II grande ritorno dell’automobile a idrogeno

Chi si ricorda delle automobili ad idrogeno. Circa 10 anni fa queste vetture venivano presentate come il futuro del trasporto a motore grazie ad una migliore efficienza in termini sia di consumo sia di costo operativo. Inoltre tale carburante avrebbe sostituito in pochi anni i combustibili fossili migliorando sensibilmente la qualità dell’ambiente. Nonostante i proclami però i progetti rimasero sulla carta o sotto forma di prototipi e poco alla volta ci si dimenticò di quella euforia che investì l’Italia, e non solo. Ma oggi, a 12 anni dai primi proclami, l’auto ad idrogeno appare improvvisamente più vicina che mai. Anche se sono ancora tantissimi i nodi da sciogliere che rischiano di affossare nuovamente qualsiasi progetto.

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L’ANNUNCIO DEL 2002 – Il tre febbraio 2002, come ricordato dal Corriere della Sera, l’allora sindaco di Milano Gabriele Albertini, insieme con il fu presidente della Regione Roberto Formigoni, presentarono alla stampa una Bmw 750hl alimentata ad idrogeno aspirando il gas di scarico che in realtà era vapore acqueo. Il piano prevedeva la consegna da parte della casa bavarese di tre vetture all’idrogeno entro il 2005. L’allora presidente di Bmw Italia, Fausto Gardoni, immaginò che tra il 2007 ed il 2020 saremmo arrivati ad avere il 15 per cento del parco auto circolante ad idrogeno. All’epoca però l’ex presidente della Regione sancì il varo di «Auto nuova 2005», una task force di ricercatori e industriali incaricata di mettere a punto, nel tempo più breve possibile, quella che dovrà essere «l’ auto ideale» per la Lombardia.

L’IMPEGNO DI FIAT – E l’auto ad idrogeno rappresentava all’epoca una soluzione concreta. Facevano parte del gruppo il premio Nobel Carlo Rubbia, l’allora rettore del Politecnico Adriano De Maio, rappresentanti delle case automobilistiche ed un esponente della direzione ricerca industriale dell’Ue. L’obiettivo? Proporre un piano d’azione lombardo per il trasporto pubblico con scadenza 2002. L’anno dopo la strana coppia Formigoni ed Albertini ospitò a Milano la presentazione di due prototipi targati Fiat ed alimentati ad idrogeno, una Panda ed una Seicento. Ed allora, come ricorda ancora il Corriere della Sera, Formigoni disse che la Lombardia avrebbe rappresentato il terreno di prova dei prototipi. E la cosa avvenne realmente, come confermato dalla Gazzetta di Mantova.

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IL DISTRIBUTORE DI MANTOVA – Nel settembre 2007, quindi quattro anni dopo la presentazione delle auto a metano di Fiat, venne aperto a Mantova, in via Francesco Vaini, un distributore multienergy di Eni che doveva fornirei nei piani l’idrogeno per le vetture. Peraltro il piano prevedeva la realizzazione d’idrogeno per autocombustione sul posto, terzo caso in Europa dopo Francoforte e secondo in Italia dopo Livorno. Regione Lombardia aveva dato in uso al comune di Mantova tre Panda ad idrogeno per verificarne la fattibilità mentre l’impianto rappresentava il fulcro del progetto Zero Regio, programma dell’Unione Europea che vedeva la partecipazione di Eni, Sapio, Fiat e Mercedes.

LA FINE DEL PROGETTO BMW – Il progetto si concluse nel maggio 2010 ma la stazione rimase attiva fino ad ottobre 2012. Finita la sperimentazione Eni e Sapio hanno portato la produzione dell’idrogeno in un loro stabilimento e le auto sono andare in Trentino in un centro di ricerca. Bmw, che aveva fatto sbarcare l’idrogeno in Italia nel 2002, anche se le vetture iniziarono a circolare nel 2006, ha sospeso il progetto Hydrogen 7 nel 2009. La casa di Monaco di Baviera ha spiegato, come riporta La Stampa, che non sarebbe stato creato un modello successore dopo le circa 100 vetture prodotte con motore a combustione d’idrogeno. Del resto la filosofia scelta in Bmw proponeva più svantaggi che vantaggi.

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LE CARATTERISTICHE DI HYDROGEN 7 – L’idrogeno veniva combusto nella camera d’aspirazione del motore come avviene normalmente con la benzina. Questo però portava ad un consumo di 50 litri per 100 chilometri ed un’autonomia di 200 chilometri per 110 litri di liquido conservato a -253 gradi. Inoltre, la produzione d’idrogeno sotto forma liquida richiede una grande quantità di energia e questo rischia di mettere il pericolo l’eco-compatibilità della vettura. Il serbatoio era studiato in modo tale da proteggere il liquido dal rischio evaporazione ma nonostante questo dopo 17 ore di inutilizzo il gas veniva espulso automaticamente, con il risultato che il serbatoio dopo 12 giorni veniva svuotato del tutto. Infine è opportuno ricordare che al momento della sperimentazione erano sei le stazioni di rifornimento compatibili in tutto il mondo. 

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