La vignetta “blasfema” sul Papa che ha fatto arrabbiare i lettori del Fatto

Un disegno di Manara ritrae Karol Wojtyla beato tra le donne-angelo in Paradiso. E i lettori scrivono indignati

Un disegno di Milo Manara, forse il più grande disegnatore italiano, ha fatto arrabbiare i lettori del Misfatto. Scherzare coi fanti e lasciar stare i santi è una massima un po’ abusata, ma evidentemente ancora valida, visto che il disegno, pubblicato in prima pagina sull’inserto satirico del Fatto il primo maggio, ha scatenato una ridda di proteste, di cui oggi il quotidiano dà conto con la risposta della redazione:

L eggo ogni giorno il vostro quotidiano fin quasi dalla sua nascita ed approvo la linea editoriale: era davvero necessaria una voce come la vostra. Ma da cattolico non posso approvare il vignettone di in prima pagina del M i s fa t t o . Capisco che la satira deve essere dissacrante, ma, lungi dall’e ssere un fondamentalista o un creazionista, mi sento offeso dal vedere quella figura rappresentata a quel modo. Voi, forse, non capite che cosa può significare per un cattolico vedere offesa una persona amata, ma da buoni democratici dovreste sapere che il rispetto della dignità altrui è un fondamento costitutivo della democrazia. Nonostante questo, continuerò a comprare e leggere ogni giorno il vostro quotidiano, nella speranza che sappiate essere più riflessivi nei confronti della sensibilità di chi Vi sostiene. Grazie e cordiali saluti. Antonio De Lorenzo, Messina

S ono una lettrice dal primo numero e mi identifico perfettamente nella linea del giornale. Ma sono anche credente e oggi partecipo con gioia alla beatificazione del mio Papa. Mi sento offesa dall’immagine nel Misfatto nuova conduzione. E mi dispiace il doppio perché è un bellissimo disegno del grande Manara che ammiro tanto e continuerò, non per questo, ad a m m i ra re . Barbara Biciocchi

D esidero comunicarvi che sono rimasto profondamente addolorato per la raffigurazione di Giovanni Paolo II fatta nel numero del M i s fa t t o . Manca il rispetto dei sentimenti dei Vostri lettori, che si inquadra tra i principi tutelati dalla nostra Costituzione, di cui, peraltro, il quotidiano si fa sosten i t o re . Emilio Rosso

Ed ecco la risposta pubblicata oggi:

C ari lettori, il nostro giornale ha, per pura coincidenza, un direttore e un vicedirettore che sono entrambi credenti. Peccatori, ma credenti. Non bigotti, ma credenti. Sapevamo bene che la tavola di Milo Manara sulla copertina del nostro inserto satirico avrebbe creato disagi anche forti in una parte dei nostri lettori. Disagio che rispettiamo. Eppure abbiamo deciso di pubblicarla ugualmente, per una serie di motivi: 1) La satira, da che mondo è mondo, se la prende con la politica, la religione, l’economia, il sesso e gli altri elementi fondamentali della vita dell’uomo. E lo fa, per sua natura, in modo urticante, corrosivo, controcorrente, eccessivo. Mai compiacente. Ma è satira, ribaltamento delle verità precostituite, provocazione, paradosso, anticonformismo, e come tale va accettata o rigettata in blocco. Mai edulcorata. 2) Quando abbiamo deciso di arricchire il Fatto con un inserto satirico, ci siamo impegnati con chi lo realizza a non censurarlo mai, riservandoci soltanto il diritto di ripulirlo da volgarità gratuite. Perché esistono anche volgarità motivate, fondate (quando ci vuole ci vuole). A nostro avviso però la tavola di un grande pittore come Manara non è né volgare né gratuita. Manara ha passato la vita a disegnare bellissime donne così come (per chi ci crede) sono state create. Il Paradiso lui lo immagina così, anche per i papi: un luogo dove l’amore è libero e dove le donne sono creature meravigliose. Sono i suoi personalissimi angeli (riconoscibili dalle ali). 3) La satira sulla religione, nella fattispecie sui papi, non è appannaggio degli anticlericali, né tantomeno degli anticristiani. Dante Alighieri, cristiano doc, cacciò all’inferno ben due papi: Celestino V, un uomo santo che però “fece il gran rifiuto”, e Bonifacio VIII, molto meno santo, che era addirittura ancora vivo e regnante, ma Dante trovò il modo di farne annunciare l’i mminente arrivo agli inferi. Se papa Giovanni Paolo II fu sicuramente un sant’uomo, è legittimo e doveroso rammentare, proprio nel momento della beatificazione, le scelte politiche e “t e m p o ra l i ” controverse e anche sbagliate della Chiesa durante il suo lungo pontificato: la gestione opaca dello Ior, il salvataggio del suo amico Marcinkus, la visita a Pinochet, la mano dura contro i dissenzienti (Kung, teologi della liberazione), la scarsa attenzione al dramma dell’Aids e allo strumento per prevenirlo (il profilattico) e così via. 4) Non bisogna confondere l’i nserto satirico di un giornale con il giornale vero e proprio: il Fatto ha dibattuto ampiamente sulla beatificazione di papa Wojtyla, per esempio con un corposo forum fra l’ateo Flores d’Arcais e il credente Marco Politi (e oggi con le opinioni di Massimo Fini e ancora di Politi). E abbiamo mantenuto un atteggiamento sempre rispettoso, anche quando la critica ci pareva doverosa, nei confronti della Chiesa e soprattutto della religione. 5) La censura, per un giornale come Il Fatto che ha scelto come linea politica la Costituzione, è quanto di più odioso si possa immaginare. Anche quando la satira ci spiazza, ci disturba, ci rovina la digestione, non ci pare corretto né giusto censurarla. Altrimenti ci mettiamo sullo stesso piano di quei fondamentalisti islamici che lanciarono la fatwa contro un vignettista, reo di aver satireggiato il profeta Maometto. Cari lettori, ci auguriamo di avervi, se non convinti, almeno illuminati sulle ragioni delle nostre scelte, magari opinabili ma sempre assunte in piena trasparenza e buona fede.

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