Il governo contro il cyber-bullismo

08/01/2014 di Redazione

Il nuovo codice di autoregolamentazione contro il cyberbullismo rappresenta l’ennesima e inutile petizione di principio e per di più muove da premesse incerte.

cyberbullismo-lucignolo-

COS’È – In apertura del documento, nella premessa all’articolato c’è la definizione di cyberbullismo:

La progressiva diffusione in Italia del fenomeno del cyberbullismo, inteso come l’insieme di atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l’e-mail, la messaggistica istantanea, i blog, i telefoni cellulari e/o i siti web posti in essere da un minore, singolo o da in gruppo, che colpiscono o danneggiano un proprio coetaneo incapace di difendersi;

L’INTESA RAGGIUNTA – Il tavolo tra governo e operatori del settore presieduto da Antonio Catricalà, viceministro al Ministero dello Sviluppo Economico, si mostra però inconcludente e animato da un’emergenza che non appare tale a tutti, in particolare a quanti conoscono e frequentano con assiduità la rete:

La crescente tendenza dei giovani a sviluppare, attraverso l’uso dei nuovi media, una forma di socialità aggressiva e violenta che può indurre all’adozione di quei comportamenti discriminatori e denigratori verso i propri coetanei che spesso sfociano in episodi di cyberbullismo, attraverso la diffusione di post ed immagini o la creazione di gruppi “contro”.

IMPEGNI VAGHI E GIÀ VISTI  – Per il resto si tratta di un codice al quale gli «aderenti» saranno liberi di aderire oppure no, adesione che comunque li impegna relativamente. Secondo l’articolato infatti: «Gli operatori che forniscono servizi di social networking, i fornitori di servizi on line, di contenuti, di piattaforme User Generated Content e social network che aderiscono al presente Codice, di seguito denominati “aderenti”, si impegnano ad attivare appositi meccanismi di segnalazione di episodi di cyberbullismo, al fine di prevenire e contrastare il proliferare del fenomeno».

NIENTE DI NUOVO – Sistemi di segnalazione che «devono essere adeguatamente visibili all’interno della pagina visualizzata, semplici e diretti», in pratica un tipico bottone di segnalazione, non dissimile da tanti di cui sono già dotati molti siti e social network. Gli impegni degli aderenti sono infatti tutti nella scia di quanto già fanno gli operatori del settore, il codice chiede loro infatti di «rendere efficienti i meccanismi di risposta alle segnalazioni» e «per quanto tecnicamente possibile e praticabile, a garantire ulteriore efficacia al contrasto del fenomeno del cyberbullismo anche attraverso l’oscuramento cautelare temporaneo del contenuto lesivo segnalato.»

L’IDENTIFICAZIONE – E non sono nuove nemmeno le auspicate «apposite politiche che consentano alle Autorità competenti di risalire all’identità di coloro che utilizzano il servizio per porre in essere comportamenti discriminatori e denigratori», che non si capisce neppure in cosa dovrebbero consistere, visto che già oggi gli utenti hanno ben poche speranze di rendersi irrintracciabili.

LE SANZIONI – Il codice di autoregolamentazione darà vita anche a un apposito Comitato che ne controlli il rispetto a parte dei firmatari, senza oneri per lo stato: «è istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico un Comitato di monitoraggio, composto da esperti di comprovata esperienza e professionalità sulle tematiche connesse alla protezione dei minori e all’utilizzo delle nuove tecnologie e dai firmatari del presente Codice», che qualora dopo averlo firmato facciano finta di niente, saranno passibili di un Richiamo: «qualora venga riscontrato il reiterato mancato rispetto degli impegni assunti con il presente Codice da parte dei Firmatari, il Comitato potrà, in esito ad apposita procedura, formulare uno specifico Richiamo nei confronti dell’Aderente che se ne sia reso responsabile.» In pratica una lista di buoni propositi e nessun impegno preciso, se non quello «a sensibilizzare con campagne di formazione e informazione sull’uso consapevole della Rete»

Share this article