Come si può dimenticare un figlio in auto?

Secondo gli psicologi “una mamma non l’avrebbe mai fatto”.

E’ il secondo caso in pochi giorni. Come se le notizie di cronaca scatenassero qualcosa nel nostro incoscio. Perugia, un padre dimentica in automobile il figlio di 11 mesi. Come è potuto succedere? “Merito di morire, ho ucciso mio figlio”, dice il genitore, morto dal dolore. Ancora un caso di black-out psichico, come il caso che a Teramo ha visto uno stimato professore di veterinaria dimenticarsi in macchina la figlia di 22 mesi. Carnefici incolpevoli, assassini in buona fede. Una cosa di per sé abbastanza strana: cosa spinge un genitore a dimenticarsi in automobile, a lasciare da solo sotto il sole cocente un bambino infante, fino a portarlo alla morte?

PSICOLOGIA – Due psicologi diversi su due diversi giornali oggi indagano la nostra mente e tentano di dare una risposta al quesito. Su Repubblica parla uno psicopatologo dello Sviluppo in forza all’Università La Sapienza di Roma. E si scopre che la questione è in parte genetica, in parte sociale: l’uomo non è naturalmente predisposto a badare ai figli. “Concentrato sull’obiettivo del lavoro, li rimuove completamente dalla propria realtà”.

Professor Ammaniti, poteva capitare anche a una madre di dimenticarsi così a lungo un figlio, tanto da farlo morire?
«No, non credo. Le madri sempre,ma soprattutto nei primi anni di vita, hanno una sorta di sensore biologico, genetico, che le porta a ricordarsi dei figli in ogni caso. Anche in situazioni di forte stress e di giornate convulse. Basti pensare al classico esempio: se il neonato piange la madre si sveglia mentre il padre continua a dormire. La madre, ovunque sia, ha il pensiero alla vita dei figli. Molti uomini invece, ad esempio quando lavorano, creano una cesura totale verso la vita familiare”

Come dicevamo, il punto è che il ritmo vitale di un uomo è diverso da quello di una donna – secondo lo psicologo – cosicché solo ad un uomo tragedie del genere potrebbero capitare. Sotto accusa i ritmi vitali della nostra società moderna.

«I ritmi folli a cui oggi sono sottoposte le famiglie, con i bambini trasportati di qua e di là di corsa, chi al nido, chi all’asilo, ore e ore sul sedile posteriore, il padre guida ma con il pensiero è già in ufficio. La bimba dietro si addormenta, lui non la sente più…».

Ecco dunque cosa cospira contro la vita dei bambini dimenticati in macchina: bimbi “trattati da adulti”, ritmi vitali nemici di uno sviluppo tranquillo e pacifico, genitori indaffarati in altre faccende e che così, per una fatalità psicologica, rimuovono dalla mente il pensiero dei figli.

Scissioni, rimozioni, ricordi ingannevoli: tutto questo può capitare anche ad una persona normale?
«Sì, e non sono meccanismi patologici ma situazioni eccezionali, che avvengono e sconvolgono vite assolutamente normali. Come per il padre di Elena o quello di Jacopo».
Ma non ci sarà anche una mancanza di responsabilità da parte di questi padri?
«Forse. Ma non è facile dirlo di fronte a comportamenti così assurdi. A me sembra comunque che ci sia un calo di responsabilità generale verso i bambini, costretti a fare delle vite da adulti, senza ritmi precisi, senza orari, regole»

Anche sulla Stampa i giornalisti di Torino interpellano un parere psicologico qualificato.

PUO’ CAPITARE A CHIUNQUE – Secondo Claudio Risé, interrogato dal giornale diretto da Mauro Calabresi, il profilo da accentuare è quello della tragica fatalità. Poteva davvero capitare a chiunque, e il background sociale o genetico sarebbe da considerare fino a un certo punto.

Quindi ha ragione la mamma di Elena, morta a Teramo pochi giorni fa: dimenticare un figlio in auto può capitare a chiunque?
«Ha assolutamente ragione. Il margine tra abisso e sentiero è molto stretto per tutti, e decisiva è la consapevolezza delle proprie ambiguità e delle proprie debolezze».

Tuttavia i ritmi vitali intensi, anche in questo caso, avrebbero influito.

Colpisce che questi casi sisiano verificati in contesti familiari sereni.
«Ma non ha nulla a che vedere con il degrado. Quando ci sono molti interessi, investimenti anche di tipo intellettuale, è più facile dimenticare fatti elementari»

.

Share this article