«Vi spiego perché solo l’inflazione salverà l’euro dai debiti di Renzi e Hollande»

Italia e Francia hanno intenzione di fare nuovi debiti. Un’intenzione palesata dai progetti di Matteo Renzi e del nuovo premier francese, Manuel Valls. I nuovi debiti minacciano la tenuta del Fiscal Compact. Se la Bce non farà politiche monetarie per stimolare l’inflazione, l’eurocrisi potrà finire con il taglio del debito secondo Der Spiegel.

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I DEBITI DI RENZI – Secondo un’analisi di Der Spiegel, curata dall’editorialista del Financial Times Wolfgang Münchau, il piano economico di Matteo Renzi dovrebbe suscitare un grande allarme in Germania. Il presidente del Consiglio italiano ha annunciato di voler sfruttare margini di manovra concessi dai trattati sui bilanci europei che in realtà non ha affatto. Renzi calcola risparmi miliardari che sono fittizi, e che non ci saranno, senza contare che in realtà non ha già alcun margine di manovra. Al contrario, rimarca Münchau, il presidente del Consiglio sarebbe obbligato a risparmiare per ridurre deficit e debito. «Nella sostanza vuole fare le stesse cose che fece il governo Schröder. Tagliare in modo pesante l’assistenza sociale fu possibile perchè il governo tedesco rinunciò a manovre restrittive ispirate al rigore. Fare entrambe le cose nello stesso momento, non era politicamente possibile e sarebbe stato economicamente irresponsabile». Il risultato catastrofico delle municipali francesi ha portato Hollande alla nomina di un nuovo governo, che lavorerà ad una revisione del programma dei risparmi.

IL DEBITO DI ITALIA E FRANCIA – Der Spiegel rimarca come in questo momento alla Commissione europea tutte le luci indichino pericolo rosso. Il commentatore del settimanale tedesco in realtà farebbe proprio come Renzi o Hollande, nuovi debiti per stimolare la domanda interna, e riforme strutturali simboliche così che i conservatori e l’establishment possano ancora credere alla loro miracolosa forza. Il vero impedimento è però la Germania, visto che il governo tedesco in questo momento riduce in modo significativo il suo deficit. Gli europei si muovono dunque ancora una volta in direzioni contrapposte. Mentre in Francia si afferma di nuovo la politica del debito, la politica tedesca invece celebra la fine della stessa. Münchau spiega però che la Romania di Ceasescu era senza debito.

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COME FARE DEBITO  –  Chi spiega la liberazione del debito come obiettivo, rinuncia agli investimenti e alla crescita, e risparmia fino a farsi del male. I debiti sono dei lubrificanti del sistema economico capitalista, sottolinea il columnist del Financial Times. «Sono economicamente irrilevanti, fino a quanto sono finanziabili e possono essere ripagati in modo sostenibile. Ci sono quattro fattori che influenzano la capacità di indebitarsi: il peso dei vecchi debiti, il nuovo indebitamento, la crescita reale e l’inflazione. Se inflazione e crescita sono troppo bassi, allora l’incapacità di indebitarsi viene minacciata, se i paesi risparmiano. L’Italia ha un debito pubblico di circa il 135% del Pil in questo momento. Questo dato crescerà ancora, perché in questo momento i debiti crescono più velocemente della ricchezza nazionale».

FISCAL COMPACT E DEBITO ITALIA – Münchau rimarca però che l’Italia, come la Francia, abbiano firmato il Fiscal Compact, un trattato dove è scritto che gli stati europei si impegnano a portare nei prossimi 20 anni il loro debito pubblico al livello del 60% sul Prodotto interno lordo. Il columnist del Financial Times rimarca come per centrare questo obiettivo il nostro paese dovrà avere un avanzo di bilancio, non l’avanzo primario attuale, a partire dal 2016. Oppure l’Italia dovrà crescere in modo così forte da liberarsi dai suoi debiti. Due prospettive altrettanto irrealistiche. Il nostro paese ha un deficit del 3%, e non cresce ormai da 15 anni. Per l’editorialista del Financial Times un’esplosione del debito italiano non può essere esclusa, anche perché l’inflazione non pare poter aiutare il nostro paese. La caduta dei prezzi rende il debito sempre più difficile da sostenere, e per Münchau la Bce ha sbagliato a non introdurre politiche di contrasto alla disinflazione che si registra ormai da molti mesi nell’unione monetaria. Un tasso dello 0,5% è molto lontano dall’obiettivo del 2% fissato nel mandato della Banca centrale europea.

INFLAZIONE O TAGLIO DEBITO – La Bce in questo momento sembra sperare che l’inflazione possa crescere da sola. Anche la banca centrale giapponese, sottolinea l’editorialista del Financial Times, condivideva lo stesso auspico all’inizio del 1991, come nel 1992, e nel 1993, e in tutti gli anni successivi. Solo dopo che ha iniziato un massiccio ciclo di acquisti di obbligazioni, l’inflazione ha ripreso lentamente a salire. « Quello che stiamo vivendo in questo momento è lo shock successivo alla politica contro la crisi imposta da Angela Merkel. Durante la crisi hanno tutti risparmiato fino all’accesso. Ora in diversi paesi manca il fiato dal punto di vista politico per proseguire. Si indebitano nel momento esatto in cui riparte un po’ di crescita. Avrebbero dovuto fare l’esatto opposto. La storia economica ci insegna che la combinazione di debiti statali in crescita e assenza di inflazione finisce prima o poi in un taglio del debito. L’unica cosa, che in questo momento rimane da stabilire, è la sua dimensione finale. Una distruzione dell’eurozona sarebbe l’unica vera alternativa».

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