Ladri di biciclette: il mercato del rubato a Roma

Era il 1948 quando Vittorio de Sica consegnava alla memoria del cinema “Ladri di biciclette”, tra i massimi capolavori del neorealismo italiano. Da allora sono passati sessantacinque anni, eppure tutto potrebbe ancora essere attuale. Su quattro milioni di “due ruote” che circolano nel territorio italiano, ben 320mila sono i furti calcolati ogni anno dalla FIAB , la Federazione Italiana Amici della Bicicletta che ha promosso un’indagine che ha coinvolto enti locali, prefetture, associazioni e cittadini ciclisti per realizzare una stima sul fenomeno illegale. In media, 876 bici al giorno vengono sottratte ai legittimi proprietari, attraverso colpi studiati e reati realizzati su commissione, sia da ladri improvvisati che da “professionisti” del furto. Tanto che, secondo quanto ha sottolineato la Fiab, la paura di non ritrovare più la propria bicicletta è seconda soltanto a quella di finire investiti, in un Paese che si impegna ancora poco per la sicurezza stradale e nelle realizzazioni di piste ciclabili.

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LADRI DI BICILETTE: UN DANNO DA 150 MILIONI DI EURO – I numeri parlano chiaro: «Se l’uso della bicicletta tra gli italiani appare in crescita – più che triplicato negli ultimi dieci anni anche grazie al bike sharing, agli effetti della crisi e l’aumento del prezzo dei carburanti, ndr – allo stesso modo anche i furti aumentano a dismisura», spiegano dall’associazione. Soltanto il 40% di questi però viene denunciato.  Anche se, da «novelli Antonio Ricci» non mancano coloro che si mettono alla ricerca del proprio mezzo rubato, sfruttando app, Qr Code posti nel telaio o nel sellino, così come le nuove tecnologie. Eppure il mercato illecito continua a generare profitti non irrilevanti: ben 150 milioni di euro l’anno come danno stimato, denuncia la Fiab. Nonostante i reati si concentrino soprattutto nelle città e nei centri urbani del nord – dove l’uso di mountain e city bike è più diffuso, ndr – nemmeno la Capitale resta immune: come nel film di Vittorio De Sica, anche Roma è tra le città dove i “ladri delle due ruote” non hanno perso il vizio di riservare cattive sorprese ai proprietari ignari.

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QUEI POSTI SOSPETTI – In rete non pochi sono i siti che segnalano le aree sospette nella Capitale, dove si venderebbe merce rubata. Su Rubbici.it non pochi utenti segnalano quei luoghi dove si consiglia di prestare attenzione e dove le vittime potrebbero ritrovare le proprie bike: « Nello storico mercato di Porta Portese, a piazza Ippolito Nievo, la domenica mattina non pochi individui girano tra le bancarelle, alcune con scritto “vendesi”», si denuncia. In pratica, tra le aree preferite per vendere articoli e prodotti di provenienza illecita resta la storica ambientazione del capolavoro di De Sica. Ma non solo: c’è spazio anche per il «mercatino degli zingari alla vasca navale», a «San Giovanni, nel parco via Carlo Felice», oppure per l’ «angolo tra via Tiburtina e via dei Marruccini», si spiega. Basta fare qualche giro per imbattersi in una serie di bici che lasciano perplessi, parcheggiate da tempo. Al contrario, tra le bancarelle di Porta Portese è possibile fare qualche affare, con merce di seconda mano. A detta dei rivenditori, rispetto ad un tempo «non si fanno più molti affari». C’è chi denuncia un “mercato parallelo” e chi invece, porta pezzi di ricambio e vecchi telai da ricostruire. Diventeranno pezzi di antiquariato o articoli pronti per l’uso.

VENDESI VENDESI – «Che vi serve?», ci spiegano alcuni rivenditori, avvicinandosi ai clienti e chiedendo a bassa voce. «Quanto volete spendere? Daje, ti posso abbassare il prezzo. Dai, 250? Famo 150 e non se ne parla più», ci propone un rivenditore in dialetto romanesco mentre tenta di venderci una bicicletta di seconda mano. Non è l’unica esposta, con tanto di cartello con prezzo invitante. Si tratta a Porta Portese, tra ruote da gonfiare e catene nuove da montare. Sono diversi i rivenditori autorizzati che offrono tutti i tipi di modelli. Dalle comode Grazielle per chi vuole spostarsi in città, fino alle Bianchi “restaurate” per gli appassionati di modelli da corsa e per chi sogna di ripercorrere i successi dei più grandi ciclisti del passato e del presente. Un signore indiano acquista la bici per sua figlia: 130 euro in un colpo secco. Tutto esentasse. Senza scontrino. A differenza di qualche vicino che invece è dotato anche di Pos. I maestri delle bici sono qui da sempre. «Ho questo magazzino dal 86’, ma qui ci sono saracinesche dal dopoguerra», precisa un rifornitore. C’è un menù per tutti i gusti: si viaggia tra bici d’epoca e bike per professionisti, con prezzi tra i 350 e i 500 euro (per la merce usata). Con le city bike il risparmio è assicurato. Possono bastare dalle 100 alle 200 euro. «Se vuoi te la rimetto in sesto io, ma non se ti conviene», suggerisce un rivenditore. Da anni coltiva la passione per le due ruote. Indica il magazzino, con i modelli esposti: «La vedi quella del portalettere? Ecco, ho messo dieci anni a trovare tutti i pezzi. Mi puoi proporre qualsiasi cifra, ma io non te la vendo. Ormai ci sono affezionato».  Altri invece, tentano ogni tipo di affare. Anche perché, si lamentano, la crisi «si sente anche per loro». E chi denuncia merce rubata a Porta Portese? Tra i rivenditori si preferisce rimanere sul vago.

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LA CONCORRENZA DEGLI “SCOPINI” – I venditori di Porta Portese, tra bici nuove di zecca e due ruote usate, non parlano di merce intercettata. «No, qui cerchiamo soltanto di riparare quanto ci portano. C’è chi abbandona telai e bici che la gente non usa più, noi rimettiamo tutto in sesto. E le biciclette tornano come nuove. Poi non so: magari esistono mercati paralleli», spiega un ragazzo poco più che trentenne. Ma nel mercato del furto e della rivendita delle bici usate sembrano esserci più tappe. Si parte dai “raccattatori” che “recuperano” pezzi e vecchi modelli, fino ai “riparatori”. I primi non sembrano più essere quelli di una volta. O, almeno, denuncia Mario (nome di fantasia), è aumentata la concorrenza. Ha appena portato una bici ad un rivenditore: «E’ questione di fortuna –spiega – a volte riesco a trovarne tre in un giorno. A volte no. Basta controllare sai, la gente le abbandona». Mario però è cupo. Non è più il “ghepardo” di una volta. Ora c’è la concorrenza. «Ci sono gli scopini – racconta – , gli extracomunitari che si mettono a rovistare tra cassonetti ed isole ecologiche. Ecco, loro in pratica..prendono e poi … », azzarda. E poi, a suo dire, gli “scopini” rivendono a venditori o in mercatini abusivi in tutta la Capitale. «E guadagnano – spiega – alla faccia nostra che lo facciamo da anni. Ora ci sono loro. Capisci?». Mario se ne va via a bordo di una moto. La preferisce rispetto alle due ruote che ogni tanto riporta ai suoi amici. C’è anche chi di spontanea volontà prende una bike “intercettata” e girovaga lungo il mercato con il cartellino vendesi. Sarà il caos della domenica. Sarà la pioggia. Eppure di impavidi “impresari” non se ne becca nemmeno uno. Eppure per fregare basta poco. Gran parte dei ladri fermati dalle forze dell’ordine conservavano tra i propri “arnesi da lavoro” forbici da elettricista, un martello, giraviti e un tronchese. Il mercato è ghiotto. Nessun documento, nessuna rintracciabilità. Se si ha un magazzino dove raccogliere ancora meglio.

IL MERCATO – Ci sono i “pesci piccoli” e ci sono i “pesci grossi”. Su commissione, di recente, si rubano interi negozi. Affari di questo tipo possono fruttare anche 200 mila euro a colpo, denunciava il Sole 24 Ore. Qui a Porta Portese però ai rivenditori non ruba nessuno: «Noi siamo sempre qui», racconta un ragazzo. «Mattina e sera. Adesso che fa freddo che faccio mi chiudo in magazzino? Mica vendo così. E poi – prosegue – se mi dovessi chiudere lì in alto in magazzino non entrerebbe nessuno», spiega, indicando i piani alti dei negozi. Si guadagna vendendo bici? «Macché – spiega l’ultimo rivenditore in fondo al viale – Non si compra più come prima», conclude.

LE SOLUZIONI? – Ma se qualcuno ruba la tua Willier che si può fare per recuperarla? Contro i furti di biciclette la Fiab e i cittadini ciclisti non intendono rassegnarsi. Anche perché, denunciano, «è un problema grave che incide anche sulla sicurezza generale del Paese, sia in termini di mancati introiti per chi lavora nel settore, che di mancato sviluppo del mercato della mobilità ciclistica». Non poche sono le proposte che l’associazione ha suggerito per tentare di limitare il fenomeno: dai “manuali di autodifesa” per i ciclisti, alla diffusione – come a Verona – di rastrelliere per ancorare ruota e telaio, passando per l’applicazione di codici a barre sui telai. Ma non solo: l’ultima idea è quella di “punzonare” le bici con i codici fiscali dei proprietari. A spiegare la proposta è stato Paolo Fabbri, consigliere Fiab responsabile del progetto. «Chiediamo prima di tutto che i Comuni condividano questa iniziativa. E che anche il ministero dei Trasporti permetta di condividere i data base degli enti locali». L’impressione è che dal governo non si ostacolerà il progetto, anche se c’è chi teme si rischi soltanto di aumentare la burocrazia, rispetto a chi propone di creare un nuovo registro nazionale. Per i critici, servirebbe a poco per limitare il fenomeno. Ma dalla Fiab insistono: con i codici fiscali si potrebbe identificare subito i proprietari della merce ritrovata, in modo da poter restituire il mezzo. Ma non solo: sarebbe anche un meccanismo intelligente per la gestione delle bici sequestrate, spesso ammassate nei magazzini comunali e in quelli delle forze dell’ordine. E non manca chi spesa di disincentivare alla lunga anche furti e riciclaggio.

 

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