negli Stati Uniti, dove gli investigatori americani hanno ottenuto le confessioni di Paolo Candoli, manager della filiale italiana di Merial, azienda del gruppo Sanofi, sui ceppi patogeni di aviaria spediti illegalmente a casa sua in Italia e poi venduti ad aziende statunitensi.

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LO SPUNTO DAGLI AMERICANI – Nel 2005 la Homeland Security Usa aveva trasmesso i documenti ai carabinieri del Nas, che già si erano occupati a Bologna di una organizzazione criminale dedita al traffico di virus ed alla produzione clandestina di vaccini, nove anni dopo s’apprende che hanno originato questa inchiesta. Secondo L’Espresso nel registro degli indagati sarebbe stata iscritta anche Ilaria Capua, che secondo Il Mattino di Padova collaborava con Candoli, manager capace di ricavarsi «corsie preferenziali» nei meandri della sanità pubblica, a lungo intercettato dopo che i documenti americani avevano acceso l’attenzione degli inquirenti nei suoi confronti:

Tra i suoi referenti più stretti c’è Ilaria Capua, virologa di fama internazionale, attualmente deputato di Scelta Civica e vice presidente della Commissione Cultura alla Camera. Fino all’elezione alla Camera, era responsabile del Dipartimento di scienze biomediche comparate dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale (Izs) delle Venezie con sede a Padova. Il risultato degli accertamenti del Nas ha portato il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, a ipotizzare reati gravissimi. La Capua e alcuni funzionari dell’Izs sono stati iscritti nel registro degli indagati per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, all’abuso di ufficio e inoltre per il traffico illecito di virus. Stessa contestazione per tre manager della Merial. Anche il marito della Capua, ex manager della Fort Dodge Animal di Aprilia, attiva nella produzione veterinaria, è indagato insieme ad altre 38 persone.

LA SMENTITA – Capua ha smentito ogni responsabilità, ma L’Espresso scrive che le intercettazioni contengono anche pesanti ammissioni da parte di alcuni manager («Abbiamo fatto cose turche») e anche una conversazione registrata nella quale è la stessa virologa a fare un esplicito riferimento ad attività illecite, sostenendo di aver ceduto ceppi virali in favore di un veterinario americano. Da qui l’ipotesi di reato secondo la quale sarebbe stata pagata per fornire agenti patogeni, un’accusa che Capua ha rigettato con decisione: «di non aver mai venduto ceppi virali. Sono dipendente di un ente pubblico e non vendo nulla personalmente».

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