Angelo Tofalo e la strana storia dei grillini che «non pagano i contributi»

Una ditta a suo nome, un’azienda di tipo A1 che prevede «una sola posizione, senza unità operative, non autorizzata all’accentramento contributivo», finalizzata alla«attività dei partiti». Così il deputato grillino Angelo Tofalo, già passato agli onori della cronaca nei giorni scorsi per la faccenda del «Boia chi molla», sarebbe riuscito a non pagare i contributi Inps dei suoi due collaboratori, assunti a tempo indeterminato con contratto part-time, in modo da poter godere delle agevolazioni previste dalla legge 407/1990 che esenta dal pagamento dei contributi previdenziali. L’inghippo è stato scoperto e documentato dal quotidiano partenopeo Il Mattino, che fa anche i nomi degli altri parlamentari a Cinque Stelle che avrebbero scelto questa soluzione. Tofalo, quindi, non sarebbe l’unico.

Angelo Tofalo (Facebook)
Angelo Tofalo (Facebook)

I PARLAMENTARI A CINQUE STELLE E IL TRUCCO DELLA DITTA INDIVIDUALE – L’escamotage, spiegava questa mattina Fulvio Scarlata in un dettagliato articolo per Il Mattino, avrebbe permesso quindi ai deputati di creare una società a proprio nome – nel caso di Tofalo con sede a Pellezzano, nel salernitano – e di assumere i propri collaboratori senza versare i contributi previdenziali all’Inps, sfruttando da una parte i benefici della legge 407 (che prevede agevolazioni per i disoccupati da più di 24 mesi residenti nelle regioni di Mezzogiorno), e dall’altra una falla nella regolamentazione delle figure dei collaboratori dei parlamentari. A usare questo sistema, che secondo gli esperti, si gioca sul filo del «tentativo di elusione fiscale» sono anche i deputati a Cinque Stelle Vega Colonnese e Luigi Gallo, il senatore Vito Crimi, Giorgio Sorial (quello di «Napolitano Boia») e Nicola Morra: tutti avrebbero aperto una ditta individuale, assumendo i propri collaboratori con regolare contratto a tempo determinato o addirittura a tempo indeterminato, nonostante i Cinque Stelle possano rimanere in Parlamento soltanto per due mandati.

Guarda le foto:

I NUMERI DELLE RENDICONTAZIONI – Ci sono poi i casi più complicati, come quelli di Roberto Fico, Palo Nugnes, Luigi Di Maio e Salvatore Micillo, che rendicontano pubblicamente spese per i propri collaboratori senza che all’Inps risultino i relativi contributi:

È il caso di Roberto Fico: il presidente della commissione di vigilanza Rai segnala 700 euro di spese per collaboratori a settembre,744 euro a ottobre con 1286 euro per consulenze ma con versamenti, tramite modello F24, di contributi minimi, appena 132 e 208 euro a dicembre. Salvatore Micillo rendiconta 2674 euro per collaboratori da luglio a ottobre, ma la sua posizione fiscale/Inps segna zero versamenti tramite modelli f24. Paola Nugnes indica, da giugno a ottobre scorsi, spese per collaboratori per 3200-3600 euro per complessivi 418 euro di contributi versaticome «sostegno regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile». Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, ammette di essere ricorso,da giugno a ottobre, a vari consulenti per spese variabili dai 400 ai 1200 euro, ma sempre nessun contributo versato.

E spunta anche il nome di Roberta Lombardi, usata come termine di paragone per prendere le misure sulla faccenda dei contributi:

Roberta Lombardi ha rendicontato consulenze per 9420 euro a luglio e da agosto collaboratori che costano 1000-2500 euro al mese, ma come contributi Inps risultano solo quelli relativi all’Irpef, intutto370euro.Per fare un paragone, basta citare il deputato sempre dei Cinquestelle Sergio Puglia che nel suo rendiconto agli elettori
di ottobre indica spese per 1420 euro per collaboratori e 6623 euro per consulenti e a novembre ha normalmente versato 292 euro per i primi e 1523 euro per i secondi.

 

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LA REPPLICA DI DI MAIO E GLI «SCHIZZI» DI TOFALO – Di Maio e Tofalo, sentendosi chiamati in causa, hanno reagito. Il primo, vice della Boldrini, ha risposto a mezzo stampa dicendosi «indignato» per quanto letto stamattina su Il Mattino di Napoli e, in una nota fa sapere di voler «precisare che non ha mai creato ditte a suo nome, non ha mai usufruito di sgravi contributivi per il Sud Italia né ha mai utilizzato scorciatoie per non pagare contributi. Le consulenze rendicontate riguardano professionisti, che emettono regolare fattura e versano i propri contributi alle relative casse previdenziali di appartenenza. È per questa ragione che il Vice Presidente Di Maio non è tenuto a versare direttamente i contributi a tali soggetti. Per la sua attività istituzionale, tiene inoltre a precisare, si avvale dello staff della Vice Presidenza della Camera, il cui sostituto di imposta è la Camera stessa. Il Vice Presidente – conclude la nota – Si rammarica di essere stato citato da un giornale così  autorevole come Il Mattino di Napoli, senza che ci fosse alcuna notizia rilevante su di lui». Angelo Tofalo, invece, affida la propria replica a un lunghissimo post su Facebook, corredato da una foto eloquente che riprende il refrain della macchina del fango e degli «schizzi di m…»:

movimento 5 stelle contributi collaboratori (9)
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TOFALO: «MACCHINA DEL FANGO» – Nel post (che si può leggere nella sua interezza sulla sua pagina Facebook) Tofalo nega di avere alcuna ditta «anche individuale», e di aver regolarmente assunto due collaboratori per poi puntanre il dito contro il giornalista del Mattino che non avrebbe sottolineato i «milioni di euro che i parlamentari 5 stelle hanno restituito agli italiani decurtandosi lo stipendio base, restituendo inoltre la metà delle indennità dovute, la parte eccedente non rendicontata delle spese di esercizio del mandato, della diaria e delle spese telefoniche» e specificando che proprio il MoVimento 5 Stelle ha pubblicato sul sito della Camera «un ordine del giorno specifico per obbligare il governo a regolamentare i contratti di una categoria che ha sempre vissuto nell’ombra, come già avviene in Europa». «Bastava fare una semplice ricerca – conclude Tofalo – ma probabilmente l’articolista era troppo impegnato a dar credito a chi ha paura del cambiamento».

LA SMENTITA DI VEGA COLONNESE – La collega Vega Colonnese, sempre su Facebook, smentisce così:

Rispetto alle false notizie riportate oggi da il Mattino:
In un articolo a firma di Fulvio Scarlata, apparso oggi su “Il Mattino”, cartaceo e on line, emerge che io sarei colpevole di utilizzare escamotage” per i pagamenti dei contributi INPS relativi ai miei collaboratori e consulenti. In pratica, secondo quanto scritto, la mia sarebbe un’azione volta all’elusione fiscale.
Di fronte a questo attacco scomposto e strumentale voglio rispondere con i dati e la trasparenza:

Non ho una ditta individuale, in quanto non ho partita iva e non svolgo attività d’impresa e non sono socia di nessuna società.

Con la mia collaboratrice ho instaurato un contratto di lavoro subordinato e non una collaborazione coordinata continuativa.

Non godo di agevolazioni contributive e non ho agevolazioni fiscali dal momento che le mie spese sono quelle comprese nell’esercizio di mandato. Ovvero, non sono io a pagarle. E’ quindi semplicemente falsa la supposizione che io le porti in deduzione.
Lo stipendio destinato alla mia collaboratrice non ha influenza sul mio reddito dal momento che si tratta di soldi che il parlamentare “gestisce” ma che appartengono alla Camera (stipendio, contributi e tfr li rendicontiamo ogni 4 mesi alla Camera, infatti).

Spero che intanto questa mia spiegazione sia suffciente. Qui non ho, né abbiamo, nulla da nascondere. I furbetti andateli a cercare altrove: tra i soliti noti. #vinciamonoi #m5s

I COMMENTI – I commenti dell’opinione pubblica però, non sono particolarmente teneri:

 

 

Al contrario, sulle pagine Facebook dei due deputati, è un fiorire di inviti  querelare Il Mattino e ad abolire i finanziamenti all’editoria:

(Photocredit copertina: LaPresse)

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