Cos’è l’autismo e perché gli allarmi sui vaccini sono pericolosi

Nel 2013 a un bambino americano su 68 è stato diagnosticato un «Disturbo dello Spettro Autistico», registrando un aumento del 30% sull’anno precedente. Ci sarebbe da allarmarsi, se non fosse che le cose sono un po’ più sfumate di quanto dicano i dati presentati così, ma questa sfumatura ha bisogno di essere indagata e tradotta per capire che succede e per evitare facili allarmismi.

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L’AUTISMO – L’autismo è una patologia neurologica dalle origini sconosciute, per ora nessuno ha trovato traccia di una modificazione genetica come quella che segnala la sindrome di Rett (che pur essendo catalogata nella stessa famiglia è una malattia degenerativa di provata origine genetica) o di altre alterazioni fisiche comuni tra i soggetti autistici. Un tempo la teoria più in voga riteneva che l’autismo nascesse da un rapporto in qualche maniera errato con la madre, ma poi l’evidenza di una persistenza della malattia attraverso le generazioni nelle stesse famiglie e soprattutto il fatto che affligga sopratutto i maschi, ha portato ad escludere le cause di natura psicologica e spingere la ricerca in direzione opposta.

IL DSM – L’autismo, come molte malattie mentali si diagnostica partendo dai sintomi e usando come riferimento la Bibbia del settore, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder) edito dalla Società Psichiatrica Americana (American Psychiatric Association), sintomi che presi singolarmente non segnalano una patologia, ma che nelle loro diverse combinazioni vanno a costituire il quadro che descrive ogni singola malattia mentale, così come individuata e catalogata dalla psichiatria.

PROBLEMI DI DIFFICILE SOLUZIONE – È qui che cominciano i problemi forieri di conseguenze indesiderate, perché a differenza della medicina la psichiatria finisce per rivelarsi una scienza molto meno esatta e quindi le diagnosi si fanno molto più perigliose e incerte, al punto che il rischio che si corre maggiormente è quello di vederle dilatate a un numero imponente di persone, diversamente sane. La definizione di Disturbo dello Spettro Autistico ricordata all’inizio, riunisce una famiglia di patologie comprese nei «disturbi pervasivi dello sviluppo» e soffre sommamente di questa volatilità. Se l’autismo è una patologia severa e riconoscibile, nel suo «spettro» fiorisce una varietà di descrizioni a definire i Disturbi dello Spettro Autistico (DSA o, in inglese, ASD), che comprende tutta una serie di disturbi più o meno apparenti, con sintomi che si manifestano con livelli di intensità e mix differenti. Manifestazioni meno severe di quelle che portano a identificare l’autismo o anche la sindrome di Asperger, che ne è una versione attenuata e meno invalidante e comporta invece una «persistente compromissione delle interazioni sociali, l’adozione schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività e interessi molto ristretti». A completare la famiglia c’è infatti il «disturbo pervasivo di sviluppo non altrimenti specificato (PDD-NOS)», meno severo e molto più sfumato, fin dalla sua stessa definizione, che si offre così come trappola insidiosa a porre grossi rischi d’identificare malati che non lo sono e alimentare l’inflazione statistica della definizione d’autismo usata a includere tutti i Disturbi dello Spettro Autistico.

 

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UN MECCANISMO PERVERSO – Il problema è simile a quello che si è manifestato con la formalizzazione della diagnosi per l’ADHD, la sindrome «da deficit di attenzione e iperattività», inizialmente intesa a inquadrare condizioni severe e potenzialmente pericolose e poi dilatata fino a comprendere circa il 10% dei bambini americani, basta che siano vivaci, distratti e refrattari ai buoni consigli. Una dilatazione spesso spiegata con la spinta lobbystica dei produttori del farmaco usato per sedare i bambini agitati, ma bisogna anche considerare che con l’espandersi della conoscenza della malattia e dei sintomi associati, aumentano anche i medici in grado di diagnosticarla potendo contare sull’appoggio «scientifico» del DSM, che cataloga le malattie mentali fidando sulla rilevazione statistica dei sintomi associati alle diagnosi.

COSA S’INCEPPA – Senza una particolare attenzione degli psichiatri esiste quindi il rischio di diagnosticare come malate molte più persone di quanto non lo siano, rischio ancora più temibile quando si parla di diagnosi sui bambini e quando alcuni dei sintomi elencati vanno a coprire comportamenti fin troppo tipici e diffusi nell’età evolutiva. Un rischio che produce due ordini di danni, danneggiando i sani come i malati, perché se da un lato è orribile che a bambini solamente vivaci siano prescritti psicofarmaci, come accade con la geometrica espansione delle diagnosi per l’ADHD (che rientra nei «disturbi del comportamento», ha origini genetiche, ma ancora da identificare), dall’altro c’è il fatto che la creazione di un numero di «malati» enorme distrae risorse che invece potrebbero essere dedicate ai bambini che soffrono di queste patologie in maniera più pronunciata e che più hanno bisogno di cure e assistenza. Se nel 2010 solo il 4% del denaro mosso negli Stati Uniti in nome dell’autismo è finito in assistenza agli autistici, è abbastanza chiaro che tutto il processo sia sommamente inefficiente e che a pagare questa inefficienza siano i malati e le loro famiglie. Il confine tra la presunta normalità e la patologia psichiatrica non è mai stato certo e questa incertezza non può e non deve diventare un trampolino per la medicalizzazione dell’età evolutiva o per allarmi continui che spingano i genitori, sempre preoccupati per la prole, a scrutare i figli alla ricerca di sintomi che tali non sono o i sistemi sanitari a sprecare risorse in screening di massa alla ricerca di bambini malati che forse malati non sono.

UN MONDO STRANO – Genitori, medici e insegnanti sono in grado d’identificare le situazioni nelle quali la deviazione del comportamento dalla norma è anomala e chiamare in causa l’intervento della psichiatria, alla quale spetta il compito d’indagare e provare a curare questo genere di patologie, ma nell’esperienza statunitense il processo in qualche modo s’inverte. Così il ricorso a campagne di screening sistematiche si combina con la cultura competitiva di una società che è la più medicalizzata (male) del pianeta e alla fine il risultato è un numero di diagnosi inverosimile, che alimenta allarmi inquietanti e che soprattutto spreca risorse preziose curando i sani e trascurando i malati. Il due aprile è il giorno che il mondo dedicherà all’informazione sull’autismo, aprile è il mese della lotta all’autismo, buona parte del denaro speso o raccolto in nome dell’autismo se ne andrà così, parlando spesso a sproposito d’autismo, chiedendo fondi per la lotta all’autismo e concludendo ben poco in favore dei bambini autistici.

 

 

 

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