Vuoi curarti all’estero senza pagare? Ecco come

Il termine ultimo per garantire “cure senza frontiere” ai cittadini d’Europa scadrà il 25 ottobre. Da allora tutti i paesi comunitari, compresa l’Italia, dovranno consentire ai pazienti dell’Unione Europea di potersi far operare, curare e visitare dove preferiscono, all’interno dei propri ospedali e strutture. E’ la svolta della “Sanità europea“, così come prevede la direttiva del 9 marzo 2011: scegliere di volare in Germania o in Svezia per sottoporsi a un particolare intervento specialistico non sarà più un’ipotesi improbabile. Allo stesso modo, anche i pazienti stranieri potranno scegliere di venire in Italia. Da ottobre quindi si potrà scegliere e a pagare sarà l’Asl. In base alla direttiva, il paziente deve pagare le cure che riceve in un altro Stato: poi, quando torna nel proprio paese, sarà rimborsato dal suo sistema sanitario.

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LA SVOLTA DELLA SANITà EUROPEA – Nonostante l’organizzazione e l’erogazione dei servizi sanitari sia di competenza dei singoli paesi membri, l’Unione Europea mira “garantire a tutte le persone che vivono nell’Ue l’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità”.  Per questo motivo cerca di coordinarne gli interventi, con l’obiettivo di far fronte alle sfide comunitarie comuni. In questa direzione si inserisce anche la salvaguardia del diritto dei cittadini dell’Ue all’assistenza transfrontaliera . In pratica, la possibilità di ricevere, all’interno dei differenti stati membri, lo stesso trattamento riservato già i residenti. Adesso, la nuova direttiva – che dovrà essere recepita entro ottobre – prevede, come spiega anche il Messaggero, la possibilità di uniformare procedure amministrative e tariffe, oltre che riconoscere a livello comunitario l’universalità delle prescrizioni mediche. Il quotidiano spiega come, nonostante manchino ancora tre mesi, diversi paesi siano già in fibrillazione, considerato che alcune pratiche burocratiche dovranno “essere pronte entro la fine di agosto”. Per i cittadini dell’Unione Europea si tratta di una riforma importante, che coinvolgerà 600 milioni di persone, due milioni circa di medici e più di venti milioni di infermieri. Quello che il Messaggero definisce una “sorta di Trattato di Schengen della salute” dovrebbe permettere così di omologare i prezzi della sanità in tutta Europa. Ma non solo: saranno approvate nuove procedure amministrative – con il coinvolgimento delle Regioni – che consentiranno di riconoscere le stesse prescrizioni mediche ovunque, a Lisbona come a Stoccolma, così come a Roma. Verranno creati a livello regionale dei “Contact point” (quello nazionale è stato già organizzato, ndr) in modo da coordinare l’assistenza sanitaria. Per i pazienti stranieri che vorranno arrivare in Italia per sottoporsi a cure mediche il Ministero predisporrà sul proprio sito istituzionale un elenco con tutte le strutture d’eccellenza.

LIBERTA’ DI SCEGLIERE DOVE CURARSI – Agli Stati membri dell’Unione sarà consentito “prevedere un sistema di autorizzazione preventiva”. Il problema, per ora, sembra il rispetto dei tempi: nonostante siano passati due anni dalla direttiva comunitaria, ancora in pochi sembrano in grado di rispettare le date. Tanto che il rischio è quello di uno slittamento. Per il ministro Beatrice Lorenzin, la riforma sarà comunque un occasione per l’Italia, dove spesso la cronaca medica è confinata ai casi di malasanità: “Non nascondo che può preoccupare una simile organizzazione, ma sarà un modo per metterci in mostra e far conoscere le nostre eccellenze”, ha spiegato, aggiungendo come il ministero stia lavorando sui “finanziamenti degli ospedali italiani che saranno destinatari delle scelte dei pazienti stranieri”. Ma in cosa consiste effettivamente la riforma? Chiarisce il Messaggero:

“La direttiva europea prevede che il paziente che vuole andare all’estero non debba chiedere un’autorizzazione per partire. Ma, su questo punto, ci potrebbero essere ancora dei cambiamenti. Dalle cure all’estero vengono esclusi i trapianti d’organo, le cure a lungo termine e le campagne di vaccinazione”.

Rispetto a quanto avviene oggi dovrebbe esserci un cambiamento rilevante, considerato che, per potersi curare all’estero, per ora serve ancora superare burocrazie complicate. Dai permessi delle Regioni, passando per quello dell’Asl stessa. “Nel 2010 l’Italia, per mandare i pazienti fuori dei nostri confini, ha sborsato circa 170 milioni di euro, mentre dall’estero ne ha incamerati circa la metà”, si spiega. L’obiettivo sarà ora quello di mettere in concorrenza tra loro le diverse strutture comunitarie, garantendo al cittadino europeo gli stessi diritti, in tutto il territorio. La maggiore affluenza dall’estero, in Italia, dovrebbe essere prevista per le regioni di frontiera, compreso il Veneto.

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