Transcrime: ecco quanto valgono i ricavi delle mafie

Un mercato illegale che ammonta in media all’1,7% del Pil nazionale, con ricavi che variano tra un minimo di 17,7 e un massimo di 33,7 miliardi di euro. In media, i guadagni mafiosi si attestano a circa 25,7 miliardi di euro l’anno. Sono i numeri dei guadagni delle attività delle organizzazioni criminali, mostrati da Transcrime, il Centro interuniversitario di ricerca che si occupa dei beni sequestrati e confiscati alla malavita nelle quattro regioni dell’ “Obiettivo Convergenza”, ovvero Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Uno studio che analizza le diverse strategie di investimento e riciclaggio della criminalità, attraverso le stime delle risorse a disposizione delle stesse mafie.

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TRANSCRIME E IL MERCATO ILLEGALE – All’interno dello studio vengono analizzate tutte le fonti classiche di profitto per le organizzazione criminali: dallo sfruttamento sessuale, all’usura e le estorsioni, passando per il traffico di droga, di rifiuti illeciti, la contraffazione e il gioco d’azzardo. Le stime permettono anche di comprendere meglio l’ammontare degli investimenti delle stesse organizzazioni nell’economia legale, attraverso il riciclaggio. Si tratta di un lavoro importante, perché per la prima volta si tenta di “ricostruire i settori economici e la tipologia di beni su cui investono le mafie nelle quattro regioni analizzate”, come spiega anche il Ministero dell’Interno. Anche in vista del tentativo di orientare l’attività di prevenzione delle infiltrazioni criminali nell’economia legale. Tra i mercati analizzati, sono ancora le droghe a generare i ricavi maggiori – circa 7,6 miliardi di euro l’anno – , seguite dalle estorisioni (4,7), dallo sfruttamento sessuale (4,6) e dalla contraffazione (4,5).

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NUMERI E MAFIE – Transcrime spiega come non tutte le quote delle attività illegali finiscano nelle mani delle organizzazione di carattere mafioso (tra il 32 e il 51%), con l’eccezione delle estorsioni, tipiche delle organizzazioni mafiose. Ogni anno i ricavi annuali delle mafie variano tra un minimo di 8,3 e un massimo di 13 miliardi di euro. Una quota che vale, in termini percentuali, tra il 32% e 51% dei ricavi illegali totali. Sono sempre i tentativi di estorsione a fornire gran parte delle risorse (45%), anche se rilevanti sono le quote legate alle droghe (23%),  all’usura (10%), alla contraffazione e allo sfruttamento sessuale (8% ciascuna). Tra le organizzazioni criminali, a livello nazionale sono Camorra e ‘Ndrangheta a raccogliere insieme gran parte del “bottino”, circa il 70%. Cosa Nostra deve “accontentarsi” del 18% dei ricavi.  In particolare, se si analizzano i ricavi medi, Camorra e ‘Ndrangheta  presentano i valori percentuali e in milioni di euro più elevati: rispettivamente 3750,1 milioni (con il 35%) per la prima, e 3490,8 milioni (con il 33%) per la seconda. Interessante anche il dato geografico: a differenza delle altre organizzazioni, che ottengono una parte consistente dei propri ricavi nella regione di origine, i ricavi della ‘Ndrangheta provengono non solo dalla Calabria (23%), ma anche da Piemonte (per il 21%), Lombardia (16%), Emilia-Romagna (8%), Lazio (7,7%) e Liguria (5,7%). Una conferma del potere della stessa organizzazione nel nord della penisola, dove ormai è diventata una presenza costante.

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Ma dove investono le mafie? Transcrime ha spiegato come “l’investimento in immobili sembra essere quello privilegiato”. Eppure, allo stesso tempo, è quello “più esposto al rischio di essere identificato e confiscato”. Per questo le mafie italiane sembrano “privilegiare una logica di controllo del territorio, rispetto alla massimizzazione del profitto economico”. Per quanto riguarda le aziende, i settori più esposti risultano essere quelli tradizionali (costruzioni, estrazioni, alberghi e ristoranti), anche se i comportamenti variano in base alle organizzazioni stesse.

STUDI PIù PRECISI – Transcrime sottolinea come, rispetto ai classici studi di carattere nazionale sui ricavi delle attività illegali, il rapporto fornisca stime a livello regionale, quindi più precise. Non solo: nel rapporto si sottolinea come gli studi sul sommerso e sulle attività criminali fatti in passato rischiano di non tenere conto di diverse variabili. Vengono citati alcuni esempi:

“Ardizzi e colleghi (2012) hanno stimato l’entità dell’economia sommersa sulla base della domanda di denaro contante (usando come variabile dipendente il rapporto tra i prelievi dai conti correnti e i pagamenti non in contanti). Lo studio, relativo al periodo 2005-2008, ha stimato l’economia sommersa e quella criminale in valori pari rispettivamente al 16,5% e 10,9% del PIL. La stima dell’economia criminale, in particolare, è stata ottenuta utilizzando le denunce per reati di droga e prostituzione, standardizzata per la concentrazione del PIL nella provincia (rapporto tra il PIL provinciale e la media del PIL nelle altre province). Se da una parte questo studio costituisce un interessante contributo alla stima dell’economia sommersa, le variabili utilizzate per la stima dell’economia criminale (droghe e prostituzione) sollevano numerosi dubbi riguardo alla loro affidabilità”, si spiega.

Si tratta, poi, di un progetto che continuerà anche nei prossimi tempi: ogni settimana verrà aggiornato con cadenza settimanale,e i cittadini potranno monitorare i dati sul sito del Pon (Programma operativo nazionale) Sicurezza.

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