Quanto è critico lo stato di salute di Michael Schumacher

Dalll’incidente sugli sci avvenuto il 29 dicembre 2013 Michael Schumacher si trova in coma artificiale. Due settimane e mezzo fa i medici della clinica universitaria di Grenoble hanno cominciato a svegliarlo. Ora però nuove preoccupazione emergono per lo stato di salute del campione, infatti, come ha riferito Bild, la settimana scorsa Schumi potrebbe aver contratto un’infezione polmonare.

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I RISCHI – Il professor Heinz Peter Moecke dell’Asklepios Kliniken di Amburgo spiega perchè l’infezione polmonare è così pericolosa: «In generale la polmonite è una malattia grave e pericolosa perchè fa in modo che al corpo, che già si suo è molto debole,  arrivi meno ossigeno». Nei pazienti che si trovano in terapia intensiva le difese sono indebolite e quindi il mafunzionamento di un organo può andare a influire anche su quello degli altri, cosa che nel peggiore dei casi può portare alla morte. Moecke spiega come può essere nata l’infezione ai polmoni di Schumi: «Un motivo potrebbero essere le secrezioni che si formano nella gola del paziente, visto che nella sua trachea vi è un tubo. Una persona sana tossisce o inghiotte diverse volte al minuto, di solito senza accorgersene. Questo è un meccanismo di protezione per i polmoni».

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LE CURE – I medici dovrebbero aver trattato Schumacher con antibiotici forti e non è ancora chiaro se il risveglio sia stato interrotto o meno a causa dell’infezione, la manager dell’ex campione di formula 1 Sabine Kehm non ha voluto commentare la notizia. I medici potrebbero aver scoperto l’infezione grazie ad una radiografia o per la febbre alta. In questi casi le secrezioni vengono rimosse dai polmoni, dopodichè il medico, in base ai batteri riscontrati, decide che tipo di antobiotico usare. Moecke ha detto che solitamente il farmaco viene somministrato in un periodo di tempo che va dai «7 ai 10 giorni. Se dopo 3-4 giorni viene riscontrato un netto miglioramento il paziente può essere cosiderato fuori pericolo. Vi sono però dei batteri molto resistenti agli antibiotici che estendono il periodo in cui il paziente è ancora a rischio».

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