Raffaele Cantone: chi è il nuovo presidente dell’Autorità anticorruzione

Una conferma all’unanimità. La commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato con 24 sì la scelta del premier Matteo Renzi di nominare il magistrato Raffaele Cantone come presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione.

raffaele cantone corruzione matteo renzi (21)

CHI È RAFFAELE CANTONE, IL NUOVO PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ ANTICORRUZIONE – Era stato lo stesso presidente del Consiglio ad anticipare la sua nomina all’Anac, lo scorso 9 marzo, durante un’intervista con Fabio Fazio su Rai3, a «Che tempo che fa»: «Cantone è un giudice in prima linea contro la camorra: lo proporrò come riferimento contro la corruzione», spiegò il premier. Poi, si comunicò l’avvio dell’iter parlamentare per l’Autorità sulla corruzione durante il Consiglio dei ministri, con tanto di slide e la candidatura ufficiale di Cantone.

Raffaele Cantone presidente Anticorruzione 3

 

«Siamo convinti di guadagnare almeno 20 punti nelle graduatorie internazionali in merito. È una struttura prevista dal governo Monti, mai attivata», ricordò Renzi, esaltando il magistrato definito come «un profondo conoscitore della criminalità organizzata». Ma non solo. Cantone è noto anche per le sue qualità dal punto di vista dell’analisi della realtà criminale nel nostro Paese, così come per le conoscenze approfondite della dottrina e del diritto. In grado di uscire fuori dalle aule dei Tribunali, per spiegare anche all’opinione pubblica il fenomeno della camorra. Originario di Napoli (classe 1963), Cantone lavorava al momento in Cassazione. Anche se nel novembre 2013 aveva presentato al CSM la richiesta di nomina a procuratore aggiunto presso la Procura del neonato Tribunale Napoli nord, per tornare all’attività inquirente. Già con il governo Letta, nel giugno 2013, era stato stato nominato dall’allora premier tra i componenti della task force per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata. Un riconoscimento per il suo passato di successo nella lotta alla camorra, come pubblico ministero a Napoli. Cantone è stato il simbolo della lotta al clan dei Casalesi  ribattezzati come i “corleonesi di Gomorra” – , riuscendo a far condannare all’ergastolo boss come Francesco Schiavone, detto Sandokan. Nel capoluogo partenopeo restò  per otto anni, insediandosi nel 1999, fino al 2007, quando lasciò alla scadenza del mandato. Il suo prestigio non è in discussione, tanto che l’annuncio di Renzi aveva raccolto consensi unanimi. Ma il rischio è che la sua nomina non possa bastare nella lotta alla piaga della corruzione. Per questo resta una scommessa, anche per lo stesso Cantone. «Bisogna provarci, se ti chiamano a un compito così importante. Provarci, e magari cominciare a cambiare qualcosa», aveva spiegato lo stesso magistrato ai suoi stessi fedelissimi, dopo la scelta di Renzi.

LA CARRIERA DI RAFFAELE CANTONE – Per le sue indagini sui Casalesi era finito nel mirino della camorra, tanto che i carabinieri aveva ricostruito un dossier sul progetto di un attentato contro di lui, studiato dal clan Zagaria. Adesso Cantone cercherà di trasportare la sua esperienza fino a Roma, cercando di tradurre le sue indagini nell’azione dell’Autorità anti-corruzione. Già consulente della commissione Antimafia, Cantone, così come il procuratore nazionale Franco Roberti, da tempo è convinto che la lotta alla criminalità debba passare per quella alla corruzione. Come aveva ricordato la Stampa,in passato il suo nome era stato corteggiato dalla politica. Prima come possibile sindaco di Napoli, incalzato dal centrosinistra. Una candidatura che Cantone declinò spiegando come non fossa adatta per lui. Poi, in occasione delle ultime elezioni politiche del febbraio 2013, il nome di Cantone era circolato anche come possibile capolista del Pd a Napoli. Nulla da fare. Ma non solo. Insieme a Nicola Gratteri, era stato anche nella lista dei papabili come possibile Guardasigilli del governo Renzi (incarico poi finito al democratico Andrea Orlando, ndr). Alla fine la sua carriera non era uscita fuori dai confini della magistratura. Fino alla nomina a capo dell’Anac.

BASTERÀ CONTRO LA CORRUZIONE? – Appurato il consenso unanime sul nome di Cantone, restano dubbi però sull’efficacia dell’Autorità anticorruzione. Già diversi quotidiano hanno ricordato come le esperienze del passato lasciano diverse perplessità. Fu nel 2003, con la legge n. 3, che venne istituito l’«Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione», con al governo Silvio Berlusconi. Il magistrato Gianfranco Tatozzi, primo capo, lasciò l’incarico dopo due anni denunciando una non meglio specificata «scarsa sensibilità» verso la lotta alla corruzione. Poi fu la volta dei superprefetti, da Bruno Ferrante ad Achille Serra, fino a Vincenzo Grimaldi. Nel 2008, la soppressione da parte di Giulio Tremonti per ragioni economiche: per l’ex ministro dell’Economia «costava troppo». La struttura fu rilanciata con Monti, ma non entrò in funzione. E non sono mancate le polemiche sui membri e sui fondi a disposizione. Lo stesso Don Ciotti, apprezzando la scelta di nominare Raffaele Cantone, ha spiegato in un’intervista al Manifesto:

«Cantone è una persona brava, generosa e soprattutto competente. Quindi benvenga. Ma una nomina non basta, il problema è più vasto. Le mafie hanno ripreso alla grande e con nuove modalità, hanno nuove strategie, usano nuove tecnologie. Sono tornate a essere forti e in un momento di grande crisi economica e finanziaria loro hanno liquidità e investono. Lo Stato, gli apparati istituzionali hanno fatto delle cose importanti in questo anni, ma non sono sufficienti. Bisogna mettere in grado magistratura e polizia di agire meglio, con più strumenti, uomini e mezzi. Forse servono meno leggi e più legge. Bisogna rivedere i reati che nell’82 vennero definiti di mafia, perché nel frattempo le cose sono cambiate. Allora non si parlava di ecomafie o di traffico di stupefacenti con la forza con cui ne parliamo oggi, non si parlava della tratta di esseri umani, né del gioco d’azzardo. Quindi serve una lettura molto più ampia rispetto ai reati e agli interventi che devono essere portati avanti.

Affinché Raffaele Cantone riesca ad aiutare il Paese nella lotta contro la corruzione, molto dipenderà anche dagli strumenti che lo Stato gli metterà a disposizione.

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