La stampante ti spia…

21/06/2011 di John B

Nella rete si diffonde un nuovo allarme: le stampanti spione

Da qualche tempo nei forum e nei blog, ma anche nei siti dedicati alla tecnologia e all’informatica, si diffondono voci allarmate e allarmanti sulla possibilità, da parte dei dispositivi di stampa e relativi strumenti accessori che utilizziamo quotidianamente assieme ai computer, di spiare, copiare, archiviare le nostre comunicazioni e i nostri documenti per renderli disponibili – a nostra insaputa – di organi di polizia e servizi segreti (primo fra tutti, manco a dirlo, la CIA). I principali strumenti sospettati di spiare le nostre attività sono le stampanti, gli scanner, i fax e le fotocopiatrici. Cosa c’è di vero in queste voci? Si tratta di leggende metropolitane, paranoie complottiste o preoccupazioni fondate?

ATTENZIONE – La prima considerazione da fare è che l’allarme è stato lanciato, e la questione dibattuta, anche da qualificati esperti del settore e attendibili siti specializzati, per cui possiamo subito escludere che si tratti di leggende metropolitane. Il problema, quindi, merita di essere esaminato con attenzione, partendo però da una premessa importante: la realtà concreta in cui operiamo ogni volta che utilizziamo le moderne tecnologie di comunicazione e di lavoro. Infatti, ci piaccia o no, il concetto di “privacy” è profondamente cambiato nel corso degli ultimi decenni e la nostra vita personale è sottoposta costantemente a innumerevoli controlli e osservazioni che molto spesso – consapevolmente o inconsapevolmente – accettiamo senza curarcene troppo o senza curarcene affatto. Facciamo qualche esempio. Ogni volta che utilizziamo un computer, tutto è memorizzato, archiviato, spesso trasmesso. I gestori dei siti Web che visitiamo conoscono il nostro IP, la nostra posizione, il sistema operativo che utilizziamo, la pagina di provenienza e quella di destinazione, e tantissimi altri dettagli che la gente comune non immagina. Le nostre mail viaggiano su server che spesso ne conservano copia per anni, gran parte dei programmi che utilizziamo comunica con le case produttrici fornendo informazioni sul modo in cui li adoperiamo e scambiando dati relativi alla versione del software e alla presenza di aggiornamenti.

MEMENTO – E che dire dei famigerati “cookies” che conservano traccia delle pagine che visitiamo, delle nostre identità, delle nostre preferenze?
Ma non è solo questione di computer e internet. Quando prenotiamo un biglietto aereo o un albergo, o paghiamo con il bancomat o la carta di credito, o percorriamo tratti stradali controllati da sistemi di telecamere: tutto è memorizzato, tracciato, conservato, comunicato a fini commerciali e statistici. E ancora: telefonate, radio-localizzazione con il telefonino, sistemi GPS antifurto, SMS: i log delle nostre comunicazioni e delle nostre posizioni è aggiornato in tempo reale e conservato per anni. Lo stesso dicasi per le operazioni che facciamo in banca, per gli assegni che emettiamo, per i finanziamenti che chiediamo, per i dati fiscali. Perfino la televisione collegata alla linea telefonica o ADSL diventa uno strumento per monitorare le nostre abitudini e le nostre preferenze. Ogni giorno, o quasi, firmiamo ormai meccanicamente moduli cartacei o elettronici con i quali di fatto autorizziamo il trattamento dei nostri dati personali (anche perché non potremmo utilizzare i relativi servizi senza fornire tale autorizzazione). Il nostro portafogli è pieno di card e tessere di ogni tipo: card fedeltà, tessere soci, tessere punti carburanti e tanti altri colorati rettangolini plastificati grazie ai quali otteniamo sconti e premi in cambio di preziose informazioni sulla nostra vita da consumatore. Chi siamo? Quanto guadagniamo? Quando e quanto spendiamo? Cosa compriamo? Inutile illudersi: se avete le emorroidi e comprate una pomata per curarle, probabilmente questa informazione sarà disponibile a tutto il mondo, o quasi. Questa lunga premessa serve per dare il giusto senso alla domanda: di cosa ci scandalizziamo? Cosa c’è di nuovo nello scoprire l’ennesimo sistema con cui qualcuno raccoglie dati sulle nostre attività e sulla nostra vita personale? Da tempo abbiamo svenduto la nostra privacy per beneficiare della molteplicità di servizi e comodità tecnologiche che il mercato ci offre. Siamo perfino compiaciuti quando riceviamo una letterina o un sms di auguri per il nostro compleanno da parte del negozio X o dell’albergo Y: come sono carini, si ricordano di me! E veniamo alle nostre stampanti. Le prime notizie risalgono al 2004, quando la prestigiosa rivista PCWorld pubblicò un articolo in cui svelava che molti produttori di stampanti laser avevano equipaggiato le proprie macchine con un sistema che imprimeva, su ogni pagina e in modo praticamente invisibile all’occhio umano, una serie di “puntini gialli” che di fatto descrivevano data e ora della stampa, modello e numero seriale della stampante.

CODICI – Grazie a questo codice nascosto, era facile stabilire se due fogli fossero stati stampati dalla stessa macchina ed era anche possibile identificare chi li avesse stampati, conoscendo l’acquirente di quella stampante. La richiesta di inserire questo codice sarebbe stata fatta dal Servizio Segreto degli Stati Uniti, che di fatto ha confermato il suo interesse alla presenza del codice. Questa circostanza ha fatto nascere la leggenda che i servizi segreti americani (e in particolare la CIA) ci spiano attraverso le stampanti [http://www.uniformamente.altervista.org/?tag=stampanti-spia]. In realtà l’US Secret Service, l’ente interessato a tracciare le stampe, non è un “servizio segreto” vero e proprio, nel senso che non appartiene alla tipologia di servizi segreti che conosciamo solitamente. Questo ente, infatti, ha due competenze precise e esclusive: la lotta contro la contraffazione e falsificazione dei titoli monetari (e in particolare dei dollari) e la protezione della Casa Bianca e del Presidente degli Stati Uniti (sono la sua scorta). Le stampanti laser a colori di buona qualità possono essere utilizzate per produrre e contraffare banconote, titoli di stato e altri documenti. La presenza del codice nascosto, quindi, consentiva (e consente) di distinguere e riconoscere una copia contraffatta ed eventualmente individuare l’autore della contraffazione.

Non si è trattata, quindi, di un’iniziativa finalizzata a spiare i cittadini ma a tutelarli dalle contraffazioni. Difatti non è successo solo in USA ma anche in altre nazioni, come l’Olanda, e ha riguardato solo le stampanti laser a colori e le fotocopiatrici laser a colori. Stampanti e fotocopiatori laser in bianco a nero o a getto d’inchiostro, nonché i fax, non sono interessati dalla vicenda. Oltre al codice segreto, però, c’è un altro aspetto che ha destato l’allarme della rete: stampanti, fotocopiatrici e fax memorizzerebbero tutti i documenti che affidiamo loro, per poi trasmetterli al “Grande Fratello” che ci spia. In realtà il problema riguarda solo alcune tipologie di macchine, in particolare i fotocopiatori (che spesso hanno anche funzione di scanner e fax) che talvolta sono dotati di un hard disk o altra memoria di massa interna. Queste memorie servono come “buffer” e conservano copia dei documenti stampati (o quanto meno di quelli più recenti). Non trasmettono dati a nessuno ma le copie in memoria potrebbero essere visualizzate da chi entrasse in possesso della macchina (pensiamo al caso di una riparazione o alla restituzione al venditore). I modelli recenti dispongono di una funzione per la cancellazione sicura e definitiva dell’hard disk ma tutto questo riveste interesse per gli enti pubblici che trattano informazioni riservate e per le aziende che devono tutelare i propri segreti commerciali e industriali. I privati, di solito, non utilizzano costosi fotocopiatori dotati di memoria di massa ad alta capacità e – come abbiamo visto sopra – la loro privacy è ogni giorno minacciata e violata da ben altri strumenti e meccanismi. Tra l’altro, molti non sanno (o non ricordano) che tanti anni fa, quando non esistevano computer né stampanti, era già possibile “invadere” la privacy dei documenti con modalità molto meno sofisticate. I nastri inchiostrati delle macchine da scrivere e i fogli della “carta copiativa”, infatti, già da allora consentivano di ricostruire il testo dei documenti che venivano scritti, a macchina o a mano. La possibilità di essere spiati, quindi, non è mai mancata. Questo non serve a tranquillizzarci ma forse aiuta a farcene una ragione…

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