Quando il baratto sostituì il denaro

Un panino che valeva 105 miliardi di marchi, lavoratori pagati con sacchi di monete che perdevano valore da un giorno all’altro. L’iperinflazione della Germania di Weimar compie novant’anni, un incubo radicato nella storia tedesca che ancora oggi influenza le scelte di Berlino, e soprattutto inquieta un’opinione pubblica che associa la stabilità dei prezzi al benessere diffuso del secondo dopoguerra, quando la Germania tornò ad essere uno dei campioni economici del mondo dopo la distruzione seguita al primo conflitto bellico.

The Value Of Money

IPERINFLAZIONE – Il 15 novembre del 1923 la Germania pose fine all’incubo dell’iperinflazione che aveva devastato il periodo successivo alla prima guerra mondiale. Il cancelliere Gustav Stresemann introdusse il nuovo marco in sostituzione della valuta che era ormai associata alla carta straccia, visto la perdita enorme di valore subita nel corso degli ultimi anni. La Germania era passata attraverso un periodo di inflazione di dimensioni inimmaginabili. La banca centrale tedesca era costretta a stampare moneta giorno e notte, per inseguire l’esplosione incontrollabile dei prezzi. I consumatori portavano i soldi in bacinelle per trasportare le numerose banconote che servivano per fare la spesa. Il pane costava 105 miliardi di Reichsmark, la moneta dell’Impero guglielmino distrutta dall’iperinflazione. Un biglietto del tram a Berlino arrivava a costarne 150 miliardi, mentre un dollaro valeva quattro mila miliardi di marchi. La disoccupazione era arrivata al 25%, con un’esplosiva crescita della miseria sociale. La nuova valuta introdotta dal governo Stresemann, il Rentenmark, fermò l’incremento esplosivo del Papiermark, il marco di carta sganciato dall’oro nel 1914. Da allora la politica finanziaria dell’Impero di Guglielmo II, impegnato nella prima guerra mondiale, si era basata sul continuo accumulo di crediti per pagare le forniture militare, e tutti gli altri costi dello Stato cresciuti esponenzialmente con la prosecuzione dello sforzo bellico.

IMPATTO BELLICO – La radice dell’iperinflazione tedesca si ritrova nei crediti di guerra lanciati dall’Impero guglielmino. Quando la Germania dichiarò guerra alla Russia zarista nel 1914, Berlino era sostanzialmente isolata dai mercati internazionali dei capitali. Invece di promuovere una riforma fiscale per aumentare il gettito, il Kaiser decise di lanciare nove emissioni di crediti di guerra per finanziare le operazioni militari. Le obbligazioni davano un rendimento pari al 5%, e raccolsero circa 98 miliardi di marchi, che coprirono però solo due terzi della spesa militare complessiva della Germania. La maggior parte dei finanziatori del governo erano soggetti privati interni, come grandi aziende, banche, università ed associazioni. I critici di questo strumento finanziario, oltre che della stessa guerra, rimasero isolati, e la spaccatura sui crediti bellici divise in modo irreparabile il movimento dei lavoratori dei tedeschi, con uno dei conflitti più profondi mai avvenuti nella storia della socialdemocrazia. L’addio alla convertibilità della moneta nazionale in oro e la forte esposizione debitoria svalutarono in modo pesante il Reichsmark, che nei quattro anni di conflitto passò da un rapporto di 4,2 sul dollaro a 8,91. La sconfitta nella prima guerra mondiale fece collassare la Germania. Il calcolo del Kaiser era stato infatti un indebitamento temporaneo coi tedeschi da ripagare poi successivamente con le riparazioni di guerra ottenute dalle potenze battute nel conflitto, un po’ come era successo ai tempi dello scontro franco-prussiano, prodromo della prima riunificazione tedesca. L’insuccesso militare fu pagato a conto salatissimo, perché le potenze vincitrici, guidate soprattutto dall’ostilità della Francia e dalla Gran Bretagna, imposero condizioni durissime alla Berlino sconfitta, che nel frattempo si era sbarazzata del Kaiser Grazie alla rivoluzione scoppiata alla fine del conflitto bellico si arrivò alla nascita della cosiddetta Repubblica di Weimar nell’agosto del 1919, quando fu approvata la prima costituzione della Germania democratica.

Money Shortage

ESPLOSIONE DEI PREZZI – Il calcolo errato della Germania guglielmina – indebitarsi per la guerra per poi ripagare questi crediti con le riparazioni – esplose quando le potenze vincitrici decisero di punire severamente la nazione accusata di aver scatenato la prima guerra mondiale. Il Trattato di Versailles impose condizioni durissime, tra le quali c’era il pagamento di 132 miliardi di marchi oro. Gli alleati non volevano i marchi di carta che la Reichsbank, la banca centrale dell’Impero, aveva iniziato a stampare dopo aver sganciato la moneta dalla convertibilità aurea. La Germania post bellica, scossa dalle continue tensioni sociali, non voleva però introdurre le necessarie misure di risparmio per contenere l’ormai enorme debito. La soluzione fu trovata nella creazione di un’enorme massa monetaria, che fece esplodere i prezzi di ogni bene, con una traiettoria tanto rapida quanto devastante per i risparmi e la stabilità economica del paese. La perdita di valore nei confronti del dollaro, diventata una delle monete di riferimento e valuta chiave per le riparazioni tedesche, evidenzia la dinamica distruttiva intrapresa dalla Repubblica di Weimar. Nel 1921 un dollaro valeva 65 marchi, un deprezzamento già mostruoso visto che solo un paio d’anni prima la valuta tedesca aveva un rapporto di cambio inferiore di meno di dieci marchi contro un dollaro.  Nel 1922, un dollaro valeva 2420 marchi, che diventavano 100 mila nel giugno dell’anno successivo.  La tensione politica fu acuita dall’omicidio del ministro degli Esteri Walter Rathenau. Il 1923 fu l’anno nella quale si palesò un’iperinflazione di rare proporzioni nella storia, mentre le truppe francesi e belghe rioccupavano la Ruhr per i mancati pagamenti delle riparazioni. Dai 100 mila marchi di giugno un dollaro ne comprava 350 mila il mese successivo, che diventavano 4 milioni e 600 mila il mese successivo. La traiettoria di crescita esponenziale proseguiva fino a novembre, quando il marco di carta passò in cinque mesi da un valore di uno a 100 mila col dollaro fino  ai 4 miliardi e 200 milioni del 20 novembre.

Inflation

RITORNO DEL BARATTO – Un panino costava 105 miliardi di marchi, e per comprarne un chilo la gente si presentava nei negozi con una carriola. Per acquistare un chilo di carne di manzo, infatti, servivano quasi 5 mila miliardi di marchi. La situazione peggiorò con la tensione sociale scatenatasi per l’astronomico aumento dei prezzi. Gli stipendi venivano pagati di giorno in giorno, e le persone si affollavano nei negozi per comprare subito beni, visto che a distanza di poche ore quel denaro avrebbe dimezzato il suo valore. Un esempio tipico di questa enorme svalutazione fu la sospensione dei francobolli: le poste decisero di stampare la sigla «tariffa saldata» visto che il costo dell’invio delle missive aumentava con il passare delle ore. Mandare una lettera ad inizio 1923 costava 10 marchi, undici mesi più tardi 50 miliardi di marchi. Per limitare l’inondazione di banconote – una delle attività principali era diventata proprio il loro conio – si decisero di stamparne tagli di conio enorme, arrivando fino ai cento mila miliardi di marchi. La Reichsbank arrivò ad emettere 524 trilioni di marchi, e una simile quantità di moneta aveva reso senza valore tutta quella stampata in precedenza. Per questo, durante la fase più acuta dell’iperinflazione, era ritornato il baratto. Le persone si scambiavano direttamente le merci, anche perché per tanti era ormai impossibile conteggiare così tanti zeri. I contadini erano i più ostili a scambiare i loro prodotti con il denaro, e per questo i primi freddi dell’autunno del 1923 iniziarono con una forte penuria di beni alimentari. La situazione era diventata insostenibile dal punto di vista sociale, e il timore del collasso della Germania spinse anche le potenze mondiali a ripensare il piano di versamento delle riparazioni belliche, che fu cambiato a fine anno. L’azione decisiva fu la sostituzione dell’ormai senza valore Papiermark con una nuova valuta, che riconquistò la fiducia dei tedeschi.

Berlin Soldiers

TRAUMA ATTUALE – Il presupposto del nuovo marco fu lo stabilimento di una banca centrale, la Rentenbank, che avrebbe dovuto coniare le banconote, con l’esplicito divieto di finanziare il deficit statale con l’emissione di massa monetaria come era avvenuto negli anni precedenti. Il regolamento della nuova banca centrale fu firmato dal cancelliere Gustav Stresemann il 15 ottobre del 1923, ed un mese più tardi arrivò in mano ai tedeschi un marco più solido. La stampa della moneta fu fermata, e il governo introdusse una serie di misure di risparmio, con tagli delle spese e forti aumenti della pressione fiscale. Il rapporto di conversione tra il marco di carta ed il Rentenmark era di un milione di miliardi ad uno. Chi acquistava Rentenmark poteva richiedere ad ogni momento la conversione in certificati di credito in marchi oro. Così si ristabilì il rapporto di scambio tra marco, Rentenmark, marco-oro e dollari. La soluzione ebbe successo, l’inflazione fu debellata e negli anni successivi arrivarono i dorati anni Venti, con Berlino ritornata  capitale europea grazie alla ritrovata stabilità economica. La ferita dell’iperinflazione rimase profonda, e allentò i legami con la Repubblica democratica, che poi collassò in seguito allo scoppio della Grande Depressione ed all’arrivo di Adolf Hitler al potere. Nei decenni successivi, a parte il biennio successivo alla seconda guerra mondiale, l’inflazione è sempre rimasta piuttosto stabile in Germania. L’iperinflazione del 1923 è però rimasta radicata nella memoria dei tedeschi, una sorta di fobia, come rimarca lo storico dell’economia Werner Abelshauser. Anche per questo, a novant’anni dal ritorno della normalità, l’establishment tedesco tuona contro politiche monetarie non convenzionali che aumentano la massa monetaria. La teoria prescrive che simili policy aumentino l’inflazione, ma fino ad ora, durante la crisi dei debiti sovrani, nulla di questo si è ancora visto. Al contrario, è arrivato lo spettro della deflazione a minacciare la stabilità dell’eurozona, ma per la Germania la ferita di Weimar, degli stipendi trasportati sui carrelli e i falò dei bambini con i soldi gettati dai genitori è un ricordo ancora troppo doloroso. 

(Photocredit: Getty Images)

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