Manlio Cerroni: il re di Malagrotta arrestato per associazione a delinquere

Il manager della monnezza romana, Manlio Carroni, 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con altre sei persone tra cui l’ex presidente Regione Lazio, Bruno Landi. Le operazioni sono state effettuate dai carabinieri del Noe di Roma nell’inchiesta sulla gestione regionale dei rifiuti. Cerroni, proprietario dell’area della discarica di Malagrotta, e compagnia sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Il re dei rifiuti capitolini è stato identificato dagli inquirenti come uno dei principali promotori del sodalizio criminale. Gli altri arrestati sono il manager Francesco Rando, storico “braccio destro” di Cerroni, Luca Fegatelli, fino al 2010 a capo della Direzione Energia e rifiuti della Regione Lazio, l’imprenditore Piero Giovi, Raniero De Filippis e Pino Sicignano. Le indagini, condotte dai militari del Noe (Nucleo operativo ecologico), sono state dirette dal colonnello Sergio De Caprio, noto come “Ultimo” (che nel 1993 catturò Totò Riina), e coordinate dal capitano Pietro Rajola Pescarini. Nell’ordinanza, il gip dispone il sequestro della somma di 10,9 milioni di euro della Pontina Ambiente Srl e di 7,99 milioni di euro appartenenti alla E. Giovi Srl.

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LE ALTRE ACCUSE – Oltre a rispondere di associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, i sette indagati, a seconda delle posizioni, sono accusati anche di violazione di norme contro la pubblica amministrazione e di truffa in pubbliche forniture. Già nel 2012 Manlio Cerroni finì sotto inchiesta per associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, alla truffa e al traffico illecito di rifiuti. Sempre le indagini del Nucleo operativo ecologico descrivevano una truffa nel giro di smaltimento nell’impianto di Albano Laziale. La spazzatura una volta giunta in discarica veniva pesata e poi fatturata con un prezzo più alto. Secondo gli inquirenti il sistema era garantito dall’aiuto di alcuni funzionari interni all’assessorato regionale ai rifiuti.

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QUELLA DISCARICA DA MAGLIA NERA – Il primo ottobre del 2013 la più grande discarica d’Europa ha chiuso, portandosi dietro polemiche, veleni e oggi anche sette arresti per traffico di rifiuti a Roma. Malagrotta sorge alle porte di Roma e fino allo scorso anno era una montagna di 240 ettari di spazzatura capitolina proveniente anche da Fiumicino, Ciampino e dalla Città del Vaticano. Secondo il Rapporto Italia dell’Eurispes, è diventata la “maglia nera” del Paese. La discarica doveva essere sigillata nel 2004 ma, a colpi di proroghe del governo, si è arrivati alla chiusura definitia solo ad ottobre dello scorso anno. Malagrotta ha raccolto negli anni il 6 per cento della media nazionale. L’incremento era dovuto anche all’aumento delle confezioni da parte dell’industria. «La discarica di Malagrotta è satura, al ritmo delle 4.500-5000 tonnellate di rifiuti che assorbe ogni giorno», riporta l’indagine Eurispes. Nel dossier si evidenzia la pericolosità dell’area. Oltre al danno ambientale, si parla del «dramma da percolato che, penetrato nel suolo, è arrivato sino alla falda, inquinandola». Il Centro Studi fa luce anche sui “30mila metri cubi di biogas” che sono stati prodotti dagli scarti della città e su quelle colline che, sotto il peso dei rifiuti, calano ogni anno di un metro creando pericolosi “laghetti di acqua piovana”.

IL BUSINESS DI MANLIO – Per ogni chilo di immondizia nella grande discarica il Comune ha versato a Cerroni 0,044 euro, ovvero circa 44 milioni di euro all’anno. Nonostante la normativa europea, che ha di fatto imposto la chiusura della discarica, Cerroni non s’è perso d’animo. Nel corso degli anni ha costruito il gassificatore, posto poi sotto sequestro in quanto non a norma. Non solo, ad Albano Laziale il re di Malagrotta ha ricevuto l’autorizzazione integrata ambientale per la costruzione di un altro gassificatore, rilevando (secondo quanto riportano le agenzie) anche l’impianto del locale Consorzio Gaia, l’inceneritore di Colleferro.

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(Foto LaPresse)

IL MOVIMENTO CONTRO ZINGARETTI – «Vorrei prima di tutto ringraziare le forze dell’ordine – spiega Devid Porrello, consigliere del M5S Lazio – che hanno realizzato gli arresti. Le accuse sono gravissime e convergenti con i timori che da mesi proviamo a portare nell’aula di via della Pisana. Nelle nostre interrogazioni sul sistema dei rifiuti laziali avevamo già indicato le responsabilità di Fegatelli e De Filippis, confermati da Zingaretti ai vertici dell’amministrazione regionale. Zingaretti ora deve fare una profonda riflessione sulla strada da seguire per istituire un ciclo virtuoso dei rifiuti, tenendo ben presente la sua abilità nel circondarsi di personaggi come quelli arrestati oggi. Spero che da oggi si smetta di parlare di Monti dell’Ortaccio e di considerare la Colari come un interlocutore privilegiato, è il momento di portare la legalità anche nella gestione dei rifiuti e di aiutare le forze dell’ordine e gli inquirenti a fare luce e giustizia sulle centinaia di casi di ecomafia presenti sul territorio regionale». Qui sotto il commento di Storace:

E qui la gioia di Vignaroli, deputato laziale dei 5 Stelle:

post di Stefano Vignaroli.
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