La ragazzina incinta stuprata e bruciata viva

Nuova ondata di proteste in India dopo che una giovane, 16enne, è stata bruciata viva da persone mandate dai suoi stupratori, era incinta ed è morta dopo una settimana di sofferenze

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UNA STORIA INCREDIBILE – Una ragazza indiana di 16 anni che aveva subito per due volte uno stupro di gruppo  è morta dopo essere stata data alle fiamme, scatenando proteste a Calcutta e a Nuova Delhi. Stando a quanto reso noto dalla polizia, la sedienne è stata violentata il 26 e 27 ottobre scorsi da un gruppo composto da più di sei uomini nei pressi della sua abitazione, a Madhyagram, 25 chilometri a nord di Calcutta. Il secondo stupro è avvenuto mentre la ragazza tornava a casa dopo aver denunciato la violenza subita il giorno prima. Da allora la sua famiglia ha ricevuto numerose minacce di morte e anche lo sfratto dal padrone di casa, ritenuto vicino agli stupratori.

L’OMICIDIO – La giovane è stata poi data alle fiamme il 23 dicembre scorso, quando la famiglia si era appena trasferita in una casa nuova e lontana da quella dove abitano gli stupratori. La giovane è poi deceduta il 31 dicembre in ospedale. Ci ha rilasciato una dichiarazione sul letto di morte, davanti ai medici, e ha detto che ad appiccare il fuoco sono state due persone vicine agli accusati, che l’hanno sorpresa a casa da sola il 23 dicembre, ha raccontato alla France presse l’agente di polizia Nimbala Santosh Uttamrao. I medici ora determineranno l’età del feto, presumibilmente figlio delle violenze sessuali. I primi arresti sono stati eseguiti ieri, due mesi dopo l’avvio delle indagini

LE PROTESTE – Diverse centinaia di persone sono scese in strada ieri a Calcutta e oggi numerosi attivisti si sono radunati a Nuova Delhi, denunciando la lentezza della polizia nel perseguire i responsabili degli stupri. «Crediamo che se il governo avesse agito contro i criminali… la ragazza si sarebbe potuta salvare», ha dichiarato l’Associazione di tutte le donne democratiche dell’India. La violenza sessuale è sotto i riflettori in India dopo il tragico stupro di una studentessa di 23 anni violentata in un autobus di Delhi nel dicembre 2012 e morta dopo due settimane di agonia. La natura particolarmente efferata dell’aggressione scioccò l’opinione pubblica in India spingendo migliaia di indiani, donne e uomini, a denunciare l’inazione della polizia e della giustizia di fronte ai crimini sessuali. Da allora il parlamento ha approvato leggi più severe contro gli stupratori.

IL COMPORTAMENTO DELLA POLIZIA – A scatenare la protesta ha contribuito anche il comportamento delle autorità locali, con la polizia che ha tentato con la forza di sottrarre la salma alla famiglia e cremarla in tutta fretta per evitare che diventasse il catalizzatore di una nuova ondata di critiche e manifestazioni. Tentativo andato male e rivelatosi un boomerang su tutta la linea, con i poliziotti respinti dai familiari della vittima e l’indignazione moltiplicata dal vedere quanta decisione e rapidità nel cercare di sopire e quanta incapacità e lentezza nel colpire i criminali.

I LEGAMI CON LA POLITICA – Una delle più note attiviste per i diritti delle donne in India, Brinda Karat, già membro del parlamento e leader del partito comunista, ha denunciato che la polizia e il governo locale hanno protetto i presunti colpevoli perché sono legati al partito di maggioranza del West Bengala, il Trinamool Congress, che da mesi si dibatte nell’imbarazzo creato dal caso dopo aver scoperto che non poteva essere messo a tacere grazie alle abituali complicità.

 

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