F-35, il taglio degli aerei troppo costosi per l’Italia?

IL ministro della Difesa Roberta Pinotti lo anticipa a Sky Tg 24: anche il programma di acquisto sugli F-35 andrà rivisto nell’ottica della spending review. E subito si scatenano le polemiche sugli aerei della Lockheed Martin, americana (una linea di assemblaggio è  anche in Italia, a Cameri, Novara). Nel 2009 il nostro Paese decide per l’acquisto di 131 velivoli entro il 2026. Nel 2012, con Di Paola alla Difesa, gli ordini italiani dei caccia sono ridotti da 131 a 90. Nel 2013, con Mauro ministro, è ancora polemica: M5S e Sel chiedono lo stop al programma, che però ottiene il via libera dell’Aula. Adesso la sorpresa:

f 35 taglio spese militariF-35, IL TAGLIO AGLI AEREI TROPPO COSTOSI? – «La domanda che dobbiamo porci è: ‘Ci serve l’aeronautica?’», dice la Pinotti da Maria Latella. Spiega Virginia Piccolillo sul Corriere:

La razionalizzazione, comunque, colpirà anche i cacciabombardieri della Lockheed Martin. Un piano da 14,3 miliardi di euro in 15 anni per i 90 caccia: 60 a decollo convenzionale (costo medio 74 milioni di euro l’uno) e 30 a decollo verticale (88 milioni l’uno), parte dei quali (una ventina) da impiegare sulla portaerei Cavour. Ripensarci su si può.

E nella prossima settimana dovrebbe essere votata la relazione di Gian Piero Scanu, capogruppo pd in commissione Difesa alla Camera, che, si legge nella bozza, prevede «un significativo ridimensionamento degli schemi di accordo con la Lockheed Martin sul programma F35»:

Giacché risultano «confermati i molti dubbi al di là delle gravissime riserve tecniche e operative che fonti specialistiche ufficiali statunitensi continuano ad evidenziare, anche per le versioni a decollo breve». Tra i dubbi: l’accordo non garantisce ritorni industriali o occupazionali significativi, le stime del costo sono troppo variabili, finora non c’è stato nessun negoziato serio per ridurne il prezzo. E l’embargo sull’accesso ai dati sulla tecnologia sensibile determina una dipendenza operativa da istanze politico-industriali statunitensi.

LA PERDITA DI PESO INTERNAZIONALE – Intanto però i militari si arrabbiano:

E Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa, con accento polemico fa notare che l’Aeronautica «ci serve». Serve perché «negli ultimi scenari internazionali in cui siamo stati coprotagonisti abbiamo visto come il potere aereo è un elemento assolutamente indispensabile per gestire qualsiasi tipo di crisi. I bombardamenti in Serbia e in Kosovo hanno portato alla caduta di Milosevic; i bombardamenti in Libia hanno portato alla caduta di Gheddafi».

Tuttavia è probabile che tagli ci saranno:

«Bisogna considerare — continua l’alto ufficiale dell’Aeronautica — che se prendiamo un numero di aerei inferiore, dobbiamo anche rinunciare a una parte del ritorno economico». Questo perché la Lockheed Martin affida la costruzione delle ali del velivolo ai tecnici che operano nella base di Cameri in provincia di Novara. Più cacciabombardieri l’Italia acquista e più commesse riceve di partecipare al progetto realizzando parti meccaniche. Quando si era deciso di comprare 131 velivoli, la Lockheed Martin prevedeva di far costruire in Italia 1.200 ali. Sceso a 90 il totale degli F35 prenotati, la società americana ha ridotto a 835 ali il contributo chiesto all’Italia.

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