I 50 mila like per l’impiccagione dei presunti gay in Iran

Un presunto gruppo di estrema destra ha raggiunto il “successo virale” condividendo su Facebook uan vecchia foto del 2005 che ritrae due adolescenti impiccati per la loro omosessualità. Ai tempi l’immagine fece il giro del mondo e scioccò sia gli ambienti LGTB che quelli etero per la crudeltà del gesto e per il motivo: erano stati uccisi perchè gay. In seguito dall’Iran arrivaroni le giustificazioni: secondo quanto riportato, i due impiccati di 16 e 18 anni avrebbbero abusato di una 13 enne. Anche se questa versione suscitava grandi dubbi nell’opinione pubblica, Bild ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo. La notizia è stata riportata da Queer.de.

gay iran like facebook omicidio 2

L’IMMAGINE – Oggi invece la pagina “Todesstrafe für Kinderschänder” (Pena di morte per i pedofili) ha condiviso quell’immagine del 2005, che ha ricevuto 51.184 “like” e 4.182 condivisioni. Di solito dietro questo tipo pagine si nascondono estremisti di destra, che cercano di destabilizzare l’opinione pubblica attraverso un dibattito molto emotivo durante iil quale le persone vengono fomentate. Quello a cui si può arrivare con operazioni del genere lo vediamo in Russia oggi, dove nenonazisti hanno sequestrato gay e presunti pedofili per umiliarli in video ricevendo molte approvazioni sui social network. Queer.de ha riferito inoltre che in Spagna degli adolescenti avrebbero cominciato a dare la caccia a individui che ritengono essere pedofili e utilizzano la stessa simbologia dei neonazisti russi. Il blog di destra “Politically Incorrect”a sua volta ha definito Queer.de un’organizzazione di pedofili. Non è ancora chiaro cosa sia realmente successo in Iran nel 2005. L’organizzazione “Human Rights Watch” ritiene che si sia effettivamente trattato di un abuso di un 13 enne, mentre alcuni attivisti LGTB del paese hanno detto che spesso il pretesto di un presunto stupro è utilizzato per agire contro gli omosessuali. In seguito il quotidiano Bild era stato ammonito dal consiglio della stampa, che riteneva che le immagini dessero un’immagine troppo sensazionlistica della violenza e della brutalità.

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